- Dettagli
- Categoria: Cinema
- Pubblicato Venerdì, 23 Settembre 2016 03:30
Io sono Li (2011) di Andrea Segre |
Shun Li confeziona quaranta camicie al giorno per pagare il debito e i documenti che le permetteranno di riabbracciare suo figlio. Impiegata presso un laboratorio tessile, viene trasferita dalla periferia di Roma a Chioggia, città lagunare sospesa tra Venezia e Ferrara. Barista dell'osteria 'Paradiso', Shun Li impara l'italiano e gli italiani.
Malinconica e piena di grazia trova amicizia e solidarietà in Bepi, un pescatore slavo da trent'anni a bagno nella Laguna. Poeta e gentiluomo, Bepi è profondamente commosso dalla sensibilità della donna di cui avverte lo struggimento per quel figlio e quella sua terra lontana. La loro intesa non sfugge agli sguardi limitati della provincia e delle rispettive comunità, mettendo bruscamente fine alla sentimentale corrispondenza. Separati loro malgrado, troveranno diversi destini ma parleranno per sempre la stessa lingua. Quella dell'amore.
Per quelli che 'fanno il cinema a Roma' e per cui un veneziano vale un triestino, il Veneto è un set popolato da improbabili abitanti che si limita a fare da sfondo a storie italiane altrettanto improbabili. Serviva evidentemente un po' di sangue di quella terra per raccontarne la sorprendente bellezza e per far crescere un film preciso nell'ambientazione e credibile nelle emozioni lambite 'ogni sei ore' dalla Laguna.
Partendo da un luogo esistente, 'provocato', smontato e ricomposto attraverso l'osservazione soggettiva di un'immigrata, Andrea Segre lo mostra nelle concrete trasformazioni stagionali e nelle più sottili conversioni sociali. Contro gli stranieri impersonali e posticci di Patierno e le sue 'cose dell'altro mondo', il documentarista veneto ribadisce quelle di questo mondo e di questa Italia in rapporto dialettico, ostile o conciliato, con l'altro da sé. Un altro che è persona e mai personaggio.
Io sono Li è un'architettura delle posizioni relative tra le figure in campo, al cui centro si colloca la protagonista di Zhao Tao, centrata in ogni dove e concentrata su un proponimento che ha il volto di un bambino di otto anni. Come satelliti le gravitano intorno pescatori cauti e imprenditori (cinesi) rapaci che non la spostano da 'Li', che è insieme identità, punto, momento e baricentro.
Dopo i documentari (Magari le cose cambiano, Il sangue verde, La Mal'ombra, Come un uomo sulla terra) e congiuntamente alla ricerca sociale, Segre debutta nel cinema a soggetto, sposando sentimenti affettivi e sociali con una limpidezza di esposizione che non riesce sempre a scongiurare l'inciampo didascalico. Di fatto, pur romanzando con sensibilità la realtà, il film non è in grado di rimettere in gioco la finzione con la verità, incorrendo troppe volte in formule da dibattito.
Meglio sarebbe stato lasciarsi cullare dalle perifrasi dei sentimenti, così magnificamente comprese nell'interpretazione implosa di Zhao Tao e in quella lirica di Rade Šerbedžija. Portatore sano della condizione umana di straniero lui, portatrice pudica lei del cinema poetico e reale di Zhangke, del cambiamento epocale della Cina e dell'incanto a cui rinuncia per cambiare anima.
Marzia Gandolfi
Da http://www.mymovies.it
Scheda film |
|||
|
|||
PRODUZIONE | Italia, Francia | ||
LINGUA ORIGINALE | Italiano, chioggiotto, cinese (alcuni dialoghi in croato) | ||
ANNO | 2011 | ||
DURATA | 100' | ||
COLORE | Colore | ||
AUDIO | Sonoro (Dolby Digital) | ||
RAPPORTO | 2,35 : 1 | ||
GENERE | Drammatico | ||
REGIA | Andrea Segre | ||
INTERPRETI E PERSONAGGI |
Zhao Tao: Shun Li Rade Šerbedžija: Bepi Marco Paolini: Coppe Giuseppe Battiston: Devis Roberto Citran: Avvocato |
||
SCENEGGIATURA |
Andrea Segre, Marco Pettenello |
||
FOTOGRAFIA | Luca Bigazzi | ||
MONTAGGIO | Sara Zavarise | ||
PREMI |
2 Premi Bif&st: miglior film, miglior direttore della fotografia (Luca Bigazzi) Est Film Festival 2012: miglior film |
||
- Dettagli
- Categoria: Cinema
- Pubblicato Venerdì, 23 Settembre 2016 03:00
|
Mi ricordo, sì io mi ricordo (1997) di Anna Maria Tatò |
In Portogallo, nelle pause e nel tempo libero del film (Viaggio all'inizio del mondo) che sta girando con Manuel De Oliveira, Marcello Mastroianni si confessa davanti alla macchina da presa. Come in un flash-back, ripercorre tutta la propria vita: dall'infanzia ai rapporti con i genitori alla scoperta del cinema come spettacolo, dalle prime particine come comparsa alla scelta dell'attore come 'mestiere'.
