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- Pubblicato Domenica, 02 Ottobre 2022 13:13
martedì DOCUFILM
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tutti i martedì di ottobre dalle 21.00 all'auditorium
del conservatorio di Riva del Garda
Durante i martedì di ottobre proietteremo quattro documentari dedicati ad altrettanti fotografi famosi. Si comincia martedì 4 ottobre con un omaggio ad una grandissima fotografa italiana da poco scomparsa, Letizia Battaglia. Proseguiremo poi con Robert Frank, Annie Leibovitz e Robert Mapplethorpe.
Vita e carriera di Letizia Battaglia, fotografa palermitana e fotoreporter per il quotidiano L’Ora, raccontata con taglio intimo e privato, a partire dalla sua turbolenta giovinezza. Dal lavoro sulle strade per documentare i morti di mafia, all’impegno in politica con i Verdi e la Rete, Battaglia è stata una figura fondamentale nella Palermo tra gli anni Settanta e Novanta.
“Sono sempre stata una donna in lotta, senza saperlo”. Così dice di sé la siciliana Letizia Battaglia, 84 anni e la testa lucidissima, nel documentario rivelatorio che le dedica Kim Longinotto, regista dal curriculum militante, figlia di un fotografo italiano.
Realizzato montando interviste recenti con spezzoni di film, filmini amatoriali e foto realizzate da Battaglia nel corso della sua lunghissima carriera, Longinotto innesca il racconto portando subito lo spettatore al cuore della donna che domina lo schermo - fisico possente, caschetto tra il rosso e il rosa, sguardo vivace - dipingendo il ritratto esplosivo, in pieno post #metoo, di una gigantessa dell’emancipazione femminile.
Sposata prestissimo, a 16 anni, Battaglia tradisce e lascia il marito, dal quale rischia di farsi sparare addosso (“La sua storia la sapeva tutta Palermo”), e approda alla fotografia solo dopo aver compiuto quarant’anni. Sono gli anni Settanta, quelli della Palermo in cui “capitavano anche cinque omicidi al giorno”, e lei riesce a farsi assumere, prima donna in Italia, come fotoreporter al giornale L’Ora. Le sue foto, rigorosamente in bianco e nero, ritraggono i morti della mafia ma anche i mafiosi in pieno volto, spesso umiliati dai suoi scatti negli attimi successivi all’arresto.
Quel che interessa a Longinotto - ben consapevole della fascinazione che ancora oggi i padrini corleonesi esercitano all’estero - è l’approccio di Battaglia ai suoi soggetti. Il fatto, cioè, che vedesse (e ritraesse) la mafia per quel che era: “gente sciatta e vestita male”, lontana dall’epica moderna del gangster-chic, di cui era inevitabile avere paura. “La mafia a Palermo è ovunque - avverte apocalittico un giornalista inglese in una delle corrispondenze montate all’interno del film - anche al cimitero”.
(da: Mymovies.it)
Robert Frank ha rivoluzionato la fotografia e il cinema indipendente. Ha documentato miniere e minatori gallesi, indiani, peruviani, banchieri di Londra e americani. Ha rivelato con onestà, senza batter ciglio la discesa nelle profondità del suo io più solitario e nascosto.
Irriverente, ironico, iconoclasta, l’artista è raccontato nel film documentario di Laura Israel. Robert Frank inizia la sua carriera con la fotografia di moda, a cui affianca una prolifica attività di reporter che lo porta a viaggiare in Perù, Bolivia, Europa. Nel 1955 è il primo fotografo europeo a ricevere la borsa di studio della Fondazione Solomon R. Guggenheim di New York grazie alla quale intraprende un lunghissimo viaggio negli Stati Uniti scattando, in un solo anno, oltre 24.000 fotografie.
La storia di Robert Frank è segnata da una storica collaborazione con la Beat Generation, dirigendo nel 1959 il suo primo film, Pull My Daisy, e realizzando successivamente documentari con i Rolling Stones, Tom Waits, Joe Strummer e Patti Smith. Dalla metà degli anni Settanta la sua fotografia si allontana dai reportage, a cui si sostituiscono collage, vecchie fotografie, fotogrammi, polaroid su cui Frank scrive, graffia e incide. Nel 1994 dona gran parte del suo materiale artistico alla National Gallery of Art di Washington che crea la Robert Frank Collection: è la prima volta che accade per un artista vivente.
Ad oggi Robert Frank è uno degli esponenti più osannati ed importanti della fotografia americana soprattutto grazie a The Americans, un ritratto cupo e disordinato dell’identità di una nazione difficile da sondare, caratterizzata da forti contrasti, vitalità, ipocrisie ed una vera ossessione per i suoi stessi simboli.
