40 anni senza Anna Magnani

Fotografie & Co.

13 > 29 luglio 2013

 40 anni senza Anna Magnani

Nel quarantesimo anniversario della scomparsa, ad Anna Magnani è dedicata la mostra «40 anni senza Anna Magnani», allestita dal 13 al 29 luglio alla galleria civica «Giuseppe Craffonara» ai giardini di Porta Orientale per la cura del centro culturale «La Firma». Tutti i giorni dalle 10 alle 13.30 e dalle 17 alle 20. 30 con ingresso libero.

Scomparsa nel 1973 a 65 anni, Anna Magnani è considerata una delle più grandi attrici della storia del cinema italiano e mondiale, le cui interpretazioni – celebri soprattutto quelle in «Roma città aperta», «Bellissima», «Mamma Roma» e «La rosa tatuata», quest'ultima premiata con l’Oscar alla miglior attrice protagonista – rimangono nella storia del cinema. Antidiva per eccellenza, è stata una figura chiave del neorealismo italiano, interpretando con stile inimitabile il personaggio della popolana focosa e sboccata, ma allo stesso tempo sensibile e generosa, incarnazione dei valori genuini di un'Italia minore. Nonostante alcune fonti la facciano nascere ad Alessandria d'Egitto noi preferiamo farla nascere, come lei ha sempre sostenuto, a Roma, città dalla quale ha preso tutta la sua grande passione e la sua smisurata forza d'animo. Cresciuta dalla nonna materna in condizioni di estrema povertà, la Magnani cominciò molto presto a cantare nei cabaret e nei night-club Romani e contemporaneamente studiò all'Accademia d'Arte Drammatica. 

Tra il 1929 e il 1932 lavorò nella compagnia teatrale diretta da Dario Niccodemi e nel 1934 passò alla rivista. Divenne ben presto uno dei nomi più richiesti del teatro leggero italiano. Lavorò con Vittorio De Sica e con Totò, col quale recitò in numerose riviste, come Quando meno te l'aspetti (1940) e Volumineide (1942), entrambi di Michele Galdieri.

40 anni senza Anna MagnaniIn cinema si rivelò nel film Teresa Venerdì (1941), di Vittorio De Sica, dove interpretò una bizzarra canzonettista. In seguito interpretò alcune commedie leggere ( Campo de' Fiori, 1943; L'ultima carrozzella, 1944; Quartetto pazzo, 1945), fino a quando arrivò la sua completa rivelazione nel film neorealista Roma città aperta (1945) di Roberto Rossellini (col quale ebbe una burrascosa ma intensa relazione affettiva). In questo film la Magnani si rivelò una straordinaria attrice drammatica, nella parte di Pina, popolana Romana che viene uccisa mentre tenta di raggiungere il camion sul quale il suo uomo, un tipografo impegnato nella resistenza, sta per essere deportato. Accanto ad uno straordinario Aldo Fabrizi, la Magnani rappresentò la redenzione di un popolo, attraverso le sue grandi qualità umane e morali, tanto che la sua interpretazione le fece meritare il primo dei suoi cinque Nastri d'argento.

Nel trionfo neorealistico, era d'obbligo tratteggiare per lei la figura della popolana sfacciata, volitiva, sempre sicura e persino violenta nella difesa dei giusti valori, attraverso la sua bonaria veemenza. L'apoteosi di questa caratterizzazione fu L'onorevole Angelina (1947) di Luigi Zampa, nel quale interpretava una donna di borgata " chiamata " a far politica, per rappresentare gli interessi della povera gente come lei. Nel 1948 Rossellini la chiamò per interpretare l'episodio " La voce umana " (tratto dall'atto unico di Jean Cocteau) del film L'amore (1948), nel quale la Magnani si cimentò in un appassionato ed angoscioso soliloquio, un grande pezzo di bravura interpretativa, la telefonata di una donna abbandonata dall'amante.

Nel 1951 un altro grande ruolo: quello della donna frustrata che trasmette le sue illusioni ed i suoi sogni infranti nell'impossibile carriera cinematografica della figlia, a costo anche di mettere in crisi il suo matrimonio, in Bellissima (1951), di Luchino Visconti. Anche questo film le valse un meritatissimo Nastro d'argento. Il 1955 è l'anno in cui vinse il premio Oscar per l'interpretazione nel film di Daniel Mann The Rose Tatoo (La rosa tatuata, 1955), con Burt Lancaster, tratto dal Romanzo di Tennessee Williams. In seguito fu interprete di stupende pellicole, come Suor Letizia (1956), Nella città dell'inferno (1958) e Risate di gioia (1960), il primo e unico film che la vede accanto al suo vecchio compagno di palcoscenico Totò.

