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- Pubblicato Lunedì, 14 Novembre 2022 21:37
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100 TOGNAZZI 100 La tragedia di un uomo ridicolo (Italia 1981) |
Primo Spaggiari (Ugo Tognazzi), industriale caseario, assiste al rapimento del figlio Giovanni (Ricky Tognazzi). Primo deve raggranellare due miliardi per il riscatto e la moglie Barbara (Anouk Aimée) gli consiglia di vendere l'azienda. Sul rapimento di Giovanni sembrano sapere molto Laura (Laura Morante), fidanzata del ragazzo, e Adelfo (Victor Cavallo), un prete operaio. Quando giunge la notizia della morte del figlio, Primo tenta di usare i soldi del riscatto per salvare il caseificio.
Attraverso l'uso di una fotografia (di Carlo Di Palma) dai colori spenti e funerei, il far vagare i suoi personaggi in ampi e desertificati spazi e la dilatazione dei tempi narrativi che dà al tutto una dimensione surreale e vagamente onirica, Bertolucci dà forma visiva a uno stato confusionale e di profonda incertezza che accomuna tutti i personaggi dinnanzi alla fase transitoria tra la fine degli anni bui del terrorismo e un inizio di decennio (gli anni ottanta) gravato da dubbi e paure. Il protagonista è poi emblema di una classe borghese profondamente inadeguata, amareggiata e malinconicamente legata al passato, sfiduciata dinnanzi al futuro (e alle giovani generazioni che «non ridono ma sghignazzano o sono cupi e soprattutto non parlano più e dai loro silenzi non si capisce se chiedano aiuto o stiano per spararti addosso»), egoista e grottescamente stordita nei momenti di difficoltà. Ottima la prova, tutta in sottrazione, di un dolente Ugo Tognazzi che restituisce sullo schermo un personaggio stanco e sfiduciato ed è stato premiato con la Palma d'Oro per la migliore interpretazione maschile al Festival di Cannes. Il titolo del film richiama a quello del racconto di Fedor Dostoevskij, Sogno di un uomo ridicolo.
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- Categoria: Cinema
- Pubblicato Lunedì, 14 Novembre 2022 21:27
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100 TOGNAZZI 100 La donna scimmia (Italia Francia 1964) |
Il film è una coproduzione italo-francese del 1964. Il progetto, però, risale alla metà degli anni '50, al cosiddetto "periodo spagnolo" di Marco Ferreri, che occasiona l'elettivo sodalizio con lo scrittore Rafael Azcona. Insieme, infatti, firmano la sceneggiatura. Il soggetto s'ispira alla vicenda di Julia Pastrana: donna barbuta nata in Messico nel 1834, esibita come fenomeno in freak show di vari Paesi, conosce un certo Theodore Lent che diventa suo marito e impresario; a 26 anni Julia mette al mondo un bambino (peloso), che muore subito dopo, raggiunto dalla madre per complicazioni post-partum; Lent fa mummificare moglie e figlio per esibirli nei suoi spettacoli.
Ma questa non è la sola fonte del film. Secondo le dichiarazioni di Azcona, “nello stesso periodo in Spagna si parlava molto d'un miracolo: una ragazzina nel bosco era stata aggredita da un paio di malfattori pronti a violentarla. Terrorizzata la ragazzina invocò la Madonna e d'un tratto il suo corpo si era coperto di peli...”(La Repubblica, 1 luglio 2001). Questo fatto di cronaca non siamo riusciti ancora a reperirlo. Non importa, giacché di là dall'attualità occasionale (ciascuno ha il suo cielo sulla palude), l'episodio miracoloso ripete un mythos cristiano e rinnova un exemplum agiografico. La medesima narrazione, appena diversificata nel corso dei secoli, si rapprende nel martirio di Santa Staraosta: per sottrarsi alle nozze con un principe pagano, la vergine cristiana supplica Iddio di renderla indesiderabile; la grazia viene impetrata, le crescono barba e baffi; a questo punto, il padre s'infuria e la fa crocifiggere.
Del resto, il corpo di una martire barbuta è già stato oggetto di devozione dell'ape regina. Ma, quanto a genesi della Donna scimmia, c'è un'altra referenza decisiva: un dipinto di Jusepe de Ribera (detto Spagnoletto): Maddalena Ventura con il marito e il figlio (ovvero Donna barbuta, 1631). Una specie di Sacra Famiglia: padre, madre e bambino attaccato al seno; la donna che allatta il neonato è villosa (molto villosa). Il quadro è sconcertante. Visto all'epoca, a Toledo, per Ferreri e Azcona dev'essere stata una folgorazione. Un'immagine surrealista. Una 'invenzione', cioè una trovata. Se la vicenda di Pastrana definisce il plot come supporto per un apologo crudele, se il fatto di cronaca fissa una iconografia popolare e religiosa, il dipinto paradossale di Spagnoletto è un'immagine movente. Di qui nasce e prolifera il film: per “gemmazione”, direbbe Ferreri. Il quadro di Ribera, su commissione del Vicerè di Napoli Ferdinando II, è stato dipinto a Napoli. Per questo, senza mare, senza Vesuvio, il film è stato girato a Napoli.