(da: Mymovies.it e Pistoiamusei.it)
Barbara Leibovitz, sorella di Annie Leibovitz, fornisce un ritratto di quella che è ritenuta da molti la più grande fotografa del nostro tempo ripercorrendo la sua brillante carriera, dalle foto realizzate nelle Filippine durante la guerra del Vietnam alla lunga collaborazione con Rolling Stone, per il quale ha realizzato alcuni tra i servizi fotografici più celebri e inconfondibili di tutti i tempi, per arrivare ai numerosi ritratti di alcuni dei personaggi più famosi dell'epoca. Il tutto integrato con una raccolta di interviste ai conoscenti, ai familiari e ai personaggi da lei immortalati.
l documentario diretto dalla sorella Barbara nel 2006 è un ritratto di 90 minuti di colei che molti ritengono la più grande fotografa del nostro tempo e ripercorre la carriera della fotografa americana di origini ebraiche, dalle sue prime foto scattate nella base americana delle Filippine durante la guerra del Vietnam alla sua collaborazione decennale con Rolling Stone, di cui ha contribuito a creare lo stile inconfondibile. Celebre la copertina con John Lennon nudo abbracciato a Yoko Ono vestita, o quella con i Fletwood Mac stesi su un letto. Nel 1991 la sua copertina per Vanity Fair che ritraeva Demi Moore nuda e incinta suscitò grande scandalo. Nel 1993, su invito di Susan Sontag (con cui ebbe una relazione sentimentale fino alla morte di quest’ultima, nel 2004) fotografò gli orrori della guerra a Sarajevo.
Il documentario alterna immagini d’archivio, riprese della fotografa al lavoro sui set fotografici e interviste a colleghi, familiari e celebrità che sono state immortalate dal suo obiettivo, tra cui i Rolling Stones, Whoopi Goldberg, Yoko Ono, Demi Moore, Hillary Clinton, Arnold Schwarzenegger, Patti Smith, Mikhail Baryshnikov.
(da: Mymovies.it e Rai.it)
Settembre 1989. Al congresso degli Stati Uniti vengono accusati di oscenità gli scatti di nudo maschile, già esposti con reazioni molto controverse, di Robert Mapplethorpe, morto di AIDS a marzo dello stesso anno. Oggi, con accesso totale all'archivio del fotografo, i due autori indagano le motivazioni alla base della sua opera.
Un artista demonizzato in vita, da umanizzare post mortem. Un uomo sospeso tra dimensione angelica e diabolica. Non ci sono sfumature in Mapplethorpe, documentario che sfrutta pienamente e dà una nuova vita all'opera di uno dei fotografi più importanti della seconda metà del Novecento. Merito della Fondazione, istituita in vita dallo stesso autore, per la ricerca sull'AIDS e la fotografia d'arte, che nel 2011 ha donato l'opera omnia al Getty Museum e al Lacma (Los Angeles County Museum of Art). Comprese le registrazioni audio e i (rari) appunti del fotografo, fonti preziosissime della sua ispirazione.
Finché i registi si attengono al documento, Mapplethorpe è una visione molto istruttiva: seguiamo il ragazzo del Queens che si iscrive alla scuola d'arte di Brooklyn e la presa di consapevolezza graduale che avviene in lui, alla ricerca di una propria cifra espressiva. Prima l'arte figurativa, il collage, l'assemblaggio, sperimentati febbrilmente tra le insicurezze psicologiche ed economiche del periodo bohemien anche al leggendario Chelsea Hotel con la prima musa e coetanea Patti Smith, poi i primi esperimenti con la Polaroid fino alla sua riconoscibile Hasselblad. In transito continuo verso la scoperta di sé, vero fine e strumento della ricerca di un artista, anche tramite la frequentazione dei club sadomaso di New York. Per arrivare alla progressiva affermazione nel mondo delle gallerie, favorita da una rete di buone relazioni con il jet set internazionale. Senza mai interessarsi troppo alle questioni tecniche quanto piuttosto a sorpassare i limiti del rappresentabile. Supportato da molte voci - celebrità, giornalisti, conoscenti e amanti - si delinea il profilo di un artista ambizioso, disilluso, perfezionista, instancabile, egocentrico ma spietatamente onesto con sé e con gli altri.
Assodati i traguardi raggiunti da Mapplethorpe: aver portato la fotografia ad essere considerata forma d'arte, e di pari passo aver fatto avanzare la voce della comunità omosessuale, e quindi, più in generale, la libertà sessuale di tutto il Paese. Bailey e Barbato lo sottolineano a più riprese, dando il giusto spazio alle immagini, soprattutto quelle, meno esposte e censurate dalla politica conservatrice, del Portfolio X (tredici scatti di erotismo esplicito).
