14 novembre > 2 dicembre 2015


Hana Silberstein «Particelle elementari»
Mostra personale

 

Mostre 2015

Organizzata dal Centro Culturale La Firma di Riva del Garda, la mostra rimarrà aperta dal 14 novembre al 2 dicembre presso la Sala Civica "G. Craffonara"

Hana Silberstein 



Sabato 14 novembre 2015 alle ore 18 presso la Sala Civica "G. Craffonara" Giardini di Porta Orientale di Riva del Garda sarà inaugurata la mostra personale dell'artista.

Maria Luisa Crosina leggerà due piccoli racconti di Hana Silberstein.

Particelle elementari, il titolo dell’esposizione, rimanda al modo dell’artista di affrontare il mondo, fondato su una visione primitiva e ironica della realtà circostante. La presenza costante della cultura Yddish si riversa nei personaggi dominanti le tele, che spesso sono giocolieri, animali, musicisti, circondati da colori sempre vivi e accesi. Si ritrovano collages di frammenti di giornali inseriti nei soggetti, a formare un supporto verbale quasi a volerci  riportare di colpo alla realtà imminente, se le creature favolistiche sospese ce ne avessero momentaneamente allontanato.

Vi è un modo di affrontare il mondo che ha la leggerezza di un sorriso e la gravità di un ricordo da custodire con dolore. Hana Silberstein dipinge e riunisce un proprio universo in cui la sua storia personale si rifrange e compone con la vita e gli affetti attuali. La Storia, quindi. Figlia di un’ebrea che ha conosciuto l’abominio di Auschwitz, l’artista ha sempre portato la cultura del suo popolo come tessuto della propria avventura terrena.

Con discrezione e poesia la sua arte è un’adesione ai valori della sua tradizione, ai sentimenti di quanti hanno sofferto l’ingiustizia.  Lo spirito yiddish si avverte in molti lavori, nell'ironia costante, nel dire cose serie senza eccessi di serietà. In questo la Silberstein esprime con la sua pittura una precisa posizione nei confronti di quanto la circonda e della sua arte.


Hana SilbersteinMa si badi bene che sorridere è sempre un partecipare alla vita, non certo un sentirsene staccati, un farsi da parte. Ed è ingannevole anche il suo primitivismo che ha fatto richiamare alla mente artisti come Brauner, Klee o Dubuffet perché non sempre la semplicità va nella direzione della storia. In questo caso sembra accennarsi più che una schematizzazione figurale “primitiva”, alla ricerca di un mondo che adulto non vuole essere, un nascosto elogio dell’immaturità. Per questo il suo mondo si popola di personaggi bislacchi e strani, di viandanti sbilenchi sempre affaccendati in un pellegrinaggio perpetuo. Ma troviamo anche giocolieri e pianisti che si mettono in fila con animali variopinti e buffi cani, cavalli snodabili e soprattutto cammelli.
E questo perché la pittrice ama gli animali come gli uomini, sa che fanno parte di una stessa famiglia e che il viaggio terreno li accomuna. Il cammello poi richiama direttamente il Medio Oriente, l’Africa ed è un simbolo di permanenza: tutto si trasforma, tutto si agita attorno, ma l’animale serafico e imperturbabile sembra sopravvivere con la sua saggezza ancestrale alla violenza e all'assurdità che gli si muove intorno. Come dice l’artista, è solo lui “il testimone della storia”…

