LunedìCinema Cineforum 2019 - 2020
  
100 ANNI CON FELLINI
Fellini Satyricon (1969)

 

I protagonisti sono Ascilto ed Encolpio, due giovani scapestrati romani che vivono di espedienti in una Roma imperiale simbolo della decadenza morale dei tempi. Lo sfondo sociologico del film è quello delle nuove classi sociali, come i liberti arricchiti e i cavalieri.
I due si innamorano dell'efebo Gitone e per un po' le sue grazie vengono divise dai due fino a che questi sceglie Ascilto. A questo punto, Encolpio sconfortato si lascia andare psicologicamente e viene coinvolto in varie avventure...

La fonte bibliografica principale a cui si ispirarono Fellini e il cosceneggiatore Bernardino Zapponi è La vita quotidiana a Roma all'apogeo dell'Impero (1939) di Jérôme Carcopino (1881-1970). Il film fu distribuito e prodotto dalla P.E.A. in collaborazione con Les Productions Artistes Associes di Parigi. Il regista stesso definì il film come "un saggio di fantascienza del passato", ma la critica apparve subito spiazzata dall'estremo sperimentalismo narrativo di tipo onirico che Fellini adottò nel film, e per questo molti recensori furono discordi sul valore e il significato dell'opera. In realtà il regista aveva intenzione di prendere l’opera petroniana semplicemente come spunto per descrivere, attraverso il fasto decadente della Roma imperiale dell’epoca, la decadenza stessa insita nella nostra civiltà occidentale moderna e contemporanea. Egli vuole rendere l’instabilità della condizione umana e la forza del Caso che pervade tutte le culture nella fase della curva discendente e che interviene a far percepire all’essere umano la caducità della propria vita e l’impossibilità di prevedere ciò che riserva il futuro.

«Nella sua struttura di ricognizione onirica di un passato inconoscibile e di rapporto fantastorico sulla Roma imperiale al tramonto, come guardata attraverso l'oblò di un’astronave, il Satyricon non nasconde le sue ambizioni di essere un film sull'oggi]]. L’itinerario picaresco e becero dei due vitelloni antichi (purtroppo né personaggi veri né simboli) lascia il posto a un’ansia esistenziale e religiosa, all’interrogazione sul significato del nostro passaggio terreno. Su questo versante – al di là della straordinaria ricchezza figurativa, funerea e notturna dell’insieme – i momenti più felici sono l’episodio della villa dei suicidi e l’addio alla vita del poeta Eumolpo» (Morando Morandini[3])

Fellini Satyricon (1969) di Federico FelliniIl critico cinematografico Davide Rinaldi così spiega l’intimo significato del film ponendo un parallelo con La dolce vita: «Come ne La dolce vita, il Fellini Satyricon mette i riflettori sulle abiezioni umane, i sogni, le babilonie, la negatività del protagonista, ma mentre il primo film si muoveva nell’ambito della civiltà contemporanea (riconoscibile per tutti) il secondo indaga l’inconscio collettivo, e per questo rappresenta un percorso e un'opera più ostica, a tratti noiosa, non di certo rassicurante. Gli spettatori assistono al film come se questo fosse fatto di sabbie mobili: ogni elemento contiene dei buchi neri in cui perdersi e per cui perdere continuamente il filo del discorso. La grandezza del Fellini Satyricon consiste ancora una volta nella sua inutilità, nel suo essere svincolato dai problemi dell’oggi e del domani, ma di rivolgersi direttamente nell’interiorità dell’umanità, al di là di confini spaziali, temporali, sociali.[4]»

Il Satyricon di Fellini è un testo cinematografico ricolmo di simbologie oniriche che rimandano alla decadenza del mondo d'oggi. Ad esempio i personaggi vivono in un mondo di rovine: Encolpio e il poeta Eumolpo visitano ad un certo punto un museo. Esso contiene opere d’arte classica già antiche, deteriorate dal tempo, e contemporaneamente sullo sfondo alcuni personaggi sfilano su un carrello come in una messa in scena da teatro di posa. Ed ancora, su una spiaggia si vedono alcuni cannibali divorare il corpo di un poeta, mettendo in scena metaforicamente una sorta di percorso regressivo, archetipico, in cui il cannibalismo è il simbolo del ritorno ad una fase primitiva, animalesca dell'uomo. Attraverso il materiale onirico, Fellini vuole mettere in scena gli incubi e le perversioni inconfessate della società archetipica che descrive, colorando il tutto di una forte patina dionisiaca, irrazionale. La critica sulle prime sembrò ignorare tali significati profondi ed accusò la mancanza di continuità del film ed il fatto che non si interessi di problemi sociali.