(da: Mymovies.it)
Riva del Garda - Auditorium del Conservatorio Largo G. Marconi 5 - Riva del Garda (TN) Inizio proiezioni ore 21.00 - Ingresso libero Per informazioni: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. Associazione Culturale La Firma > Sito internet > Facebook Associazione Fotografica Il Fotogramma > Sito internet > Facebook |
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- Pubblicato Venerdì, 05 Agosto 2022 10:24
Cinema Estate
Dal 5 al 19 agosto 2022
Tre serate con film muti accompagnati da musica eseguita dal vivo da Marco Dalpane e Gerardo Chimini.
Cinema Estate è la rassegna che propone un salto indietro nel tempo agli albori del Novecento, quando il cinema muoveva i primi, straordinari passi. L’appuntamento è per i primi tre venerdì di agosto all'auditorium del Conservatorio (per la prima data) e nel cortile della Rocca (per le altre due). Tutte le proiezioni sono a ingresso libero con inizio alle 21.30 (in caso di maltempo si svolgono all'auditorium del Conservatorio).
Saranno tre comiche del grande Buster Keaton ad aprire la rassegna, con la colonna sonora scritta ed eseguita da Marco Dalpane, che per dieci anni, dal 2007 al 2017, ha lavorato alla realizzazione di nuovi accompagnamenti musicali per i film muti di Buster Keaton, considerato da Orson Welles il più geniale tra i registi del cinema comico e “il più grande clown della storia del cinema”. A oltre mezzo secolo dalla sua morte, l’arte di Keaton merita di essere ricordata per la genialità con cui ha saputo rappresentare l’uomo che da solo si batte contro una società caotica, meccanicistica, sempre più massificata. In ogni suo film il corpo e la macchina intrattengono un rapporto complesso ma sempre segnato da una visione ottimistica, tipicamente americana, della possibilità dell’essere umano di confrontarsi con le nuove frontiere della modernità.
Si inizia con «Cops», un cortometraggio comico che si può definire assolutamente perfetto: niente è di troppo, il ritmo è impeccabile, e le gag si innestano con folle precisione. Keaton appare dapprima come cocchiere e autista maldestro, finché non si scatena contro di lui una caccia assurda di dozzine e dozzine di poliziotti (cops) fitti come le mosche, che egli naturalmente riesce a giocare.
La seconda comica si intitola «Day Dreams». Un giovane fa un patto col padre della ragazza che ama: se il primo non lavorerà sodo o non riuscirà in questo, il secondo gli presterà la pistola per uccidersi. Allora il giovane inizia a lavorare e scrive alla donna i lavori che fa: capo di ospedale, affarista, attore di professione. In realtà egli non è niente di tutto ciò: è solo lavoratore in una clinica di animali, spazzino e attoruncolo incapace. Inoltre bisogna rispettare il patto col padre, cioè deve suicidarsi...
La serata si chiuderà con «The Eletric House». Questa volta nel mirino del genio keatoniano c’è il progresso tecnologico, la casa tutta americana dotata di ogni comfort: un sistema idraulico all’avanguardia, elettricità in tutte le stanze, una cucina moderna superaccessoriata. Ma anche scale mobili, vivande trasportate da carrelli elettrici, uno svuota-piscina e altre amenità. Presto il sistema s’inceppa, lo spazio domestico apparentemente docile e funzionale si ribella, trasformando il sogno piccolo-borghese in un groviglio di meccanismi impazziti che sfuggono al controllo umano.
Secondo appuntamento, venerdì 12 agosto, con Cinema Estate, che nel cortile della Rocca propone tre cortometraggi di Charlie Chaplin.
I tre corti sono «Pay Day» (Giorno di paga) del 1922. Un abile muratore (Charlie Chaplin) intasca lo stipendio ed esce a festeggiare alle spalle della tirannica consorte (Phyllis Allen), che vorrebbe tutti i soldi per sé.
Seguirà «A Dog's Life» (Una vita da cani) del 1918. Chaplin, il vagabondo, vive in un rudere pieno di spifferi, è braccato dalla polizia per i suoi piccoli furti e non riesce a trovare lavoro perché è troppo lento agli sportelli. Un giorno salva il piccolo Scraps da un branco inferocito di altri cani randagi e inizia a portarselo dietro nei suoi vagabondaggi. In un locale di quart’ordine incontra una giovane cantante timida e squattrinata, ma vengono buttati fuori entrambi. Nel frattempo, due ladri rubano il portafogli a un riccone ubriaco e lo nascondono proprio nella catapecchia dove dorme il vagabondo. Scraps, scavando nel terreno lo trova e l’omino torna tutto trionfante nel locale da dove era stato buttato fuori, dove ritrova la cantante. Dopo una serie di peripezie, i due, in possesso del denaro sottratto ai ladri, riusciranno a comprarsi un piccolo podere e a trovare la felicità.