La Silberstein è una viandante del pensiero e dell’azione caratteristica certamente comune al suo popolo, ma in cui la curiosità dell’artista fa il resto…I suoi personaggi si muovono leggeri cercando un’elevazione continua: vogliono staccarsi da terra e librarsi nel cielo. Certe influenze in questo senso chagalliane o di cultura yiddish in genere ci sono, ma sono pure assonanze, non fonti di ispirazione.
L’essere al mondo non implica di rimanerci incatenato. Probabilmente l’arte della Silberstein tende costantemente a vincere la gravità, sia quella fisica che quella psichica perché è proiettata in una dimensione di aperta spiritualità. Ritorna anche nelle sue opere, il lavoro cabalistico sulle lettere e sui numeri. In certi casi adopera come base per l’intervento pittorico dei giornali che formano un vero e proprio supporto verbale. Le parole in ebraico corrispondono ad un valore numerico, per questo vi è la legittimità di una loro traducibilità da un sistema all’altro. Ma nello stesso tempo in questo modo si riconosce la validità eterna della scrittura, del suo essere la base di ogni cultura, di ogni pensiero.
La scrittura diventa la Scrittura, ma non soltanto in senso religioso quanto anche in senso costitutivo: il mondo discende dalla parola ed è infatti la parola che dà il soffio vitale all’essere di fango.
In questa lenta spirale la pittura offre tutto il suo potere di suggestione e di felicità. Il colore e le morbide forme, aiutano a sedimentare un pensiero positivo con quella asincronia storica che ci parla dell’attuale, partendo da lontano, da un passato senza tempo. In questo Hana Silberstein costruisce immagini semplici e complesse, giochi visivi in cui l’improbabile, il favolistico appaiono più veri del vero.

Valerio Dehò

Hana Silberstein nasce nel 1951 a Tel Aviv in Israele da genitori polacchi sopravvissuti all’Olocausto.  A Tel Aviv frequenta contemporaneamente il liceo e il conservatorio diplomandosi in pianoforte.
Giunta nel 1970 in Italia frequenta a Bologna l’Accademia di Belle Arti studiando con Walter Lazzaro e diplomandosi nel 1975. Dopo aver cominciato la sua carriera espositiva con una collettiva al Circolo Artistico di Bologna partecipa a numerose mostre personali e collettive in Italia (Bologna, Pisa, Mantova, Milano, Merano, Venezia, Verona, Volterra, Torino, Trieste, Ferrara, Parma, Ancona, Frascati, Brindisi, Lecce, Livorno) e all'estero (Barcellona-Spagna, Ginevra-Svizzera, Gent-
Belgio, Amburgo, Hannover, Colonia-Germania, Strasburgo-Francia, Klagenfurt-Austria) Sue opere sono conservate presso istituzioni pubbliche e collezioni private in Italia e all'estero.


La mostra è organizzata dal centro culturale La Firma di Riva del Garda, con il patrocinio del Comune di Riva del Garda e il contributo della Cassa Rurale Alto Garda.

 

 Riva del Garda | Sala Civica «G. Craffonara» | Giardini di Porta Orientale

tutti i giorni 10.00 > 13.30 - 15.00 > 18.30 | Ingresso libero



Alcuni momenti dell'inaugurazione e della mostra


  

 

 22 agosto > 9 settembre 2015

CHIAMATEMI DIVINA - Dorian Gray
Storia di un'attrice dimenticata

 

Mostre 2015

a cura di Franco Delli Guanti e Ludovico Maillet
Inaugurazione sabato 22 agosto ore 18.00


Chiamatemi Divina - Dorian Gray

“Fascino e mistero”

Se alla metà degli anni Cinquanta si fosse chiesto all'italiano medio chi fosse Dorian Gray la stragrande maggioranza delle persone non avrebbe risposto pensando al protagonista del famoso romanzo di Oscar Wilde bensì ad una delle più belle attrici apparse nel panorama cinematografico italiano di quegli anni. Dorian Gray era una dea scesa dalle passerelle della rivista ad illuminare con la sua sola presenza molte commedie a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta: bellissima, ironica, con un alone di riservatezza e mistero, una perfetta Marilyn nostrana che fece sognare milioni di spettatori cinematografici.

Questo lavoro vuole riportare alla memoria una diva che un po' a causa della corta memoria nostrana - cinematografica ma non solo - e un po' per volontà della stessa Dorian ha fatto poco alla volta perdere le sue tracce.


