In occasione della festa della Donna, dedicheremo una serata a Chiara Samugheo, una delle più importanti fotografe italiane.

Chiamata "la fotografa delle Dive", ha dedicato gran parte della sua carriera a fotografare le più famose attrici italiane e internazionali.

  Chiara Samugheo

 

“Il FOTOGRAMMA” ASSOCIAZIONE FOTOGRAFICA con il CENTRO CULTURALE “LA FIRMA" Presentano CHIARA SAMUGHEO: donna e fotografa professionista - fotografia e cinema s’incontrano.
Durante la serata verrà proiettata una videointervista inedita.
Conducono la serata Ludovico Maillet e 
Luca Chistè - Phf Photoforma - per l'aspetto critico/antropologico della fotografia dell'autrice.

Chiara Samugheo nata a Bari nel 1925 e scomparsa lo scorso 13 gennaio, è stata una figura cardine nella storia della fotografa italiana. Donna di grande personalità e fotografa di fama internazionale che ha fatto dell’emancipazione e delle sue passioni una bandiera di vita, tanto da lasciare molto giovane la sua città natale per inseguire i suoi sogni. Giunge a Milano nel 1953 dove inizia a frequentare il mondo della cultura, diventando amica di grandi personalità quali Enzo Biagi, Alberto Moravia, Pier Paolo Pasolini e Giorgio Strehler. Conosce quindi Pasquale Prunas, grafico e giornalista, fondatore della rivista Sud, che la coinvolge nella creazione di una nuova rivista che si occupava di fotogiornalismo internazionale “Le Ore”. Prunas intuisce le capacità della giovane Chiara e dopo un breve apprendistato come assistente di Federico Patellani, le affida una serie di reportages che denunciano gli aspetti negativi e inquietanti dell’Italia meridionale. Tra i suoi reportages di denuncia sociale in chiave neorealista spiccano le inchieste sulle baraccopoli di Napoli, le Tarantolate di Galatina, le zingare in carcere, gli scugnizzi napoletani.

Alla fine degli anni Cinquanta, con la crisi dell’editoria di settore, abbandona il foto reportage per dedicarsi allo star system, immortalando gli artisti e le stelle del cinema. Le sue fotografie sono una viva testimonianza del periodo d’oro del cinema italiano. Firma centinaia di copertine delle riviste più prestigiose al mondo. Con le sue fotografie riesce a restituire al corpo-oggetto delle dive una femminilità e una personalità reali, qualcosa di intimo, in contrapposizione all’ambiente effimero costruito attorno ai loro corpi.

Il suo archivio, ora depositato presso lo CSAC dell’Università di Parma, consta di oltre 165.000 fotografie.

  
   
Auditorium del Conservatorio
Largo Marconi 6
Riva del Garda (TN)


4 marzo 2022 ore 20:45

Ingresso libero


Chi lo desiderasse può prenotarsi attraverso Eventbrite
   Chiara Samugheo
   
   
 

Articolo pubblicato da L'Adige

  

 

 

 

25 novembre  > 9 dicembre 2021


Il Centro Culturale "La Firma" è lieto di invitarvi all'inaugurazione della mostra di

Michele Morando  - L'inattuale

 

 

  Michele Morando - L'inattuale

 

 NUOVO EVENTO ESPOSITIVO DEL CENTRO CULTURALE “LA FIRMA”

La mostra rimarrà aperta dal 25 novembre al 9 dicembre 2021 presso la Sala Civica “G. Craffonara”.

 

La solitudine del fare: sull’opera pittorica di Michele Morando
testo critico di Jara Bombano

“L’Inattuale” di Michele Morando è un percorso filologico attorno al lavoro dell’artista dall’inizio della pandemia ad oggi, nel tentativo di costruire un dialogo sull’attualità del fare artistico e della pittura nello specifico, come possibile mezzo espressivo contemporaneo.

