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LA STORIA D'ITALIA IN PELLICOLA
Diaz (2012)


Titolo in prima pagina sul «Corriere della Sera» dell’8 aprile 2015: «La condanna europea: alla Diaz fu tortura, punizioni inadeguate». La Corte europea dei diritti umani di Strasburgo condanna l’Italia per le violenze avvenute a Genova nel 2001, nei giorni del G8, e per l’assenza nel nostro Paese di una legislazione adeguata a punire il reato di tortura. Scrive Michele Ainis sullo stesso numero del «Corriere»: «Dal 1999 la Corte europea ci bastona, perfino con 24 sentenze di condanna pronunciate in un solo giorno (16 gennaio 2001)» (Ainis, p. 28). E passa a elencare i motivi per cui Strasburgo ha condannato l’Italia nel corso del XXI secolo: i respingimenti in mare verso la Libia, le insufficienti garanzie per i rifugiati, il mancato diritto di attribuire ai figli il cognome della madre, gli sfratti decretati e mai eseguiti, l’eccessiva durata dei processi, il sovraffollamento delle carceri.
Tutte inadempienze – per usare un eufemismo – di fronte alle quali risuona il giudizio di Daniele Vicari, autore del film Diaz uscito in Italia quasi undici anni dopo i fatti, nell'aprile del 2012 (un paio di mesi prima viene presentato, con grande emozione, al festival di Berlino): «Quella notte, in Italia, c’è stata la sospensione dello Stato di diritto».

Diaz (2012) di Daniele VicariLa Corte di Strasburgo si pronuncia in seguito al ricorso di Arnaldo Cestaro, sessantaduenne all’epoca dei fatti: si era recato a Genova per partecipare a una manifestazione che sperava pacifica e fu indirizzato alla scuola Diaz-Pertini, per passare la notte, da una professoressa conosciuta nel corteo. Nel pestaggio di quella notte Cestaro (che nel film di Vicari è riconoscibile nel personaggio, dal nome diverso, interpretato da Renato Scarpa) subì numerose fratture e danni fisici permanenti, come altri manifestanti vittime del brutale assalto della polizia.
Dopo la sentenza di Strasburgo i giornali ricordano le importanti carriere godute, negli anni successivi, da personaggi che avrebbero invece meritato punizioni esemplari. La più paradossale è quella di Filippo Ferri, figlio dell’ex ministro Enrico Ferri (Psdi, poi Forza Italia e Udeur), all’epoca capo della Squadra mobile di La Spezia: espulso dalla polizia, è assunto come responsabile della sicurezza dalla società calcistica del Milan e per mesi è «l’angelo custode» del calciatore Mario Balotelli (Preve, p. 4). Il proprietario del Milan Silvio Berlusconi, nel 2001 presidente del Consiglio, non si è dimenticato di lui.

Ma naturalmente il cursus honorum sul quale tutti si concentrano è quello di Gianni De Gennaro, all'epoca capo della polizia (carica che ricopre fino al 2007), successivamente commissario straordinario per l’emergenza rifiuti in Campania (gennaio-maggio 2008), direttore del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (2008-2012), sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con la cruciale delega ai servizi segreti nel governo Monti (maggio 2012-aprile 2013) e infine presidente di Finmeccanica, nominato dal presidente del Consiglio Letta con placet del presidente della Repubblica Napolitano. Una carriera bipartisan nemmeno scalfita dal G8. Il reato di tortura – nella primavera del 2016 – in Italia ancora non c’è, arenato da mesi in Commissione di giustizia al Senato dopo le promesse d el premier Renzi seguite alla sentenza di Strasburgo. Quello stesso 7 aprile del 2015 Marco Pannella dichiara il proprio scetticismo: «L’Italia non si è dotata e non si dota del reato di tortura perché, essendo un Paese che pratica la tortura ogni giorno nelle carceri come riconosciuto dalla Cedu [Commissione europea dei diritti dell’uomo], la pur grave sanzione ricevuta oggi per la vicenda Diaz sarebbe elevata all’ennesima potenza». È stato, per ora, facile profeta.   Storia D'italia In 15 Film di Alberto Crespi (Editori Laterza 2018)


da: 
Storia D'italia In 15 Film di Alberto Crespi (Editori Laterza 2018)

 
 

 

   Scheda 

      Diaz (2012) di Daniele Vicari   
     
PRODUZIONE ItaliaFranciaRomania  
ANNO 2012  
DURATA 127'  
COLORE Colore  
RAPPORTO 2,35:1  
GENERE Drammatico  
REGIA Daniele Vicari    

INTERPRETI E PERSONAGGI


  • Claudio Santamaria: Max Flamini
  • Jennifer Ulrich: Alma Koch
  • Elio Germano: Luca Gualtieri
  • Davide Iacopini: Marco
  • Ralph Amoussou: Etienne
  • Emilie De Preissac: Cecile
  • Fabrizio Rongione: Nick Janssen
  • Renato Scarpa: Anselmo Vitali
  • Mattia Sbragia: Armando Carrera
  • Duccio Camerini: Aldoino Fracassi
  • Antonio Gerardi: Achille Faleri
  • Paolo Calabresi: Francesco Scaroni
  • Francesco Acquaroli: Vinicio Meconi
  • Alessandro Roja: Marco Cerone
  • Eva Cambiale: Donata Stranieri
  • Rolando Ravello: Rodolfo Serpieri
  • Nicodim Ungureanu: Gianluca Zoccoli
  • Sorin-Hroni Godi: Luciano Merola
  • Monica Bîrlădeanu: Constantine Giornal
  • Ignazio Oliva: Marzio Pisapia
  • Alexandru Bindea: Fedele Pasticci
  • Cosmin Seleni: Girolamo Volpi
  • Clara Voda: Daniela Tenuti
  • Camilla Semino Favro: Franci
  • Aylin Prandi: Maria
  • Michaela Bara: Karin
  • Max Mauff: Karl
  • Sarah Marecek: Inga
  • Lilith Stanghenberg: Bea
  • George Remes: John
  • Christian Blumel: Ralph
  • Christoph Letkowski: Rudy
  • Friederike Straub: Jutha
  • Ana Ularu: Gala
  • Esther Ortega: Ines
  • Pietro Ragusa: Aaron
  • Jerry Mastrodomenico: Sesto Vivaldi
  • Jacopo Maria Bicocchi: Silvio Pieri
  • Bruno Armando: Giocondo Mazzieri
  • Mircea Caraman: Vittorio Donati
  • Renato Marchetti: Modesto Merlini
  • Ioana Picos: Gilda
  • James Longshore: Charles
  • Razvan Hincu: Amico John
  • Cristiano Morroni: responsabile GSF
  • Simone Sabani: Medero Piacioni
  • Alessandro Procoli: Sapori
  • Marco Conidi: Turi
  • Massimiliano Franciosa: Cantone
  • Marit Nissen: Madre Alma
  • David Brandon: Padre Inga
  • Maximilian Dirr: Fratello Ralf
  • Antonio Zavatteri: Carabiniere
  • Pino Calabrese: Pubblico Ministero
 
SOGGETTO Daniele Vicari  
CASA DI PRODUZIONE Fandango, Le Pacte, Mandragora Movie

 
SCENEGGIATURA Daniele VicariLaura Paolucci  
FOTOGRAFIA Gherardo Gossi  
MONTAGGIO Benni Atria  
MUSICHE Teho Teardo  
SCENOGRAFIA Marta Maffucci  
COSTUMI Roberta VecchiFrancesca Vecchi