E poi le letture, gli autori, il teatro, l'Italia uscita dalla guerra mondiale, i colleghi, la feconda collaborazione con Federico Fellini, la fama di 'latin lover' da cui non è riuscito a liberarsi. Fino all'oggi, e al compleanno festeggiato sul set e con tutta la troupe a fargli gli auguri.
Da https://www.comingsoon.it
La morte di Marcello Mastroianni ha prodotto lacrime di coccodrillo in quantità industriale. L'attore, che non riusciva più a lavorare in Italia perché ritenuto non remunerativo per il botteghino, è stato osannato post mortem. È un destino comune a molti, purtroppo.
Anche questo documentario non sfugge ai sospetti e alle recriminazioni all'interno delle "famiglie" di Marcello. Anna Maria Tatò ha avuto comunque riconosciuti i diritti di sfruttamento dell'immagine dell'attore e ci propone un film che resta, al di là delle polemiche, un documento prezioso.
Sia nella versione breve (priva di molto materiale da cineteca) sia in quella più ampia Mastroianni gioca con il proprio personaggio con la sorniona abilità che gli era congeniale. Parla di memoria, di vecchiaia, di amore e di interrogativi esistenziali come se la macchina da presa venisse messa tra parentesi. Sta dialogando, al contempo, con noi, con se stesso, con un mondo che gli sta ormai alle spalle.
L'ombra che apre il film è un segno tangibile della presenza impalpabile dell'attore. Una presenza che si colloca di diritto nella storia del cinema e alla cui esplorazione questo film dà un importante contributo.
Da http://www.mymovies.it
Scheda film |
|||
|
|||
PRODUZIONE | Italia | ||
ANNO | 1997 | ||
DURATA | 198' | ||
COLORE | Colore | ||
AUDIO | Sonoro | ||
RAPPORTO | 1,85:1 | ||
GENERE | Documentario | ||
REGIA | Anna Maria Tatò | ||
INTERPRETI E PERSONAGGI |
|
||
SCENEGGIATURA | Anna Maria Tatò | ||
FOTOGRAFIA | Giuseppe Rotunno | ||
MONTAGGIO | Anna Maria Tatò | ||
MUSICHE | Armando Trovajoli | ||
- Dettagli
- Categoria: Cinema
- Pubblicato Venerdì, 23 Settembre 2016 02:30
Non sposate le mie figlie! (2014) di Philippe de Chauveron |
Claude e Marie Verneuil sono una coppia borghese, cattolica e gollista. Genitori di quattro figlie, tre delle quali coniugate rispettivamente con un ebreo, un arabo e un asiatico, vivono nella loro bella proprietà in provincia e pregano dio di maritare la quarta con un cristiano. La loro preghiera viene esaudita. Euforici all'idea di celebrare finalmente un matrimonio cattolico, ignorano che Charles, il futuro marito della figlia minore, ha origini ivoriane. Alla delusione si aggiunge l'animosità del padre di Charles, ex militare intollerante e insofferente alla colonizzazione europea dell'Africa. Tra provocazioni, alterchi e vivaci scambi di vedute, l'amore avrà naturalmente la meglio.
Nel 1967 in America usciva il film di Stanley Kramer, Indovina chi viene a cena?, una storia d'amore 'in bianco e nero' (ma a colori) che sceglieva il registro della commedia per parlare di un conflitto in quegli anni tutt'altro che risibile: l'incrocio sessuale delle razze. Se il padre di Spencer Tracy doveva lottare con la propria coscienza e col medico nero di Sidney Poitier, che chiedeva consenso e benedizione per sposare la sua Joanna, monsieur Verneuil ha deposto le armi e accettato di buon grado i matrimoni delle sue figlie con l'altro, con gli altri. A Claude e Marie Verneuil non resta adesso che una cena in città in cui accomodare l'ultimo genero, finalmente cattolico e già adorato perché si chiama Charles, come il presidente de Gaulle. Ma il loro Charles, nero, ivoriano e in procinto di sposare la loro quarta figlia, è la goccia che fa traboccare il vaso e il razzismo ordinario che sta alla base del successo della commedia multietnica di Philippe de Chauveron.