Curiosità

  • Tra le comparse utilizzate nel film c'è anche Renato Fiacchini, in arte Renato Zero.
  • Nel ruolo del Minotauro, Luigi Montefiori, che di lì a qualche anno sarà presenza fissa in polizieschi all'italiana e spaghetti-western, con il nome d'arte di George Eastman.
  • Nell'episodio della Matrona di Efeso Fellini mette il soldato a guardia di un impiccato mentre nel libro di Petronio si parla di un crocefisso, cosa che ha fatto pensare a molti che l'Arbitro volesse fare una satira della Resurrezione di Cristo dandone una spiegazione in chiave comica (ribaltando la tesi del filologo Erwin Preuschen che sosteneva che il Vangelo di Marco si rifacesse proprio al Satyricon).

da: http://www.enciclopediadeldoppiaggio.it/

    

 

 

 

 

 

   Scheda 

         Fellini Satyricon (1969) di Federico Fellini
     
LINGUA ORIGINALE Italianolatinogreco antico  
PRODUZIONE Italia  
ANNO 1969  
DURATA 129'  
COLORE Color (DeLuxe)  
RAPPORTO 2.35 : 1  
GENERE Storicodrammaticofantasticoepicoavventura  
REGIA Federico Fellini

   

INTERPRETI E PERSONAGGI

  • Martin Potter: Encolpio
  • Hiram Keller: Ascilto
  • Max Born: Gitone
  • Salvo Randone: Eumolpo
  • Mario Romagnoli (accreditato come "Il Moro"): Trimalcione
  • Magali Noël: Fortunata
  • Capucine: Trifena
  • Alain Cuny: Lica
  • Fanfulla: Vernacchio
  • Danika La Loggia: Scintilla
  • Giuseppe Sanvitale: Abinna
  • Genius: il liberto arricchito alla cena di Trimalcione
  • Lucia Bosè: la matrona suicida
  • Joseph Wheeler: il patrizio suicida
  • Hylette Adolphe: la schiavetta di colore
  • Tanya Lopert: l'imperatore
  • Gordon Mitchell: il predone
  • George Eastman (accreditato come "Luigi Montefiori"): Minotauro
  • Marcella Di Folco (accreditata come "Marcello Di Falco"): il proconsole
  • Elisa Mainardi: Marianna
  • Donyale Luna: Enotea
  • Carlo Giordana: il capitano della nave
  • Pasquale Baldassarre: l'ermafrodita
  • Alvaro Vitali: l'imperatore nella rappresentazione teatrale di Vernacchio
  • Ennio Antonelli: uno schiavo di Trimalcione
 

DOPPIATORI ITALIANI

  • Gianni Giuliano: Encolpio
  • Antonio Casagrande: Ascilto
  • Renato Turi: Eumolpo
  • Corrado Gaipa: Trimalcione
  • Rita Savagnone: Fortunata
  • Benita Martini: Trifena
  • Carlo Croccolo: Vernacchio
  • Aldo Giuffré: Abinna
  • Sergio Graziani: il patrizio suicida
  • Giacomo Furia: un'acquirente
  • Vinicio Sofia: un'acquirente
  • Oreste Lionello: il liberto arricchito
 
SOGGETTO Federico FelliniBernardino Zapponi (basato sul Satyricon di Petronio Arbitro)

 
PRODUTTORE Alberto Grimaldi

 
SCENEGGIATURA Federico FelliniBernardino ZapponiBrunello Rondi  
FOTOGRAFIA Giuseppe Rotunno  
MONTAGGIO Ruggero Mastroianni  
SCENOGRAFIA Danilo DonatiLuigi Scaccianoce  
MUSICHE Nino RotaIlhan MimarogluTod DockstaderAndrew Rudin  
COSTUMI Danilo Donati  
TRUCCO Rino CarboniLuciano Vito  
EFFETTI SPECIALI Joseph NatansonAdriano Pischiutta