Per chiudere la serata «The Rink» (Charlot al pattinaggio) del 1916, in cui Chaplin durante la pausa di lavoro, va di solito a pattinare. Dopo essersi esibito in un balletto sui pattini, Chaplin, viene invitato in un party a casa di Edna.
La proiezione è accompagnata alla musica dal vivo al pianoforte del Maestro Gerardo Chimini.
«Nosferatu» (Norsferatu il vampiro) di Friedrich Wilhelm Murnau. Girato nel primo dopoguerra, l'obiettivo del regista sembra la rappresentazione dei tiranni e non quello di inoculare le masse dell'epoca con simboli eticamente malsani di ottimale preservazione dal dissolvimento della carne. Questa prima versione del conte Dracula sullo schermo è indimenticabile, con la sua figura rigidamente contorta e scheletrica, le lunghe unghie artigliate, le occhiaie incavate.
La collocazione sociale nel mondo dei vivi è molto precisa: è la borghesia commerciale tedesca del secolo scorso. Per Murnau il Nosferatu, il non morto, era il simbolo dell'irruzione violenta di un elemento irrazionale nel tessuto della realtà borghese ottocentesca, un qualcosa da opporre alla buona educazione e alla facciata ipocrita del mondo circostante, una forza eversiva e incontenibile. Come uno specchio diabolico e metafisico il vampiro, nel capolavoro del muto tedesco, rifletteva l'immagine impietosa della crisi in cui versava tutta la middle-class europea consapevole ormai del fatto che la propria funzione storica si stava esaurendo. Contrariamente alle posteriori pellicole aventi per protagonista la figura del vampiro, quella di Nosferatu, lontana dal premere sull'eros, predilige la cieca forza maligna del non morto.
5 agosto 2022 BUSTER KEATON COPS (I poliziotti) Commento musicale dal vivo composto ed eseguito da Marco Dalpane |
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12 agosto 2022 CHARLIE CHAPLIN PAY DAY (Giorno di paga) USA 1922, 28' DOG'S LIFE (Vita da cani) USA 1918, 35' THE RINK (Charlot al pattinaggio) USA 1916, 30' Commento musicale dal vivo eseguito da Gerardo Chimini |
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19 agosto 2022 NOSFERATU (Germania 1922, 94') Regia di Friedrich Wilhelm Murnau Commento musicale dal vivo eseguito da Gerardo Chimini |
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Ore 21.30 - Ingresso libero Cortile interno della Rocca Piazza Cesare Battisti 2 Riva del Garda (TN) In caso di maltempo le proiezioni si svolgono all'Auditorium del Conservatorio |
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Alcuni momenti della rassegna
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- Pubblicato Sabato, 05 Marzo 2022 10:51
Era il 2 marzo 2020 quando proiettammo “Thelma & Louise” e poi più niente. Ad ottobre 2020 eravamo pronti a ripartire e proprio il giorno precedente la prima proiezione, arrivò la notizia che si chiudeva tutto. Da quel 2 marzo sono passati 20 mesi, più di un anno mezzo, e abbiamo capito cosa sia un mondo senza cinema. Un mondo più triste, più povero, più solo. Certo le piattaforme durante questo periodo ci hanno proposto un’offerta quasi infinita di film e serie tv. Ma andare al cinema è un’altra cosa: lasciare la propria casa, trovarsi con altre persone, condividere emozioni, guardare qualcosa più grande di noi, stare in silenzio, non interrompere il flusso d’immagini prima della parola fine...Sono tutte peculiarità che solo una visione in una sala possono regalarci.
Ed ecco che siamo nuovamente pronti ad una ripartenza, con un programma – in gran parte uguale a quello che non abbiamo potuto mostrarvi lo scorso anno – incentrato sulla commedia.
Ci sembrava che, dopo un periodo così buio, fosse bello ripartire con allegria! Ed ecco allora – prima della pausa natalizia – un ciclo di commedie di quei ragazzacci che rispondono al nome di “fratelli Coen”, un duo che alterna film durissimi sulla realtà americana e commedie al limite dell’assurdo.
Dopo Natale, sarà la volta di Mel Brooks e della sua stupefacente comicità fatta di parodie e commedie farsesche, spesso interpretate da Gene Wilder o Marty Feldman.