Commedia francese che gioca sull'identità, la differenza, la religione, il razzismo e naturalmente i matrimoni misti, parlando ai comunisti e ai gollisti, o più genericamente alla sinistra e alla destra. Muovendosi nemmeno troppo sottilmente tra immigrazione e integrazione, tra antisemitismo e globalizzazione, materia di ardente attualità nella società francese, Non sposate le mie figlie esibisce cliché e tabù e sviluppa l'opinione rimarcata dal personaggio di David Benichou secondo cui siamo tutti in fondo un po' razzisti. Soprattutto gli uomini, le donne viceversa nel film sembrano meno permeabili ai pregiudizi e istintivamente inclini alla tolleranza e all'alterità. Grande successo della stagione cinematografica francese appena trascorsa, Non sposate le mie figlie ha raccolto (ap)plauso e consenso anche fuori dai confini nazionali, in virtù della regia, della sceneggiatura, della performance attoriale ma soprattutto del tema sociale svolto, che trova eco in altri territori di immigrazione.
Lontano dalla temperata ironia di Indovina chi viene a cena?, Non sposate le mie figlie condivide nondimeno col film di Kramer, uno, due, tre e quattro generi rassicuranti. Generi a cui le due commedie assicurano un normale statuto sociale e professionale, ieri nel segno di un avvenuto integrazionismo kennedyano, oggi in quello dell'immigration choisie (l'immigrazione selettiva e discriminatoria), predicata da Nicolas Sarkozy durante la campagna presidenziale del 2012. Immigrazione che privilegia i lavoratori qualificati e utili all'economia nazionale, proprio come i generi di monsieur Verneuil, imprenditori, avvocati, banchiere, attori, che dimostrano di essere persone importanti, di fare cose importanti, che rassicurano le convinzioni civili dei suoceri e dei consuoceri, neanche a dirlo ricchi, borghesi ed evidentemente intolleranti ai francesi colonialisti e sfruttatori.
Intorno a un tavolo e davanti a un bicchiere di vino francese si risolvono poi le contraddizioni di questa commedia corale, che predica una chance (gli immigrati sono francesi come gli altri e hanno gli stessi diritti degli altri, il matrimonio è una cosa buona e bella e tutti siamo fratelli) e poi bazzica un patriottismo un po' desueto, forzando tout le monde a dichiarare l'orgoglio nazionale con la mano sul cuore. Non sposate le mie figlie alleggerisce con la risata ecumenica l'inquietudine e le contraddizioni che agitano la società francese, 'celebrando' col matrimonio un sentimento di disagio condiviso. È il razzismo partecipato a renderci davvero simili. Integrazione raggiunta insomma, non contro il pregiudizio ma grazie al pregiudizio.
Marzia Gandolfi
Da http://www.mymovies.it
Scheda film |
|||
|
|||
TITOLO ORIGINALE | Qu'est-ce qu'on a fait au Bon Dieu? | ||
PRODUZIONE | Italia, Francia | ||
LINGUA ORIGINALE | Francese | ||
ANNO | 2014 | ||
DURATA | 97' | ||
COLORE | Colore | ||
AUDIO | Sonoro (Dolbi digital) | ||
RAPPORTO | 1,85 : 1 | ||
GENERE | Commedia | ||
REGIA | Philippe de Chauveron | ||
INTERPRETI E PERSONAGGI |
Christian Clavier: Claude Verneuil Chantal Lauby: Marie Verneuil Ary Abittan: David Benichou Frédéric Chau: Chao Ling Frédérique Bel: Isabelle Verneuil Élodie Fontan: Laure Verneuil Medi Sadoun: Rachid Benassem Noom Diawara: Charles Koffi Julia Piaton: Odile Verneuil Emilie Caen: Ségolène Verneuil |
||
DOPPIATORI ITALIANI | Dario Oppido: Claude Verneuil Dania Cericola: Marie Verneuil Ruggero Andreozzi: David Benichou Paolo De Santis: Chao Ling Debora Magnaghi: Isabelle Verneuil Gea Riva: Laure Verneuil Lorenzo Scattorin: Rachid Benassem Luca Ghignone: Charles Koffi Chiara Francese: Odile Verneuil Jasmine Laurenti: Ségolène Verneuil |
||
SOGGETTO | Philippe de Chauveron, Guy Laurent | ||
SCENEGGIATURA | Philippe de Chauveron, Guy Laurent | ||
FOTOGRAFIA | Vincent Mathias | ||
MONTAGGIO | Sandro Lavezzi | ||
MUSICHE | Marc Chouarain | ||
- Dettagli
- Categoria: Cinema
- Pubblicato Venerdì, 23 Settembre 2016 02:00
|
Divorzio all'italiana (1961) di Pietro Germi |
In un cittadina della Sicilia il barone Ferdinando Cefalù, detto Fefè (Marcello Mastroianni) è "infelicemente" coniugato con Rosalia (Daniela Rocca), una donna bruttina che lo ama appassionatamente.
