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Gli anni spezzati (1991) di Peter Weir |
Australia 1914. Archie (Mark Lee) e Frank (Mel Gibson) intraprenderanno un viaggio che li porterà, nella primavera del 1915, prima in Egitto, presso il campo di addestramento inglese, e poi sullo Stretto dei Dardanelli, nei pressi di Gallipoli, città che dà il titolo originale al film. Ed è là che la guerra mostrerà loro il proprio aspetto cinico e spietato, nonché privo di qualsiasi possibile idealismo.
Sesta opera del maestro australiano Peter Weir, all’epoca non ancora quarantenne e quarto film per Mel Gibson, poco più che ventenne. Il primo aveva mostrato le sue eccezionali doti di regista con l’inquietante e spettacolare Picnic at Hanging Rock, il secondo era reduce da Interceptor, lungometraggio a bassissimo budget destinato a diventare un cult. Dall’incontro fra i due, connubio che si confermerà vincente anche per il toccante Un anno vissuto pericolosamente, nasce uno dei più incisivi film antimilitaristi mai realizzati. Gran parte di questa forza espressiva proviene dall’intenzione di non cedere mai alla retorica, ma di raccontare semplicemente i fatti, e su quest’aspetto lo stile immediato e netto dell’australiano Weir, coautore anche della sceneggiatura, si fa decisamente sentire.
Gli avvenimenti narrati, e realmente successi, rappresentano il disgraziato episodio della Battaglia del Nek, combattuta da due reggimenti della 3a Brigata di Cavalleria Leggera australiana e neozelandese svoltasi nell’agosto del 1915 nei pressi dello stretto dei Dardanelli. Si trattò di una serie di assalti fallimentari volti a conquistare una trincea turca. Fu una delle innumerevoli carneficine che caratterizzarono il primo conflitto mondiale.
Accolto con entusiasmo in patria, Gli anni spezzati (Gallipoli) ha conosciuto minor fortuna in Europa e in USA, sebbene con ogni probabilità sia stato d’ispirazione per molti film successivi e incentrati sullo stesso tema. Eppure è un piccolo gioiello di stile registico, a cominciare dalla maestria con la quale Weir dimostra di essere, anche agli esordi della carriera, uno dei migliori nella composizione e distribuzione degli spazi sui campi lunghi e lunghissimi. Memorabili sono le inquadrature nel deserto australiano, i grandi sfondi egiziani e la scena del bagno subacqueo dei soldati, delicato preludio al loro destino. L’adagio di Albinoni si alterna al capolavoro elettronico Oxygene di Jean Michel Jarre. Una scelta, quest’ultima, che risulta particolarmente efficace nel descrivere il contrasto fra l’umanità dei protagonisti e la loro riduzione a puri strumenti funzionali al meccanismo cieco della guerra.
Raffaele Castagna
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