Anna MagnaniNel 1962 prese parte al film Mamma Roma di Pier Paolo Pasolini, un film non riuscito, che la costrinse entro i termini di una trasognata e brechtiana rappresentazione da guitto esasperato. Gli anni '60 non le offrirono quindi un granché a livello cinematografico, così la Magnani si rituffò nel teatro, interpretando La lupa di Verga, diretta da Franco Zeffirelli e Medea di Anhouil, diretta da Giancarlo Menotti, che la videro trionfare su tutti i più grandi palcoscenici d'Europa. Tra il 1971 e il '73 interpretò quattro stupendi film per la televisione scritti e diretti da Alfredo Giannetti: La sciantosa,1943: un incontro, L'automobile e ...correva l'anno di grazia 1870.

L'attrice romana aveva avuto un figlio dall'attore Massimo Serato. Il ragazzo fu colpito dalla poliomielite, e l'attrice dedicò il resto della sua vita ad occuparsi di lui. La sua ultima, breve, apparizione sugli schermi è stata nel film Roma (1972), di Federico Fellini. I personaggi caratterizzati dal suo temperamento focoso e passionale, ma capaci anche di toccanti e imprevedibili dolcezze, le si addicevano in modo perfetto, anche se le sue ottime doti interpretative fecero sì che potesse cimentarsi con successo anche in altri ruoli. Morì di cancro a Roma il 26 settembre 1973, assistita fino all'ultimo dall'adorato figlio Luca.  

Ufficio Stampa
Comune di Riva del Garda



Alcune immagini della mostra

  


Sentieri di pace

Abdallah Khaled e Tobia Ravà

22 giugno  > 9 luglio 2013

Sentieri di pace

 

Il nuovo evento espositivo organizzato dal Centro Culturale “La Firma” di Riva del Garda, in programma dal 22 giugno al 9 luglio prossimi presso la Sala Civica “G. Craffonara” di Riva del Garda propone opere dell’artista veneziano di cultura ebraica Tobia Ravà e dell’artista algerino di cultura islamica Abdallah Khaled e si riallaccia alla grande esposizione allestita presso la Mole Vanvitelliana di Ancona nel 2002 ed all’esposizione Fondamenta di pace, allestita nel 2003 a Villa Benzi - Zecchini a Caerano San Marco (TV) in cui erano presenti anche l’artista israeliana Hana Silberstein e l’artista iraniano Nader Khaleghpour.

Le opere eseguite a quattro mani da Ravà e Khaled hanno per tema la pace, argomento di scottante attualità politica, vista la situazione internazionale e il difficile rapporto tra ebrei e musulmani. 

All’interno delle opere - scrive Maria Luisa Trevisan - sono presenti le parole “salam” e “shalom”, “pace” in arabo ed ebraico. “Salam” e “salom” nelle lingue semitiche araba ed ebraica, hanno radici comuni, nascono da una stessa matrice semantica. I due artisti intendono dimostrare che attraverso un confronto culturale e artistico, non solo il dialogo è possibile, ma si può anche realizzare la convivenza e addirittura la collaborazione per un fine comune. Se la religione sembra dividere, con l’arte si vogliono gettare le fondamenta per costruire su nuove basi una pace durevole, affinché di questo sentimento sia permeato ogni gesto e ogni discorso. 

La collaborazione tra Tobia Ravà, veneziano di cultura ebraica, e l’artista algerino Abdallah Khaled risale al 2002, allorquando l’agenzia pubblicitaria americana DDB invita i due artisti a eseguire un’opera grafica a quattro mani che poi è stata donata a tutti i loro clienti e ad organizzazioni internazionali come l’ONU e l’UNESCO. Nacque così l’opera Scoppio di Pace, quale evento deflagrante in positivo, quanto mai auspicabile in un mondo che si definisce civile.

