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 LunedìCinema - Cineforum 2017 | 2018
    

IL CINEMA E' DONNA: GRANDI REGISTE PER GRANDI FILM
Monsoon Wedding (2001)

 

Si apre con il colore e con la musica Monsoon Wedding, ultima prova della quarantaquattrenne regista indiana Mira Nair, con il trascorrere del tempo (e l'arricchirsi della sua cinematografia) sempre più accreditata presso gli ambienti culturali occidentali, tanto da riuscire - grazie al successo delle proprie opere - a fondare una casa di produzione indipendente (la "Mirabai Films") e - lo scorso settembre - ad aggiudicarsi il Leone d'Oro alla LVIII Mostra del Cinema di Venezia.

Una sinfonia trascinante e vagamente dadaista di punti, linee, colori e musica anima lo schermo insieme ai titoli di testa: sia il ritmo, così allegramente indiavolato, sia le colorate cartoline d'apertura (che ricordano gli esordi di certe gradevoli commedie hollywoodiane degli anni sessanta) riescono con la loro immediatezza ad immergere fino al collo lo spettatore nella pittoresca, sfrenata, etnica e - a tratti - abbastanza tipizzata caoticità di un film che dispensa a piene mani quel senso di vitalistico caos, di gioia di vivere malgrado tutto, quel magico miscuglio di sensualità e passione proprio delle cinematografie (delle espressioni culturali, in genere) del sud del mondo.

Questa particolarità sembra essere - in effetti - il marchio di fabbrica di tutta la ben centellinata, non invasiva produzione della Nair: dal film d'esordio Salaam Bombay! (1988), storia di un ragazzino indiano, Krishna, alle prese con la spietata realtà della metropoli del titolo, fino ad arrivare - attraverso qualche sconfinamento in trame un po' spurie, ibride, come avviene in Mississippi Masala (1990), racconto di un amore contrastato che ha per sfondo le divisioni etniche fra la comunità africana e quella indiana trapiantata in America dall'Uganda, e La famiglia Perez (1995), dall'omonimo romanzo di Christine Bell, che narra la rocambolesca fuga di un contadino cubano dalle prigioni castriste dell'Avana sino alle coste della Florida, con l'illusione di ricongiungersi alla sua famiglia - al penultimo film Kamasutra (1997), favolisticamente ambientato nell'India del millecinquecento, e - appunto - a Monsoon Wedding.

Monsoon WeddingC'è da chiedersi - tuttavia - se proprio questa spiccata inclinazione verso il folkloristico, il pittoresco, la più o meno naturalistica resa d'ambiente non costituisca un limite anziché un pregio della cineasta indiana, che in questo modo non riesce ad uscire dagli angusti confini di un discorso localistico e - di conseguenza - parziale, per approdare a tematiche meno campanilistiche: mentre - nei suoi momenti migliori - rimane come sospesa al confine fra due mondi, due modelli di pensiero, due modi di fare cinema ben distinti, operandone una altrettanto singolare contaminatio di stili e di contenuti.

Come avviene anche e soprattutto in Monsoon Wedding, più recente espressione di questa doppia anima della Nair (che vive - a guisa dei suoi film - fra Delhi e New York), un genere di pellicola estremamente in voga e redditizia per l'industria cinematografica indiana, intrisa di umori, atmosfere, colonne sonore tradizionali ma girata con gusto e tecniche occidentali (in maniera analoga al pluripremiato La tigre e il dragone di Ang Lee, pur con esiti differenti).

Su questa falsariga l'India rappresentata nel film è anch'essa duale, divisa irrimediabilmente a metà fra povertà e ricchezza (anche se l'autrice sembra non voler approfondire troppo l'argomento), consuetudine e novità (i sari e le antiche melodie d'amore convivono con i telefonini, i talk-show, i brani da discoteca), passato e presente (la vecchia e la nuova generazione, i vecchi e i nuovi ricchi).

Rimane da dire - a dispetto della natura ibrida - che il racconto della movimentata preparazione del matrimonio di Aditi (Vasundhara Das) con Hemant (Parvin Dabas), tra confusionarie riunioni parentali, pantagruelici banchetti, canti, danze e mini drammi familiari (quelli - purtroppo - amaramente uguali in ogni angolo del mondo), è un'operazione artistica e commerciale perfettamente riuscita: funzionano sia la storia, sia i personaggi (una menzione speciale si merita Dubey - Vijay Raaz - il buffo e un po' fanfarone organizzatore della cerimonia in casa Varma, la cui comica goffaggine insegue quella topica del nostro Troisi), sia la variegata compagine degli attori (su cui campeggia Naseeruddin Shah) e - in particolar modo - delle attrici (da Vasundhara Das a Shefali Shetty), autentico cuore pulsante di un'opera che - oltre ad essere un divertito e commosso omaggio all'India - è anche un gioioso inno al genere femminile.

Sul variopinto quadro scende nel finale - con un pizzico di accorta demagogia - una simbolica pioggia monsonica catartica, livellatrice di ogni diseguaglianza: mentre l'occhio della cinepresa si sposta trionfante sui volti, sui corpi, celebrando l'esultanza di uno sguardo non casuale sul panorama debordante e contraddittorio del pianeta India.

  da: http://www.effettonotteonline.com/


 
 

 

   Scheda film  

         Monsoon Wedding
     
TITOLO ORIGINALE Monsoon Wedding  
PRODUZIONE India  
ANNO 2001  
DURATA 114'   
COLORE Colore  
AUDIO Dolby Digital  
RAPPORTO 1,85 : 1  
GENERE Drammatico, Sentimentale  
REGIA Mira Nair    


INTERPRETI E PERSONAGGI

 
  • Naseeruddin Shah: Lalit Verma
  • Lillete Dubey: Pimmi Verma
  • Shefali Shetty: Ria Verma
  • Vijay Raaz: Parabatlal Kanhaiyalal 'P.K.' Dubey
  • Tilotama Shome: Alice
  • Vasundhara Das: Aditi Verma
  • Parvin Dabas: Hemant Rai
  • Kulbhushan Kharbanda: C.L. Chadha
  • Kamini Khanna: Shashi Chadha
  • Rajat Kapoor: Tej Puri
  • Neha Dubey: Ayesha Verma
  • Kemaya Kidwai: Aliya Verma
  • Ishaan Nair: Varun Verma
  • Randeep Hooda: Rahul Chadha
  • Roshan Seth: Mohan Rai
 


DOPPIATORI
ITALIANI
 
  • Gianni Musy: C.L. Chadha
  • Veronica Puccio: Aliya Verma
 
     
SCENEGGIATURA Sabrina Dhawan  
FOTOGRAFIA Declan Quinn  
MONTAGGIO Allyson C. Johnson  
MUSICHE Mychael Danna