Sarà poi la volta delle più belle commedie sofisticate della storia del cinema, dirette un maestro ineguagliabile quale Ernst Lubitsch con divi come Miriam Hopkins, Greta Garbo e Carole Lombard.
Abbiamo tanto bisogne di ottimismo e sicuramente Frank Capra in questo è stato un maestro, durante un periodo storico durissimo come quello della Grande Depressione americana. Ci saranno titoli immortali quali “Accadde una notte”, “E’ arrivata la felicità”, “Arsenico e vecchi merletti” e “La vita è meravigliosa”.
Finiremo a marzo/aprile con un piccolo ciclo dedicato ad un genio comico francese – purtroppo mai ricordato abbastanza –: Jacques Tati.
Vi aspettiamo a partire dall’8 novembre all’Auditorium del conservatorio di Riva per una stagione scoppiettante!
Buone visioni a tutti!
Ludovico Maillet
Articolo pubblicato su L'Adige il 7 novembre 2021
lunedìcinemacineforum
PROGRAMMA 2021 | 22 ARCO | RIVA DEL GARDA
LA DISSACRANTE IRONIA DEI FRATELLI COEN |
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RIVA DEL GARDA | lunedì 8 novembre | Arizona Junior di Joel e Ethan Cohen (USA 1987 - 93') |
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lunedì 15 novembre | Fratello, dove sei? di Joel e Ethan Cohen (USA 2000 - 106') |
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lunedì 22 novembre |
Il grande Lebowski di Joel Cohen (USA 1997 - 117') |
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lunedì 29 novembre | Ave, Cesare di Joel e Ethan Cohen (USA 1987 - 106') |
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LA COMMEDIA DEMENZIALE DI MEL BROOKS | ||||
ARCO | lunedì 10 gennaio | Per favore non toccate le vecchiette! di Mel Brooks (USA 1968 88') |
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lunedì 17 gennaio | Mezzogiorno e mezzo di fuoco di Mel Brooks (USA 1974 - 93') |
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lunedì 24 gennaio |
L'ultima follia di Mel Brooks di Mel Brooks (USA 1976 - 87') |
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LA LEGGEREZZA DI ERNST LUBITSCH | ||||
RIVA DEL GARDA | lunedì 31 gennaio | Mancia competente di Ernst Lubitsch (USA 1932 - 83') |
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lunedì 7 febbraio | Partita a quattro di Ernst Lubitsch (USA 1933 - 90') |
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lunedì 14 febbraio | Ninotchka di Ernst Lubitsch (USA 1939 - 110') |
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lunedì 21 febbraio | Vogliamo vivere! di Ernst Lubitsch (USA 1942 - 99') |
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L'OTTIMISMO DI FRANK CAPRA | ||||
ARCO | lunedì 28 febbraio | Accadde una notte di Frank Capra (USA 1934 - 105') |
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lunedì 7 marzo |
È arrivata la felicità di Frank Capra (USA 1936 - 115') |
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lunedì 14 marzo | Arsenico e vecchi merletti di Frank Capra (USA 1944 - 118') |
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lunedì 21 marzo | La vita è meravigliosa di Frank Capra (USA 1946 - 129') |
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IL MONDO DI JACQUES TATI | ||||
RIVA DEL GARDA | lunedì 28 marzo | Le vacanze di Monsieur Hulot di Jacques Tati (Francia 1953 - 96') |
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lunedì 4 aprile | Mio zio di Jacques Tati (Francia, Italia 1958 - 110') |
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lunedì 11 aprile | Playtime - Tempo di divertimento di Jacques Tati (Francia, Italia 1967 - 126') |
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Comune di Riva del Garda |
Comune di Arco |
Inizio proiezioni ore 21.00 Riva del Garda - Auditorium del Conservatorio Arco - Palazzo dei Panni Il programma potrà subire variazioni |
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Ingresso con tessera FIC valida per l'intera stagione Euro 12.00, 5.00 per gli studenti fino a 25 anni Prenotazione su Eventbrite Accesso consentito senza prenotazione la sera della proiezione, fino ad esaurimento posti |
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Per informazioni: |
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Comune di Riva del Garda Unità Operativa Attività Culturali, Sport e Turismo Telefono 0464 573918 www.comune.rivadelgarda.tn.it |
Comune di Arco Servizio Attività Culturali Telefono 0464 583619 www.comune.arco.tn.it |
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- Pubblicato Martedì, 20 Luglio 2021 11:18
Cinema Estate
Dal 3 al 31 agosto 2021
Tre serate con film muti accompagnati da musica eseguita dal vivo da Massimo Giuntoli, Gerardo Chimini e Marco Dalpane con l'ensemble Musica nel buio.