Da questa felice esperienza sono quindi nate in rapida successione altre opere sul medesimo tema che sono state esposte recentemente - accogliendo numerosi consensi dalla critica e dal pubblico - alla mostra personale di Tobia Ravà Memoria del Futuro (promossa dalla Comunità Ebraica di Verona, allestita presso la Fondazione Museo Miniscalchi Erizzo di Verona in occasione della IV Giornata Europea della Cultura Ebraica, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, il Ministero dei Beni Culturali, Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, con il Patrocinio della Regione Veneto, Provincia e Comune di Verona, alla mostra tuttora in corso presso la Galleria L’Occhio di Venezia) e alla mostra collettiva Halom Ha Shalom - Sogno di Pace (allestita al Kurhaus di Merano promossa e organizzata dal Centro Culturale “Anna Frank” della Comunità Ebraica di Merano in collaborazione con Concerto d’Arte Contemporanea, con il patrocinio del Comune di Merano e Provincia Autonoma di Bolzano e al museo della Repubblica di San Marino.

Tobia Ravà riporta elementi archetipali della cultura ebraica riferiti ad un linguaggio cosmologico universale, poiché attraverso i concetti base della kabbalah, si può arrivare ad un percorso etico-filosofico moderno e antichissimo al contempo. Attraverso esse l’artista esprime l’idea che il patrimonio culturale dell’umanità possa essere trasmesso al futuro in forma di opera sintetica.

Abdallah Khaled, algerino di cultura berbera esprime il sapore della sua terra d’origine (la piccola Kabilia), il suo intervento sembra emanare il profumo del deserto e avere i colori dell’Atlante.

La mostra presenterà alcune opere dei due artisti e opere eseguite a quattro mani che permettono di cogliere il messaggio di fratellanza e di unione che gli artisti lanciano attraverso la loro personale ricerca spirituale ed artistica affinché l’armonia che essi trovano nelle forme e nei colori sia estesa all’umanità intera, un invito al “metissage”, un inno alla bellezza della mescolanza.

 

Rassegna stampa: 

Via della pace, stessa tela per ebrei e islamici   (L'Adige 26 giugno 2013)

 

  


Giancarlo Caporicci

Luci-colori, Parigi-Riva del Garda

1  >  18 giugno 2013

Luci-colori, Parigi-Riva del Garda


É Giancarlo Caporicci il protagonista della nuova mostra organizzata dal centro culturale La Firma dal primo al 18 giugno nella sala civica «Giuseppe Craffonara» di Riva del Garda. La mostra è aperta tutti i giorni dalle 10.30 alle 14 e dalle 15 alle 18.30 con ingresso libero.


Napoletano di origine, parigino d'adozione, Caporicci è un artista che gioca sulla tridimensionalità delle sue opere. Tensioni dinamiche applicate a pitture e sculture. Lavori che sono completamente regolabili e mobili, offrendo all'immaginazione di ogni spettatore una vasta gamma di possibilità visive. Caporicci è riuscito a integrare pienamente lo spirito e le limitazioni della scultura murale. Ciò mette in evidenza il rigore e la potenza visiva del suo stile, abbracciando e sfruttando una tecnica scelta con successo infallibile. Forme spaziali che sono determinate dalla elasticità del materiale, dalla tensione dei punti di ancoraggio, dalla variazione delle dimensioni e degli effetti. Giancarlo Caporicci è nato nel 1946 a Napoli.

Dopo la laurea presso la Scuola di Belle Arti di Napoli, ha iniziato la sua carriera di insegnamento di storia dell'arte e della moda in Italia. Allo stesso tempo ha organizzato progetti di produzione architettonica, decorazione in Francia dove vive da tempo. Nel 2000 ha curato un progetto educativo che coinvolge scuole materne ed elementari in una città nella regione di Parigi. Questo lavoro ha permesso ai bambini di costruire e recuperare il loro ambiente urbano. Centinaia le mostre personali in Italia, Francia, Spagna e Stati Uniti. Giancarlo Caporicci è autore di numerose opere d'arte e di scultura contemporanea.

Ufficio Stampa
Comune di Riva del Garda

 

 


Micrós Kósmos- Mostra collettiva

11 > 28 maggio 2013
 

Micrós Kósmos


S’intitola «Micrós kósmos» la mostra collettiva di Adriano Cecco, Fernanda Fedi, Gino Gini, Giampaolo Manega, Giampaolo Mazzara, Puccio Pucci e Annalisa Ramondino che si svolge nella galleria civica Craffonara dall’11 al 28 maggio. L’organizzazione è a cura del centro culturale «La Firma». L’inaugurazione si svolge sabato 11 maggio con inizio alle ore 18.