Michele Morando è nato a Verona il 2 settembre 1978 e vive in Francia dal 2010. Trasferitosi nel 2011 a Mulhouse, dove risiede tuttora, si consacra alla pittura ad olio lavorando su soggetti come l'architettura, l'essere umano e l'immaginario.
Nell’ultimo periodo il lavoro di Morando si è concentrato sulla riflessione implicita attorno al ruolo del pittore, evidenziandone l’aspetto artigiano del fare e concentrandosi sulle questioni centrali della tela, della fatica esistenziale, della solitudine, del rapporto con il non finito.
Durante la pandemia sono nati i quadri in mostra: opere di dimensioni molto simili, sviluppati attorno a tematiche e cromie ricorrenti quali paesaggi rocciosi rarefatti, boschi, personaggi che sembrano cristallizzati in mondi privi di spazio e tempo, silhouette metafisiche, solitarie e sospese.

Quello che emerge da queste opere è, infatti, una concreta e solida solitudine esistenziale.
«Davanti alla tela io trovo una dimensione di cura rispetto al vivere quotidiano, ma anche in quel frangente provo un certo tipo di malessere: quello del processo che sostiene la responsabilità creativa, al punto che non so se rovinare, ingessare, abbellire (e quindi potenzialmente abbruttire) quella tela, continuando a dipingerci sopra oppure lasciarla ad un punto sospeso, nel quale lo sguardo possa ancora creare ciò che manca». Questo dice Morando per raccontare il rapporto con il quadro e l’esperienza di un artista di fronte alla sua tela, a volte inerme o addirittura vinto dal suo candore e dalle sue immense possibilità.
Come Van Gogh, che in una lettera al fratello Theo raccontava delle interminabili ore passate dinnanzi ad una tela bianca che diventava beffarda e che lo inibiva a tal punto da renderlo immobile.
Ed ecco che questa infinita gamma di possibilità su cui si apre il mondo reale e quello più intimistico della vicenda personale di uomo obbliga l’artista a continui interrogativi sulle scelte da operare per raccontare quella solitudine esistenziale che avvolge ogni cosa, e soprattutto su quale sia il momento più adatto in cui fermarsi, in cui decidere che un’opera è finita, conclusa nel suo significato più profondo.

«Uno dei miei Maestri, Federico Bellomi, diceva: il non-finito è infinito», ricorda Morando. L’infinito che è raccontato in molte delle sue opere, insieme alla solitudine; l’infinito che si annuncia dietro le rocce di Sentiero, (2020) o Senza titolo (2020); un infinito che travalica la dimensione naturale delle cose e diventa malessere esistenziale, angoscia liquida, Zio (2020). Ma è anche un infinito che l’artista tenta di costringere nei recinti degli spazi chiusi: in Siesta, Mise en Abyme (2020) sfonda la parete di una casa e ci lascia immaginare un universo di stelle, come il personaggio di spalle in primo piano.
In Chez Nenè (2020) la solitudine intreccia i ricordi dell’infanzia: un interno desolato definito dalle linee degli oggetti che compongono lo spazio, una quinta di sapore ibseniano in cui le figure diventano quasi spettatori secondari di un racconto straniante.

L’ultima opera in mostra, in ordine di realizzazione, è Persona (2021): qui l’immaginario di Morando abbandona le tematiche più tipiche del suo lavoro per consegnarci una monumentale suggestione erotica, che fin dal titolo ci ricorda l’omaggio a Bergman e alla sua opera - Persona, appunto -, forse tra le più sperimentali e surrealiste.

Michele Morando (Poco Moderno)

  

   
Sala Civica «G. Craffonara» Giardini di Porta Orientale
Riva del Garda (TN)


25 novembre > 9 dicembre 2021
Tutti i giorni 09.00 > 12.30  -  13.30 > 18.30

Ingresso libero



Inaugurazione giovedì 25 novembre ore 18.00

  MIchele Morando - Autoportrait 
   
   
 

 

 

 

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