VIVA LO SPORT Regia di Fred C. Newmeyer, Sam Taylor. Un film con Harold Lloyd, Jobyna Ralston, Brooks Benedict. Titolo originale: The Freshman. Genere Comico - USA, 1925, durata 65 minuti.
Nel 1990, il film è entrato nella Lista di film preservati nel National Film Registry presso la Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti. Nel 2000 l'AFI lo ha inserito al 79º posto nella lista delle cento migliori commedie americane di tutti i tempi.
Uno studente di origini campagnole si iscrive alle gare di sport organizzate dal suo college sperando di mettersi in luce. Pieno di entusiasmo, ma sgraziato e inesperto, viene fatto oggetto di burle da parte dei compagni fino a quando, quasi per caso, riesce a segnare il punto che porta alla vittoria la sua squadra. Il grande Harold Lloyd al suo meglio.
LA FEBBRE DELL'ORO (The Gold Rush). Regia di Charles Chaplin. Con Charles Chaplin, Mack Swain, Tom Murray, Henry Bergman, Georgia Hale, Malcolm Waite. Comico, USA 1925, durata 82 minuti. UN CAPOSALDO DELLA STORIA DEL CINEMA.
Un omino, cercatore d'oro solitario, affronta i rischi e i pericoli dell'algido Klondike per trovare la ricchezza. Incontra prima il temibile Black Larsen per poi instaurare un sodalizio con il robusto Giacomone in cui si imbatte accidentalmente cercando un rifugio in una baracca di legno. I due dovranno cercare di sopravvivere insieme alla fame e al freddo. Quando l'omino si recherà nel paese vicino ci troverà l'amore.
Chaplin realizza questo film dopo l'insuccesso commerciale de La donna di Parigi. Il suo affezionato pubblico non ha gradito che smettesse i panni del Vagabondo così il regista, favorevolmente impressionato da alcune foto scattate a fine Ottocento ai cercatori d'oro, ritiene di poter far tornare sullo schermo il personaggio di Charlot. Il che accadrà dopo 15 mesi dall'avvio del progetto e dopo ben 170 giorni di lavorazione. Come spesso gli accadeva la sua vita privata finì anche in questo caso con l'interferire con il film. L'attrice Lita Grey, scelta per il ruolo femminile, rimase incinta (il matrimonio riparatore in Messico lontano dai riflettori durerà due anni) e venne sostituita con Georgia Hale.
LA CASA STREGATA, nota anche come La casa dei fantasmi (The Haunted House) è una comica muta scritta, diretta e interpretata da Buster Keaton e Eddie Cline (quest'ultimo recita in una piccola parte).
Un impiegato di banca viene rapinato da una banda che ha rifugio in una casa che loro fanno credere stregata a tutti per allontanare la gente dai loro affari.
IL TEATRO (The Playhouse) è un cortometraggio del 1921 diretto da Buster Keaton e Eddie Cline.
Tra i cortometraggi più celebri di Keaton, spicca per l'uso degli effetti speciali che moltiplicano il protagonista in decine di ruoli. L'attore compare in molti di essi contemporaneamente sullo schermo, ben 9 nella sequenza dell'orchestra.
Su questo punto, Keaton scrive nella sua autobiografia: "Nel 1921 per far questo ci volevano dei trucchi fotografici che non erano mai stati provati prima. In quei giorni una doppia esposizione di un attore faceva strabuzzare gli occhi al pubblico, era considerata un miracolo della scienza. Ma i miei operatori riuscirono a mostrare ben nove Buster Keaton sullo schermo allo stesso tempo".
Primo dei suoi film per la First National, venne girato durante la sua convalescenza per la rottura della caviglia avvenuta durante le riprese di La casa elettrica (1922).
LA BARCA (The Boat) è un cortometraggio del 1921 di Buster Keaton e di Eddie Cline.
Il nome della barca (Damfino) è un gioco di parole dall'Inglese, che viene utilizzato da Keaton alla fine del film, per l'ultima battuta. Dopo il naufragio, la moglie gli chiede "Dove siamo?" e lui risponde "Damfino" che è la contrazione di "Damned if I know", cioè "(Che io sia) dannato se lo so".
