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- Categoria: Cinema
- Pubblicato Domenica, 02 Ottobre 2022 13:13
martedì DOCUFILM
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tutti i martedì di ottobre dalle 21.00 all'auditorium
del conservatorio di Riva del Garda
Durante i martedì di ottobre proietteremo quattro documentari dedicati ad altrettanti fotografi famosi. Si comincia martedì 4 ottobre con un omaggio ad una grandissima fotografa italiana da poco scomparsa, Letizia Battaglia. Proseguiremo poi con Robert Frank, Annie Leibovitz e Robert Mapplethorpe.
Vita e carriera di Letizia Battaglia, fotografa palermitana e fotoreporter per il quotidiano L’Ora, raccontata con taglio intimo e privato, a partire dalla sua turbolenta giovinezza. Dal lavoro sulle strade per documentare i morti di mafia, all’impegno in politica con i Verdi e la Rete, Battaglia è stata una figura fondamentale nella Palermo tra gli anni Settanta e Novanta.
“Sono sempre stata una donna in lotta, senza saperlo”. Così dice di sé la siciliana Letizia Battaglia, 84 anni e la testa lucidissima, nel documentario rivelatorio che le dedica Kim Longinotto, regista dal curriculum militante, figlia di un fotografo italiano.
Realizzato montando interviste recenti con spezzoni di film, filmini amatoriali e foto realizzate da Battaglia nel corso della sua lunghissima carriera, Longinotto innesca il racconto portando subito lo spettatore al cuore della donna che domina lo schermo - fisico possente, caschetto tra il rosso e il rosa, sguardo vivace - dipingendo il ritratto esplosivo, in pieno post #metoo, di una gigantessa dell’emancipazione femminile.
Sposata prestissimo, a 16 anni, Battaglia tradisce e lascia il marito, dal quale rischia di farsi sparare addosso (“La sua storia la sapeva tutta Palermo”), e approda alla fotografia solo dopo aver compiuto quarant’anni. Sono gli anni Settanta, quelli della Palermo in cui “capitavano anche cinque omicidi al giorno”, e lei riesce a farsi assumere, prima donna in Italia, come fotoreporter al giornale L’Ora. Le sue foto, rigorosamente in bianco e nero, ritraggono i morti della mafia ma anche i mafiosi in pieno volto, spesso umiliati dai suoi scatti negli attimi successivi all’arresto.
Quel che interessa a Longinotto - ben consapevole della fascinazione che ancora oggi i padrini corleonesi esercitano all’estero - è l’approccio di Battaglia ai suoi soggetti. Il fatto, cioè, che vedesse (e ritraesse) la mafia per quel che era: “gente sciatta e vestita male”, lontana dall’epica moderna del gangster-chic, di cui era inevitabile avere paura. “La mafia a Palermo è ovunque - avverte apocalittico un giornalista inglese in una delle corrispondenze montate all’interno del film - anche al cimitero”.
(da: Mymovies.it)
Robert Frank ha rivoluzionato la fotografia e il cinema indipendente. Ha documentato miniere e minatori gallesi, indiani, peruviani, banchieri di Londra e americani. Ha rivelato con onestà, senza batter ciglio la discesa nelle profondità del suo io più solitario e nascosto.
Irriverente, ironico, iconoclasta, l’artista è raccontato nel film documentario di Laura Israel. Robert Frank inizia la sua carriera con la fotografia di moda, a cui affianca una prolifica attività di reporter che lo porta a viaggiare in Perù, Bolivia, Europa. Nel 1955 è il primo fotografo europeo a ricevere la borsa di studio della Fondazione Solomon R. Guggenheim di New York grazie alla quale intraprende un lunghissimo viaggio negli Stati Uniti scattando, in un solo anno, oltre 24.000 fotografie.
La storia di Robert Frank è segnata da una storica collaborazione con la Beat Generation, dirigendo nel 1959 il suo primo film, Pull My Daisy, e realizzando successivamente documentari con i Rolling Stones, Tom Waits, Joe Strummer e Patti Smith. Dalla metà degli anni Settanta la sua fotografia si allontana dai reportage, a cui si sostituiscono collage, vecchie fotografie, fotogrammi, polaroid su cui Frank scrive, graffia e incide. Nel 1994 dona gran parte del suo materiale artistico alla National Gallery of Art di Washington che crea la Robert Frank Collection: è la prima volta che accade per un artista vivente.
Ad oggi Robert Frank è uno degli esponenti più osannati ed importanti della fotografia americana soprattutto grazie a The Americans, un ritratto cupo e disordinato dell’identità di una nazione difficile da sondare, caratterizzata da forti contrasti, vitalità, ipocrisie ed una vera ossessione per i suoi stessi simboli.