Una delle caratteristiche dell’arte moderna, soprattutto contemporanea, è l’invenzione e l’uso di materiali non convenzionali per fare arte. Gli oggetti vengono scelti dagli artisti per le loro qualità estetiche o per la loro capacità di evocazione.

Un oggetto trovato indica l’uso di un oggetto che non è stato progettato per uno scopo artistico, magari si tratta di una pietra insolita, di un vecchio legno, di un pezzo di metallo che plasmato dagli artisti acquista nuova vita e nuovi significati poetici ed estetici. Sono opere che ci comunicano delle scoperte, un insegnamento a guardare oltre.

Comune di Riva del Garda
Ufficio Stampa

 

Rassegna stampa: 

«Micrós Kósmos» non convenzionale (Il Trentino 13 maggio 2013)
 

  


Andreina Robotti - La vita in un quadro

24 novembre - 9 dicembre 2012
 

Andreina Robotti - La vita in un quadro


Dal 24 novembre nelle sale della galleria civica «Giuseppe Craffonara» una mostra curata dal centro culturale «La firma» e dal titolo «La vita in un quadro» rende omaggio all'artista che ha trasformato in arte le lotte femministe: Andreina Robotti (1913-1996). L'esposizione è inaugurata sabato 24 novembre alle ore 18; quindi prosegue fino al 9 dicembre tutti i giorni dalle 10.30 alle 14 e dalle 15 alle 18.30 con ingresso libero.

Nata nel 1913 ad Iseo, toscana per vocazione, veronese d'adozione, Andreina Robotti è stata un'artista che ha avuto il consenso della critica più attenta (da Buzzati a Marchiori, da Mozzambani a Mussa, a Neri Pozza) e negli anni roventi dell'azione politica femminista, ha stretto un sodalizio con figure come Gina Pane, Ketty La Rocca, Marina Abramovich, Rebecca Horn. Con il nome di Andreina Antonioli, ha passato l’infanzia e la gioventù a Siena, dove ha frequentato l’Accademia di Belle Arti e ha imparato a conoscere Duccio, Simone Martini, Lorenzetti e dove ha conosciuto e sposato Pietro Robotti diventando per tutti Andreina Robotti.

«Appassionata di uno stile gotico e al contempo di uno spirito coloristico – scrive il critico d'arte Luigi Meneghelli – amante di un disegno nitido, primitivo, quasi interno alla forma stessa, e insieme di uno sciogliersi della linea in colori fauves con pennellate liquide, ariose.
Il mondo figurativo di AndreinaRobotti, tra gli anni Cinquanta e Sessanta sembra dividersi in due distinte categorie espressive: da una parte, i modi linguistici di ascendenza medievale, in cui fissa sul bianco dello spazio un accalcarsi di figure fatte di inchiostro che risultano invariabilmente senza espressione, come retrocedessero in se stesse, mostrandosi spesso come dei semplici stampini, dei ricalchi, delle sagome schematiche iterate: veri “omini” in cui il margine del gioco pittorico si fa esiguo, frettoloso, ridotto all'anonimia dello stereotipo. Dall'altra forme dirompenti, che conoscono tutta la fermentazione incantata e ironica di una materia fluida come l'acquarello con la sua capacità di sfaldare l'immagine in tanti piccoli segni. Ma se ci si fa caso, anche in questo versante operativo di Andreina Robotti le figure non hanno identità precisa, sembrano appena abbozzate, attraverso una tecnica scarna e semplificata che arriva confonderle con la natura stessa.
Così, se l'operazione della stampigliatura crea l'idea della folla, del volto plurimo, dell'uomo massa, anche gli acquarelli finiscono per disegnare un essere indistinto, la presenza incompiuta, irrealizzata, o ancora solo in potenza. Con gli anni la composizione si fa sempre più espansa e le stampigliature si accalcano fino agli orli del foglio. Si tratta di un'umanità dagli occhi sbarrati, che dà l'idea di fare muro, mucchio, moltitudine confusa: un'umanità che, come in un corteo, alza cartelli di protesta con su scritto “Non vogliamo più sultani”».