La donna scimmia ottiene il visto di censura (n. 42051), l'8.01. 1964, con divieto ai minori di anni 14 “contenendo scene e sequenze non adatte alla particolare sensibilità dei minori stessi”. Prima proiezione al Metropolitan di Bologna, il 29.01.1964. Come si chiude il film? Maria (la donna-scimmia, Annie Girardot) muore di parto, poco dopo il bambino; il marito Antonio (Ugo Tognazzi) cede i due cadaveri al Museo delle Scienze dove vengono imbalsamati; ma Antonio ci ripensa e, reclamati i corpi, li espone in una baraccone da fiera. Questo il terribile, coerente explicit voluto da Ferreri. Tuttavia, in diverse città, viene proposta una edizione mutila: il film si chiude sulla morte (sacrificale) di Maria. Non è ancora chiaro a chi si deve la manomissione (al produttore Carlo Ponti? alla distribuzione?), che testimonia oggi solo di uno zelo censorio non richiesto. Dell'epilogo, poi, occorre una variante sorniona (concordata con Ferreri) nella versione per l'estero: la donna-scimmia perde i peli durante la gravidanza e dà alla luce un bambino normalmente glabro, condannando il marito a un lavoro onesto. Il restauro della Donna scimmia approntato nel 2017 dall'Immagine Ritrovata riporta in successione i tre finali.
(Dal catalogo "Il Cinema Ritrovato - XXXIV edizione")
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- Pubblicato Lunedì, 14 Novembre 2022 21:07
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100 TOGNAZZI 100 La marcia su Roma (Italia 1962) |
Il 28 ottobre 1922 le sorti politiche e civili dell’Italia cambiarono drasticamente a causa della cosiddetta Marcia su Roma, l’insurrezione organizzata dal Partito Nazionale Fascista al fine di ottenere il potere con la forza. Obiettivo che Benito Mussolini, capo del partito, riuscirà ufficialmente a raggiungere il 30 ottobre, quando il re Vittorio Emanuele III incaricò il Duce di formare un nuovo governo.
Dino Risi, uno dei maggiori esponenti dell’intramontabile commedia all’italiana, nel 1962 realizzò un film dal titolo La marcia su Roma, nel quale il regista de Il sorpasso e I mostri raccontava in modo ironico e satirico l’avvenimento citato poc’anzi. Il lungometraggio in questione vede come protagonisti Domenico e Umberto, due ex commilitoni, interpretati rispettivamente da Vittorio Gassman e Ugo Tognazzi, che vengono assoldati per far parte delle cosiddette Camicie nere. I due appaiono da subito come individui ignoranti e oziosi molto facili al plagio.
Domenico (Gassman) è un romano indolente e qualunquista che vive di espedienti mentre Umberto (Tognazzi) è un ingenuo contadino disoccupato che vive a carico del cognato. Insieme ad altri squadristi cominciano questa improbabile marcia su Roma durante la quale si alternernano sequenze comiche ad altre drammatiche come nella migliore tradizione del nostro cinema.
Dino Risi scandaglia il fascismo e lo ridicolizza mettendo in evidenza il fatto che la maggior parte degli aderenti a questa corrente politica erano persone analfabete e facilmente influenzabili. Pertinente a tal proposito risulta il seguente aforisma del noto filosofo britannico Bertrand Russell: “Il passo successivo (in un movimento fascista) è quello di affascinare gli sciocchi e mettere la museruola agli intelligenti, con l’eccitazione emotiva da un lato e il terrorismo dall’altra.”
Da antologia risultano le sequenze in cui Umberto, il quale durante la pellicola tiene costantemente tra le mani il programma elettorale del partito, sbarra progressivamente i punti che non vengono rispettati. La premiata coppia Gassman/ Tognazzi come sempre fa faville; la romanità spaccona e al contempo generosa del primo ben si sposa con il candore e la vigliaccheria del secondo. Domenico e Umberto sono due antieroi che cercano goffamente di destreggiarsi in una società improntata all’ottusità e all’imbarbarimento.
Risulta doveroso menzionare altri componenti del cast come Mario Brega e Liù Bosisio tra i tanti.
Come asserì il compianto drammaturgo italiano Pier Paolo Pasolini a proposito di quegli anni: “L’Italia sta marcendo in un benessere che è egoismo, stupidità, incultura, pettegolezzo, moralismo, coazione, conformismo: prestarsi in qualche modo a contribuire a questa marcescenza è ora, il fascismo.”
La marcia su Roma è un’opera figlia de La Grande Guerra di Mario Monicelli e Tutti a casa di Luigi Comencini, due lungometraggi divenuti cult in cui si analizzavano in forma di commedia all’italiana la prima e la seconda guerra mondiale. Dino Risi ancora una volta ci offre magistralmente lo spaccato di un periodo storico decisivo nella storia del nostro paese.
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- Pubblicato Lunedì, 14 Novembre 2022 20:47
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LUIGI COMENCINI, IL REGISTA DELL'INFANZIA Voltati Eugenio (Italia Francia 1980) |
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