(da: Mymovies.it e Pistoiamusei.it)
Barbara Leibovitz, sorella di Annie Leibovitz, fornisce un ritratto di quella che è ritenuta da molti la più grande fotografa del nostro tempo ripercorrendo la sua brillante carriera, dalle foto realizzate nelle Filippine durante la guerra del Vietnam alla lunga collaborazione con Rolling Stone, per il quale ha realizzato alcuni tra i servizi fotografici più celebri e inconfondibili di tutti i tempi, per arrivare ai numerosi ritratti di alcuni dei personaggi più famosi dell'epoca. Il tutto integrato con una raccolta di interviste ai conoscenti, ai familiari e ai personaggi da lei immortalati.
l documentario diretto dalla sorella Barbara nel 2006 è un ritratto di 90 minuti di colei che molti ritengono la più grande fotografa del nostro tempo e ripercorre la carriera della fotografa americana di origini ebraiche, dalle sue prime foto scattate nella base americana delle Filippine durante la guerra del Vietnam alla sua collaborazione decennale con Rolling Stone, di cui ha contribuito a creare lo stile inconfondibile. Celebre la copertina con John Lennon nudo abbracciato a Yoko Ono vestita, o quella con i Fletwood Mac stesi su un letto. Nel 1991 la sua copertina per Vanity Fair che ritraeva Demi Moore nuda e incinta suscitò grande scandalo. Nel 1993, su invito di Susan Sontag (con cui ebbe una relazione sentimentale fino alla morte di quest’ultima, nel 2004) fotografò gli orrori della guerra a Sarajevo.
Il documentario alterna immagini d’archivio, riprese della fotografa al lavoro sui set fotografici e interviste a colleghi, familiari e celebrità che sono state immortalate dal suo obiettivo, tra cui i Rolling Stones, Whoopi Goldberg, Yoko Ono, Demi Moore, Hillary Clinton, Arnold Schwarzenegger, Patti Smith, Mikhail Baryshnikov.
(da: Mymovies.it e Rai.it)
Settembre 1989. Al congresso degli Stati Uniti vengono accusati di oscenità gli scatti di nudo maschile, già esposti con reazioni molto controverse, di Robert Mapplethorpe, morto di AIDS a marzo dello stesso anno. Oggi, con accesso totale all'archivio del fotografo, i due autori indagano le motivazioni alla base della sua opera.
Un artista demonizzato in vita, da umanizzare post mortem. Un uomo sospeso tra dimensione angelica e diabolica. Non ci sono sfumature in Mapplethorpe, documentario che sfrutta pienamente e dà una nuova vita all'opera di uno dei fotografi più importanti della seconda metà del Novecento. Merito della Fondazione, istituita in vita dallo stesso autore, per la ricerca sull'AIDS e la fotografia d'arte, che nel 2011 ha donato l'opera omnia al Getty Museum e al Lacma (Los Angeles County Museum of Art). Comprese le registrazioni audio e i (rari) appunti del fotografo, fonti preziosissime della sua ispirazione.
Finché i registi si attengono al documento, Mapplethorpe è una visione molto istruttiva: seguiamo il ragazzo del Queens che si iscrive alla scuola d'arte di Brooklyn e la presa di consapevolezza graduale che avviene in lui, alla ricerca di una propria cifra espressiva. Prima l'arte figurativa, il collage, l'assemblaggio, sperimentati febbrilmente tra le insicurezze psicologiche ed economiche del periodo bohemien anche al leggendario Chelsea Hotel con la prima musa e coetanea Patti Smith, poi i primi esperimenti con la Polaroid fino alla sua riconoscibile Hasselblad. In transito continuo verso la scoperta di sé, vero fine e strumento della ricerca di un artista, anche tramite la frequentazione dei club sadomaso di New York. Per arrivare alla progressiva affermazione nel mondo delle gallerie, favorita da una rete di buone relazioni con il jet set internazionale. Senza mai interessarsi troppo alle questioni tecniche quanto piuttosto a sorpassare i limiti del rappresentabile. Supportato da molte voci - celebrità, giornalisti, conoscenti e amanti - si delinea il profilo di un artista ambizioso, disilluso, perfezionista, instancabile, egocentrico ma spietatamente onesto con sé e con gli altri.
Assodati i traguardi raggiunti da Mapplethorpe: aver portato la fotografia ad essere considerata forma d'arte, e di pari passo aver fatto avanzare la voce della comunità omosessuale, e quindi, più in generale, la libertà sessuale di tutto il Paese. Bailey e Barbato lo sottolineano a più riprese, dando il giusto spazio alle immagini, soprattutto quelle, meno esposte e censurate dalla politica conservatrice, del Portfolio X (tredici scatti di erotismo esplicito).
(da: Mymovies.it)
Riva del Garda - Auditorium del Conservatorio Largo G. Marconi 5 - Riva del Garda (TN) Inizio proiezioni ore 21.00 - Ingresso libero Per informazioni: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. Associazione Culturale La Firma > Sito internet > Facebook Associazione Fotografica Il Fotogramma > Sito internet > Facebook |
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