Dorian Gray non aveva sempre portato questo nome impegnativo e un poco ambiguo: era infatti nata come Maria Luisa Mangini a Bolzano il 2 febbraio 1928 (con divistica civetteria sposterà poi nelle interviste la sua data e il luogo di nascita al 1936 a Roma!). Il padre, Luigi Mangini, era un dipendente statale di servizio nel capoluogo altoatesino e la madre, Flora Divina, era una casalinga originaria del Trentino. La famiglia abiterà a Bolzano fino all'agosto del 1938, quando, con Maria Luisa di appena 10 anni, si trasferirà a vivere a Pesaro.

Dorian Gray - foto di Chiara SamugheoL’inizio della carriera di Dorian Gray avvenne a Milano nel primo dopoguerra nelle file del balletto del Teatro alla Scala sotto la direzione del famoso coreografo Aurel Milloss. Sarà Erminio Macario a farla debuttare nel 1950 come soubrette nella rivista «Votate per Venere». Per un lustro si susseguono una serie di spettacoli di successo quali: «Il sogno di un Walter», «Gran Baraonda». «Made in Italy» e «Passo doppio», accanto a nomi importanti della rivista e dell’avanspettacolo quali Wanda Osiris, Walter Chiari, Alberto Sordi e Ugo Tognazzi.

A metà degli anni Cinquanta Dorian Gray tenta la carriera del cinema infilando uno dietro l’altro una serie di film di successo accanto a Totò: su tutti ricordiamo la parte della «malafemmina» in «Totò, Peppino e la... malafemmina». 
È l’inizio di un successo travolgente che la porterà a girare oltre 30 film. Tra questi sicuramente meritano un posto d’onore due interpretazioni con i più grandi registi italiani di quegli anni: Federico Fellini e Michelangelo Antonioni. Per il regista riminese vestirà i panni di Jessey, l'amante frivola e capricciosa di Amedeo Nazzari nel film «Le notti di Cabiria». Antonioni invece le cambierà radicalmente look e personaggio facendole interpretare il ruolo drammatico della benzinaia Virginia ne «Il grido».

Nel frattempo Dorian si era legata sentimentalmente ad Arturo Toffanelli, figura di spicco del giornalismo di quegli anni e direttore della rivista «Tempo». Tofanelli si diede molto da fare per aiutare la carriera di Dorian: la sua rivista dedicò all'attrice moltissime copertine e servizi e - con la sua piccola casa di produzione, la «Tempo Film», co-finanziò diversi progetti che vedevano Dorian Gray tra i protagonisti. Nel 1962 Tofanelli finanzia una grossa coproduzione italo-tedesca-spagnola «Marcia o crepa», primo film a parlare apertamente della guerra d’Algeria, in cui Dorian interpreta nuovamente un ruolo tragico con notevole spessore ed espressività. 

L’anno dopo nacque il figlio di Dorian e di Arturo Tofanelli: Massimo Arturo Tofanelli. Da quel momento Dorian si ritirò nella villa che si era fatta costruire a Torcegno in Valsugana vicino al luogo di origine della madre e si dedicò ad allevare il figlio diradando le sue apparizioni cinematografiche. Tornerà al cinema nel 1965 per due interpretazioni che chiudono una parabola artistica straordinaria.

Da questo momento più nulla. Come Grata Garbo, decide nel pieno del suo splendore fisico e artistico di scomparire all'età di 37 anni (ma per tutti ne ha 29!) e di isolarsi dal mondo e da tutti chiudendo ogni rapporto con l'ambiente cinematografico. Una tragica mattina dell'11 febbraio 2011 si toglie la vita nella sua abitazione di Torcegno.

 
Riva del Garda | Sala Civica «G. Craffonara» | Giardini di Porta Orientale
tutti i giorni 10.00 > 13.30 - 17.00 > 20.30 | Ingresso libero

  

Alcune immagini, in occasione dell'inaugurazione della mostra

 

 Rassegna stampa

 

La mostra

 

Chiamatemi Divina. Dorian Gray ritratto di una diva    La pagina Facebook dedicata a questo progetto: Chiamatemi Divina. Dorian Gray ritratto di una diva