Lunedì cinema - Cineforum 2015 2016
 
 Sei donne per l'assassino (1964) di Mario Bava

Mario Bava. Nel 1963, con La Ragazza che Sapeva Troppo, getta le basi del giallo all'italiana. L’anno successivo, con Sei donne per l'assassino, lo codifica in modo definitivo.
Mario Bava scelse di scrivere e dirigere un film giallo in cui le indagini della polizia fossero solo un aspetto marginale della storia e si concentrò sul body count e sulle sequenze dei delitti, mai così efferati e sadici. Il meccanismo investigativo della scoperta dell’assassino, interessava fino a un certo punto.
Gli elementi che poi sarebbero confluiti in decine e decine di gialli italiani successivi e che lo stesso Argento avrebbe plag…ehm…sfruttato a suo uso e consumo agli esordi, sono tutti già presenti in questo piccolo gioiello che, rivisto a quasi mezzo secolo di distanza, è anche invecchiato benissimo e sembra girato l’altro ieri.

Sei donne per l'assassinoAbbiamo l’assassino misterioso e mascherato che si accanisce con una crudeltà inimmaginabile sulle sue vittime. Ognuna di esse viene uccisa in maniera diversa e grande enfasi viene posta sui minuti immediatamente precedenti ai vari omicidi, creando così delle lunghe ed estenuanti sequenze di attesa, che preparano l’esplosione di violenza. L’ambientazione della storia è quella di un atelier, i protagonisti appartengono all’alta borghesia. Interni lussuosi, ville, ricchezza ostentata in tutti gli oggetti di scena. Poca, o nulla, introspezione psicologica dei personaggi, che, non a caso, nei bellissimi titoli di testa, vengono accostati a dei manichini. Colori sgargianti, pochissimi esterni, assenza quasi totale di riprese diurne (in Sei Donne per l’Assassino, una sola scena è girata alla luce del giorno).

Sei Donne per l’Assassino era un prodotto a basso costo, con un budget di 123.000 lire. Bava fu costretto, come sempre nel corso della sua carriera, ad arrangiarsi. Ma l’esiguità del budget quasi non si nota, in un film che appare come tra i più esteticamente ricchi del nostro periodo d’oro.

Una questione di stile, soprattutto, del modo unico che aveva Mario Bava di saper trarre il massimo dal niente che aveva a disposizione. E allora, ecco che Sei Donne per l’Assassino non si limita a impostare il sottogenere dal punto di vista della trama e delle situazioni proposte. Bava inventa un linguaggio che avrebbe fatto adepti in ogni parte del mondo.
In tal senso è indicativa la famosa scena nel negozio di antiquariato, con il gioco di luci intermittenti tra il verde e il rosso,e la modella inseguita dal killer che appare e scompare tra i corridoi come un fantasma. La conclusione con un omicidio estremamente feroce per gli standard dell’epoca, oltre a essere una mezza citazione da La Maschera del Demonio (perché Bava le citazioni le faceva, anche quelle, prima di tutti gli altri) diventa il punto culminante di un climax di tensione sempre più insostenibile. Tensione creata solo dai movimenti e dalle prospettive della macchina da presa di Bava, che è la protagonista assoluta e indiscussa del film.

Sei donne per l'assassinoIl film fu un flop commerciale, in Italia. Andò un po’meglio all’estero. La critica lo accolse storcendo il naso. Troppo violento, privo di spessore e di contenuti. Se si tendeva a esaltare il lato tecnico ed estetico, dava fastidio il voler puntare tutto sul body count. In Francia, invece, i critici se ne uscirono con delle interpretazioni che sbalordirono lo stesso Bava: “Sono venuti quelli dei Cahiers du cinéma, e mia figlia mi diceva che volevano sapere il tessuto connettivo tra quella targa che oscilla all’inizio del film Sei donne per l’assassino, dove c’è un temporale, e il telefono che casca quando la Bartok muore. Io non mi ricordavo neanche come finiva il film”

Lasciando perdere i tessuti connettivi tra targhe e fili del telefono, Sei Donne per l’Assassino dipinge un mondo spietato, in cui ogni azione compiuta dai personaggi è dettata da avidità e denaro. Il killer maniaco non è altro che un espediente per depistare le indagini della polizia. Non c’è una mente folle dietro gli omicidi, solo lo squallore di un grigio individuo a caccia di soldi.


Non è poi così paradossale che il film di Bava abbia influito anche sullo slasher americano degli anni ’80, dove i protagonisti vengono puniti per i loro atteggiamenti edonistici dall’assassino puritano di turno. Ma Bava, rispetto ai colleghi statunitensi, riesce a essere più sottile. Non c’è nessuna connotazione moralista, nessuna entità giudicante che uccide per mettere ordine. E forse questa caratteristica rende Sei Donne per l’Assassino molto più attuale rispetto a tanti suoi epigoni.

da: https://ilgiornodeglizombi.wordpress.com

 

 Scheda film
           Sei donne er l'assassino
TITOLO ORIGINALE   Sei donne per l'assassino  
PRODUZIONE   ItaliaFranciaGermania  
ANNO   1964  
DURATA   84'
 
COLORE   Colore (Eastmancolor)  
AUDIO   Mono
 
RAPPORTO   1,85 : 1  
GENERE   Giallo, Thriller  
REGIA   Mario Bava    
PERSONAGGI E INTERPRETI  
  • Thomas Reiner: ispettore Silvestri
  • Eva Bartok: contessa Cristiana Cuomo
  • Arianna Gorini: Nicole
  • Cameron Mitchell: Massimo Morlacchi
  • Mary Arden: Peggy
  • Lea Lander: Greta
  • Claude Dantes: Tao-Li
  • Dante Di Paolo: Franco Scalo
  • Massimo Righi: Marco
  • Franco Roussell: marchese Riccardo Morelli
  • Francesca Ungaro: Isabella
  • Luciano Pigozzi: Cesare Lazzarini
  • Harriet White Medin: Clarice
  • Enzo Cerusico: benzinaio
  • Giuliano Raffaelli
  • Mara Carmosino
  • Nadia Anty
  • Heidi Stroh
 
DOPPIATORI ORIGINALI   
  • Lydia Simoneschi: contessa Cristiana Cuomo
  • Pino Locchi: Massimo Morlacchi
 
SOGGETTO   Marcello Fondato  
SCENEGGIATURA
  Marcello FondatoGiuseppe BarillaMario Bava  
FOTOGRAFIA   Ubaldo Terzano  
MONTAGGIO   Mario Serandrei  
MUSICHE   Carlo Rustichelli  
COSTUMI   Tina Grani