03 agosto 2021 VIVA LO SPORT (76' - Comico, USA 1925) Regia di Sam Taylor, Fred C. Newmeyer Commento musicale dal vivo Composto ed eseguito da Massimo Giuntoli |
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17 agosto 2021 LA FEBBRE DELL'ORO di Charlie Chaplin (81' - Comico USA 1925) Regia di Charlie Chaplin Commento musicale dal vivo Composto ed eseguito da Gerardo Chimini |
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31 agosto 2021 LA CASA STREGATA (21' - Comico USA 1921) IL TEATRO (22' - Commedia USA 1921) THE BOAT (26' - Comico USA 1921) Regia di Buster Keaton, Eddie Cline Commento musicale dal vivo ensemble Musica nel buio Musiche originali di Marco Dalpane Marco Zanardi, sax tenore, clarinetto - Alberto Capelli, chitarra - Claudio Trotta, batteria - Marco Dalpane, pianoforte e composizione |
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Cortile interno della Rocca Piazza Cesare Battisti 2 - Riva del Garda (TN) In caso di maltempo le proiezioni si svolgono all'Auditorium del Conservatorio |
Ore 21.30 - Ingresso libero. con prenotazione obbligatoria su www.eventbrite.it Prima di ogni proiezione Museo di Riva del Garda. Ingresso libero. 03, 17 e 31.08.2021 ore 20.30 VISITA GUIDATA Intrepidi collegamenti. Mobilità, immagini, cinema e storie dell'Alto Garda tra presente e passato in compagnia del Museo Alto Garda. Ingresso libero, prenotazione obbligatoria su www.eventbrite.it |
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- Pubblicato Mercoledì, 21 Ottobre 2020 23:00
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LA DISSACRANTE IRONIA DEI FRATELLI COEN Arizona Junior (USA 1987) |
A furia di incontrarsi in prigione - lei poliziotta e fotografa dei nuovi ospiti, lui rapinatore di supermarket - Herbert I Mc Donnough ed Edwina si sono sinceramente innamorati. Si sposano ma dal loro matrimonio niente figli. Poiché in città la moglie di Nathan Arizona un ricco commerciante, ne ha avuti addirittura cinque in un parto plurigemellare, loro pensano bene di portarne via uno. Le cose però si complicano, quando una notte arrivano in casa di H.I. i fratelli Gaie ed Evelle Snopes suoi ex-compagni di cella, un po' svitati e ora evasi, ma non tanto stupidi da non capire che il vispo frugoletto - Arizona - che si muove carponi sul pavimento è proprio quello per il quale il padre darà 25.000 dollari a chi lo riporta al nido. Il colpo pare facile e i due evasi fuggono con il piccolo in una corsa spericolata. Durante una rapina ad una banca, se lo perdono per strada, mentre sono inseguiti sia da H.I. e da Edwina disperati quanto decisi a ricuperarlo, sia da un trucibaldo in moto, a cui il commerciante ha dato incarico di ritrovargli il figlio. Nella sarabanda tra corse affannose, lacrime di Edwina e frenesie generali, finisce che i due evasi smarriscono il bambino e il trucibaldo salta per aria (grazie ad una bomba a mano che durante una colluttazione H.I. gli ha staccato dal giubbotto). Il piccolo Arizona viene riportato indenne e sorridente da mamma e papà, con vivo dolore dei genitori i quali rinunciano dignitosamente al compenso. Resta a loro la speranza di avere un giorno - con l'amore - la possibilità di fondare una dinastia.
NOTE
- IL FILM E' STATO UNO DEI PIU' GRANDI SUCCESSI DI CRITICA AL FESTIVAL DI CANNES DEL 1987, DOVE E' STATO PRESENTATO FUORI CONCORSO.
CRITICA
"Film frastornante, in cui c'è di tutto e questo tutto è volutamente dilatato, debordante e slabbrato con immagini e ritmi che puntano sul grottesco e con accenti smaccatamente parodistici. Il cast è valido". (Segnalazioni Cinematografiche)
da: Cinematografo.it Fondazione Ente dello spettacolo
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- Pubblicato Mercoledì, 21 Ottobre 2020 22:30
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LA DISSACRANTE IRONIA DEI FRATELLI COEN Fratello, dove sei? (USA 2000) |
Fratello, dove sei?, ottavo film dei fratelli Joel e Ethan Coen, esce nei cinema nel 2000, due anni dopo il loro precedente lavoro, Il Grande Lebowski.
Con la storia di tre detenuti che evadono per recuperare un tesoro nascosto da uno di loro e, durante il viaggio, vanno incontro a mille peripezie, i registi costruiscono un film fatto di citazioni, riferimenti storici, letterari e musicali, che riesce a tenere tutti gli ingredienti in un equilibrio perfetto. Elemento portante e unificante è l’ironia stralunata e irriverente tipica dei Coen, il cui bersaglio sono, prima di tutto, gli stessi protagonisti.