Fefè però è innamorato della cugina sedicenne Angela (Stefania Sandrelli) e non potendo ricorrere al divorzio, non ammesso dalla legge italiana, decide di ricorrere al cosiddetto "Delitto d'onore", ma per farlo dovrà prima trovare un amante alla moglie così da poterli sorprendere insieme, ucciderli e scontata una lieve pena per motivo d'onore sposare finalmente l'amata Angela, ma il piano non andrà come Fefè spera e le cose si complicheranno...
Divorzio all'italiana segna la seconda incursione del regista Pietro Germi nella commedia dopo aver girato La presidentessa e aver diretto una decina di film drammatici che hanno incluso diversi polizieschi dalle atmosfere noir. Il risultato è una graffiante satira di un'Italia di provincia e in particolare di una Sicilia agli antipodi ancora legata ad un'idea di società maschilista che includeva una follia legislativa come il "Delitto d'onore".
Naturalmente gran parte del merito va ad un Marcello Mastroianni particolarmente ispirato che caratterizza un personaggio che viaggia sul filo della parodia senza mai abusarne e ad un volenteroso cast di supporto ligio al dovere, capace di creare un parterre di intriganti personaggi "collaterali" indispensabili al dipanarsi della trama, su cui spicca una Daniela Rocca versione "bruttina".
Il film è ispirato in chiave satirica al romanzo drammatico "Un delitto d’onore" di Giovanni Arpino.
Presentato in concorso al Festival di Cannes 1962 vinse il premio come miglior commedia. Vinse anche 1 Premio Oscar per la miglior sceneggiatura originale, 2 Golden Globe per il Miglior film straniero e il miglior attore in un film commedia a Marcello Mastroianni e 1 Premio BAFTA per il migliore attore straniero ancora a Mastroianni.
Il film è stato inserito nella lista dei 100 film italiani da salvare. Nel 1962 il National Board of Review of Motion Pictures l'ha inserito nella lista dei migliori film stranieri dell'anno.
Da http://www.cineblog.it
Scheda film |
|||
PRODUZIONE | Italia | ||
ANNO | 1961 | ||
DURATA | 105' | ||
COLORE | Bianco e nero | ||
AUDIO | Mono (Westrex Co. System) | ||
RAPPORTO | 1,85:1 | ||
GENERE | Commedia | ||
REGIA | Pietro Germi | ||
INTERPRETI E PERSONAGGI |
|
||
DOPPIATORI ITALIANI |
|
||
SOGGETTO | Ennio De Concini, Pietro Germi, Alfredo Giannetti | ||
SCENEGGIATURA | Ennio De Concini, Pietro Germi, Alfredo Giannetti | ||
PRODUTTORE | Franco Cristaldi | ||
FOTOGRAFIA | Leonida Barboni, Carlo Di Palma | ||
MONTAGGIO | Roberto Cinquini | ||
MUSICHE | Carlo Rustichelli | ||
SCENOGRAFIA | Carlo Egidi | ||
- Dettagli
- Categoria: Cinema
- Pubblicato Domenica, 19 Giugno 2016 21:58
04.07.2016 FROZEN NORTH IL NORD GHIACCIATO (1922) THE BALLOONNATIC IL MATTO SUL PALLONE (1923) Regia di Buster Keaton, Eddie Cline Commento musicale dal vivo: - Marco Dalpane, pianoforte - Marco Zanardi, sax tenore e clarinetto 13.07.2016 THE CAMERAMAN IL CAMERAMAN (1928) Regia di Buster Keaton, Eddie Cline Commento musicale dal vivo: - Marco Dalpane, pianoforte - Alberto Cappelli, chitarra elettrica 18.07.2016 DER KILOMETERFRESSER IL MACINACHILOMETRI (1924) Regia di Karl Imelsky Sarà presente il Ciné Museum di Bolzano con un’esposizione di materiale cinematografico d’epoca. Riva del Garda Galleria S. Giuseppe Ore 21.30 Ingresso libero | Free admission |
|
In galleria San Giuseppe dal 4 al 18 luglio tre proiezioni propongono quattro pellicole che rappresentano altrettante tappe nella storia del cinema. E' la mini rassegna cinematografica «Cinema Estate», proposta dal Comune di Riva del Garda a cura del Centro culturale «La Firma» e la collaborazione della Federazione italiana Cineforum. Le proiezioni iniziano alle ore 21.30 e l'ingresso è libero.
