L’erba del vicino è sempre più verde (1960) di Stanley Donen |
L’erba del vicino è sempre più verde, di Stanley Donen, si ricollega e si inserisce nella tradizione di un certo tipo di commedia brillante americana: la “sophisticated comedy”, in auge soprattutto tra gli anni trenta e quaranta, e caratterizzata dall’ambientazione nell’alta società, dall’eleganza di ambienti, costumi e scenografia, dall’origine molto spesso teatrale e dalla quasi assoluta prevalenza dei dialoghi rispetto all’azione e quindi di un ironica e brillante comicità di parola.
Ritroviamo tutte queste caratteristiche nel film di Donen, dove è in scena un triangolo amoroso che coinvolge una nobile coppia inglese (Cary Grant e Deborah Kerr) e un petroliere miliardario americano (Robert Mitchum), a cui si aggiunge la migliore amica della coppia (Jean Simmons) a scompaginare le carte, e che per il 90% è ambientato negli eleganti e ricchi di opere d’arte saloni del castello/museo dei coniugi. Il miliardario petroliere si innamora della nobile inglese, riuscendo presto a farla cadere tra le sue braccia: lo scaltro marito capisce l’inghippo, e organizza un fine settimana dove i due maschi si sarebbero contesi la donna.
Come accennato, a dominare sono i dialoghi, carichi di ironia e allusioni varie: se molto spesso questi vanno a segno e toccano alti livelli di sarcasmo e di elegante perfidia, in altri momenti, soprattutto in quelli più intimisti, non riescono a conferire il ritmo giusto, dando la sensazione di una certa prolissità.
Il dominio della parola permette a Stanley Donen di limitarsi a dirigere con mestiere il traffico per tre quarti dell’opera, cosa che non gli impedisce nel restante quarto di regalare pezzi di bravura: per esempio, le carrellate con cui nella parentesi londinese fa capire, in un capolavoro di allusione, che la donna e il petroliere se la stanno godendo, oppure lo split screen al momento della telefonata, in cui viene attuato un divertente gioco di rimandi tra le due parti dello schermo, senza contare la maestria, ereditata dal suo periodo musical, nel gestire la colonna sonora.
Le connessioni con la “sophisticated commedy” di venti/trenta anni prima non fanno del film di Donen solo un elegante e gradevole prodotto un po’ fuori tempo massimo.
The grass is greener eredita anche un altro aspetto di quel sottogenere: quello di agire su due piani di significato, da un lato il più evidente, cioè la messa in scena di ambienti aristocratici favolistici e un po’ fuori dal mondo e di storie che facessero sognare il pubblico; dall’altra, innestare tra le righe, nei dialoghi, elementi di cattiveria e di riferimenti culturali e sociali che lo rendesse aderente al contesto, e che mettessero un po’ di amarezza di sottofondo. (…) Nel film di Donen troviamo graffianti frecciate, per esempio, alla mentalità economica dominante, o all’ipocrisia e all’egoismo mascherati da un’elegante cortesia.
da: mediacritica.it