Odissea e dintorni
Prima fonte per la costruzione della trama è l’Odissea – come dichiarato esplicitamente con la citazione diretta dei primi versi del poema, prima dei titoli di testa –, a cui i Coen hanno affermato di essersi ispirati pur non avendola mai letta integralmente. Anche il poema fondativo della letteratura occidentale è sottoposto però alla “cura Coen”, che consiste in un ribaltamento delle situazioni e dei personaggi all’insegna di quell’ironia che, come si è detto, è la cifra stessa del film. Ecco, dunque, che quell’Odisseo “dal multiforme ingegno”, re e condottiero astuto e valoroso, diventa Everett Ulysses McGill (George Clooney), imbroglione logorroico capace di convincere i suoi ingenui compagni di galera, Pete Hogwallop (John Turturro) e Delmar O’Donnell (Tim Blake Nelson), ad evadere, promettendo loro di spartire il bottino di una rapina. Il fine taciuto da Everett è in realtà quello di tornare da sua moglie Penny (Holly Hunter), che, al contrario della fedele Penelope del poema omerico, è in procinto di risposarsi.
Durante il viaggio i tre si imbattono in ogni genere di (dis)avventure e personaggi che rimandano appunto all’Odissea. Allora l’indovino Tiresia è un vagabondo cieco che predice loro il futuro all’inizio del tragitto; Omero, da aedo che canta le vicende di Odisseo, si trasforma in proprietario di uno studio radiofonico che permette a Everett e compagni di registrare una canzone che li renderà famosi in tutto lo stato; le anime dei morti incontrate nell’Ade sono incarnate da una congregazione religiosa che celebra il battesimo in un fiume; tre splendide ragazze dalla voce incantatrice sostituiscono le sirene; Polifemo è un subdolo venditore di Bibbie con un occhio solo e una grande capacità affabulatoria. Il tutto è calato nella realtà americana degli anni ’30, in un Mississippi duramente colpito dalla grande depressione. È grazie a questo sfondo storico che vengono efficacemente trasfigurati gli episodi omerici, inseriti senza incoerenze nell’ambiente dell’epoca, che si definisce anche grazie a precisi riferimenti come quelli al gangster George “Babyface” Nelson e al chitarrista Tommy Johnson, oppure alla campagna per le elezioni di governatore e al Ku Klux Klan.
Musica e citazioni
Fondamentale è la colonna sonora, vero e proprio connettore del film. La musica è sempre presente, dalla sequenza iniziale con i detenuti che cantano, alla campagna elettorale, fino al raduno del KKK. Molti pezzi sono cantati per intero, come in un musical, primo fra tutti “Man of Constant Sorrow”, la canzone registrata dal gruppo improvvisato dai tre protagonisti e dal chitarrista Tommy Johnson. Un flusso musicale curato da T-Bone Burnett, che si ispira innanzitutto al folk-blues degli Appalachi, senza però escludere gospel, country, blues, swing e bluegrass, riflettendo appieno la realtà musicale dell’epoca.
Uno degli aspetti a cui è più legata la colonna sonora è l’utilizzo della musica nella campagna elettorale, con gruppi musicali che si esibiscono a sostegno dei candidati e il governatore Pappy O’Daniel che riconquista il favore dell’elettorato grazie all’intervento fortuito del gruppo dei protagonisti, i Soggy Bottom Boys (probabile riferimento al gruppo realmente esistito dei Foggy Mountain Boys).
Oltre all’ambito musicale, le citazioni rintracciabili nel film si estendono anche alla letteratura e al cinema, a partire dal titolo stesso, che in originale è O Brother, Where Art Thou?, esplicito riferimento ad un film di Preston Sturges, I Dimenticati (Sullivan’s Travel), in cui il protagonista progetta un film sulla grande crisi a partire da un viaggio per l’America (ma quello dei protagonisti è il rovesciamento del suo, in quanto egli cerca quella povertà da cui Everett e compagni vogliono scappare). Altri film citati sono Il Mago di Oz, Nascita di una Nazione e Nick Mano Fredda, mentre, oltre all’Odissea, in ambito letterario è possibile riconoscere riferimenti a Moby Dick.
Fratello, dove sei? si può quindi definire “una storia costruita su altre storie”, con rimandi e citazioni, che non sminuiscono affatto il risultato, ma al contrario dimostrano come spesso non sia importante la “novità” della trama, quanto la capacità di saperla raccontare in modo diverso. Attraverso un’ironia dissacrante, che non è denigratoria, i Coen si appropriano del materiale narrativo e lo reinventano nel loro stile. L’esito è un film coerente, in cui ogni aspetto è curato e funziona perfettamente, dall’interpretazione sopra le righe degli attori, alla fotografia di Roger Deakins, che, correggendo i colori brillanti fino ad arrivare ad un effetto smorzato e quasi seppia, bilancia visivamente l’esuberanza della trama.
da: http://www.cinemagazzino.it/
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