Primo appuntamento lunedì 4 luglio con due cortometraggi muti diretti ed interpretati da Buster Keaton: «Il nord ghiacciato» (The Frozen North) del 1922 (durata 17 minuti) e «Il matto sul pallone» (The Balloonatic) del 1923 (22 minuti).
Le proiezioni sono accompagnate da un commento musicale realizzato dal vivo di Marco Dalpane al pianoforte e Marco Zanardi al sax tenore e clarinetto.
Mercoledì 13 luglio la proposta è un altro film muto diretto e interpretato da Buster Keaton: «Il cameraman» (The cameraman) del 1928 (67 minuti). La proiezione avviene con il commento musicale dal vivo di Marco Dalpane al pianoforte e Marco Zanardi al sax tenore e clarinetto.
Si conclude lunedì 18 luglio con la proiezione del film «Il macinachilometri» (Der Kilometerfresser) di Karl Imelsky interpretato da Ernst Ganauser. Con l'occasione il Ciné Museum di Bolzano presenta un’esposizione di materiale cinematografico d’epoca.
- Dettagli
- Categoria: Cinema
- Pubblicato Domenica, 19 Giugno 2016 19:11
DER KILOMETERFRESSER 50 anni prima di Easy Rider. 70 anni almeno dal National Geographic Channel. Der Kilometerfresser, tradotto in ital A bordo di una Norton, storica motocicletta inglese anni ’20, compie un forsennato e lungo viaggio per i luoghi più importanti dell’epoca. Inizia la sua avventura, che durerà 14 giorni e 6000 chilometri, attraversando la Svizzera e l’Italia, fermandosi a Milano, Genova, Viareggio per poi tornare su nel nord-est e incontrare i territori ancora distrutti dalla guerra. Per quei tempi questo film rappresenta l’apice del cosiddetto cinema di impresa; non per nulla a Ganauser sembra non mancare mai l’energia. Un super-uomo che non solo attraversa in moto le nazioni in tempo di record ma che ama anche andare in canoa sul Danubio e scalare, in tempi record, il Großglockner, cima austriaca più alta. Il tutto sfidando sul tempo un suo amico giornalista che viaggia in auto. Ma la pellicola non è solo l’apologia della sportività, della forze e della volontà dell’austriaco ma anche una spettacolare cartolina del mondo, capace di mostrare posti sconosciuti e popoli diversi, con le loro usanze e tradizioni caratteristiche, con i loro modi di fare bizzarri e a volte persino esotici. Dubito che l’obiettivo iniziale del film, nel 1925, fosse principalmente questo; forse era solo importante sottolineare il valore epico dell’impresa di Ganauser. Ma oggi Der Kilometerfresser, che dopo il restauro di qualche anno fa mantiene un ottima qualità video, è senza dubbio un film da recuperare, sopratutto per i più curiosi e nostalgici. da: http://www.sconfinare.net/ |
||
|
titolo originale | Der Kilometerfresser | ||||
regia | Karl Imelsky | ||||
interpreti | Ernst Ganauser | ||||
genere | Documentario, avventura | ||||
durata | 100 minuti | ||||
produzione | Austria | ||||
anno | 19 | ||||
Altri articoli...
- The Cameraman
- Frozen North - The Balloonatic
- Lunedì cinema - Cineforum 2015 2016
- Totò Peppino e la... malafemmina
- Brevi amori a Palma di Maiorca
- Il grido
- Mogli pericolose
- Gli anni spezzati
- Joyeux Noel
- La regina d'Africa
- Quarto potere
- Lorgoglio degli Amberson
- Rapporto confidenziale
- L'infernale Quinlan
- Sciarada
- L’erba del vicino è sempre più verde
- Due per la strada
- Indiscreto
- Sei donne per l'assassino
- L'uccello dalle piume di cristallo