«Intorno agli anni Ottanta – prosegue il critico – Andreina fa ritorno alle sue nature, ai suoi boschi: recupera alla superficie, i limiti tradizionali della pittura. Anche se bisogna dire che la sua operatività mantiene sempre qualcosa di performativo. Lei non si mette semplicemente di fronte al soggetto, ma si distende accanto, ne coglie gli odori, i sapori, il variare della luce. E intanto i quadri si fanno sempre più grandi, ma non perché si dilata il campo del visibile, ma perché si allarga la riflessione su ciò che l'artista vede».

Andreina Robotti è morta a Verona il 31 dicembre 1996.


«...nel laboratorio segreto di Andreina Robotti si danno la mano Pisanello e Kandinsky». Avanti e indietro nel tempo, avanti e indietro nello spazio.

Riva del Garda, 20 novembre 2012
Uff.st.


Alcune immagini della mostra



Rassegna stampa: 

La Firma di Robotti (l'Adige 2 dicembre 2012)

Omaggio ad Andreina Robotti il femminismo tradotto in arte (Il Trentino il 24 novembre 2012
)

 

 


Hermnn Josef Runggaldier - Sculture

6-21 ottobre 2012



Sculture - Hermnn Josef Runggaldier

È un artista sudtirolese il primo ospite d'autunno del centro culturale La Firma di Riva del Garda: sabato 6 ottobre nella galleria civica «Craffonara» ai giardini di Porta Orientale apre la mostra dello scultore gardenese Hermann Josef RunggaldierL'esposizione, organizzata in collaborazione con il Comune di Riva del Garda, prosegue fino al 21 ottobre con apertura tutti i giorni dalle 10.30 alle 14 e dalle 15 alle 18.30 e ingresso libero.

Hermann Josef Runggaldier vive la scultura come evento classico, di quieta contemplazione di rapporti, di misure, di volumi e di contenuti indissolubilmente connessi alla figura umana, alla sua piena evidenza nello spazio e nella luce che lo spazio definisce: una scultura come racconto del corpo dove - prevalentemente - le forme modulano l’emergere di emozioni, risentono delle scansioni interne del pneuma, che dà corpo alle sensazioni e ai sentimenti, tendendo, o meglio estroflettendo i tessuti esterni. La tendenza ad una stilizzazione totemica resta esperienza che ritorna nella ricerca di Runggaldier, il quale - in questi ultimi tempi - ha materializzato lo spazio di accadimento e ridotto la figura ad una sorta di larva che spacca la scorza, si apre uno spiraglio o si costruisce un teatrino o riconquista la superficie come delicatissimo rilievo plastico che quasi non frange la luce ma cattura la dimensione del tempo, del racconto trascritto sulla materia. In queste molteplici direzioni, si propongono il sicuro senso plastico e la tensione narrativa di Runggaldier.

Uomini e donne, asciugati nella fisicità levigata di materiali diversi (legno, bronzo, terracotta, vetroresina) utilizzati con sapienza, domati fino a raggiungere una sorprendente armonia, che ne rende quasi impercettibile la differente consistenza, sono colti, fermati nell’istante che fissa nel tempo un pensiero, un atteggiamento, ne rende manifesta la storia interiore. Figure in scala diversa, dalla medesima forza interiore, raccontano con la loro calibrata gestualità, il susseguirsi di una silenziosa, affascinante Commedia umana, con cui interagire, in cui talora riconoscersi. I titoli, suggerimenti non pensati in origine, appaiono talora limitativi rispetto al drammatico proporsi dell’insieme, specchio di un mondo senza tempo, in cui l’uomo è l’unico attore in dialogo con il mondo.

Hermann Josef Runggaldier è nato nel 1948 a Ortisei. Dopo aver frequentato il corso di scultura e disegno all’istituto d’Arte di Ortisei apprende e perfeziona la tecnica della scultura in varie botteghe artigiane. Negli anni 1969-1972 intraprende viaggi di studio a Vienna, Berlino, Londra e negli Stati Uniti d’America. Durante questo periodo mostra un’intensa attività grafica. Nel 1975 consegue il titolo di “Maestro scultore”, partecipa a diverse mostre collettive e inaugura numerose mostre personali: risulta spesso vincitore di concorsi e premi per le sue sculture realizzate prevalentemente in bronzo, legno e pietra.

Riva del Garda, 2 ottobre 2012
Uff.st.

Alcune immagini della mostra