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- Pubblicato Lunedì, 14 Novembre 2022 21:07
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100 TOGNAZZI 100 La marcia su Roma (Italia 1962) |
Il 28 ottobre 1922 le sorti politiche e civili dell’Italia cambiarono drasticamente a causa della cosiddetta Marcia su Roma, l’insurrezione organizzata dal Partito Nazionale Fascista al fine di ottenere il potere con la forza. Obiettivo che Benito Mussolini, capo del partito, riuscirà ufficialmente a raggiungere il 30 ottobre, quando il re Vittorio Emanuele III incaricò il Duce di formare un nuovo governo.
Dino Risi, uno dei maggiori esponenti dell’intramontabile commedia all’italiana, nel 1962 realizzò un film dal titolo La marcia su Roma, nel quale il regista de Il sorpasso e I mostri raccontava in modo ironico e satirico l’avvenimento citato poc’anzi. Il lungometraggio in questione vede come protagonisti Domenico e Umberto, due ex commilitoni, interpretati rispettivamente da Vittorio Gassman e Ugo Tognazzi, che vengono assoldati per far parte delle cosiddette Camicie nere. I due appaiono da subito come individui ignoranti e oziosi molto facili al plagio.
Domenico (Gassman) è un romano indolente e qualunquista che vive di espedienti mentre Umberto (Tognazzi) è un ingenuo contadino disoccupato che vive a carico del cognato. Insieme ad altri squadristi cominciano questa improbabile marcia su Roma durante la quale si alternernano sequenze comiche ad altre drammatiche come nella migliore tradizione del nostro cinema.
Dino Risi scandaglia il fascismo e lo ridicolizza mettendo in evidenza il fatto che la maggior parte degli aderenti a questa corrente politica erano persone analfabete e facilmente influenzabili. Pertinente a tal proposito risulta il seguente aforisma del noto filosofo britannico Bertrand Russell: “Il passo successivo (in un movimento fascista) è quello di affascinare gli sciocchi e mettere la museruola agli intelligenti, con l’eccitazione emotiva da un lato e il terrorismo dall’altra.”
Da antologia risultano le sequenze in cui Umberto, il quale durante la pellicola tiene costantemente tra le mani il programma elettorale del partito, sbarra progressivamente i punti che non vengono rispettati. La premiata coppia Gassman/ Tognazzi come sempre fa faville; la romanità spaccona e al contempo generosa del primo ben si sposa con il candore e la vigliaccheria del secondo. Domenico e Umberto sono due antieroi che cercano goffamente di destreggiarsi in una società improntata all’ottusità e all’imbarbarimento.
Risulta doveroso menzionare altri componenti del cast come Mario Brega e Liù Bosisio tra i tanti.
Come asserì il compianto drammaturgo italiano Pier Paolo Pasolini a proposito di quegli anni: “L’Italia sta marcendo in un benessere che è egoismo, stupidità, incultura, pettegolezzo, moralismo, coazione, conformismo: prestarsi in qualche modo a contribuire a questa marcescenza è ora, il fascismo.”
La marcia su Roma è un’opera figlia de La Grande Guerra di Mario Monicelli e Tutti a casa di Luigi Comencini, due lungometraggi divenuti cult in cui si analizzavano in forma di commedia all’italiana la prima e la seconda guerra mondiale. Dino Risi ancora una volta ci offre magistralmente lo spaccato di un periodo storico decisivo nella storia del nostro paese.
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- Pubblicato Lunedì, 14 Novembre 2022 20:47
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LUIGI COMENCINI, IL REGISTA DELL'INFANZIA Voltati Eugenio (Italia Francia 1980) |
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- Pubblicato Lunedì, 14 Novembre 2022 20:37
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LUIGI COMENCINI, IL REGISTA DELL'INFANZIA Incompreso (Italia 1966) |
Un classico del melodramma strappalacrime, diretto con molto pudore e garbo da un Comencini in ottima forma. Il film è tratto da un romanzo della scrittrice inglese Florence Montgomery che lessi anch’io durante la mia infanzia, e pur con vari accorgimenti legati al cambio di ambientazione (la storia originale si svolgeva in Inghilterra nel XIX secolo), le dinamiche della trama sono rimaste le stesse.
Al centro della vicenda un console inglese a Firenze rimasto prematuramente vedovo con due figli a carico, di cui trascura il primo, in realtà molto bisognoso delle sue attenzioni e del suo affetto, e vizia un po’ troppo il secondo, una piccola peste capace di combinare solo guai a catena, anche se il padre tende a prendersela, puntualmente, con il primogenito. Una delle migliori qualità del film è quella di aver posto al centro della scena due bambini credibili, osservati dall’occhio della cinepresa nei loro rituali quotidiani, nei loro giochi, ma per quanto riguarda Andrea anche nel suo disperato tentativo di stabilire una comunicazione autentica col padre, tentativo destinato continuamente a fallire, tranne nel tragico finale. La figura del padre, dal canto suo, funziona perché non è mai caratterizzata come un classico “cattivo”, ma semplicemente come un uomo sofferente per la morte della moglie che si trova impreparato a gestire la responsabilità di crescere da solo due figli e commette una serie di errori, più per superficialità che per cattiveria. Il contributo degli attori risulta importante, così come l’attenta direzione del regista: Anthony Quayle è assai misurato e convincente nel ruolo del console, i due bambini sono bravi, in particolare Stefano Colagrande nel ruolo di Andrea, un’interpretazione sensibile e ricca di sfumature da annoverare fra le migliori interpretazioni di un attore bambino del cinema italiano (in seguito Colagrande ha abbandonato completamente lo schermo per dedicarsi alla professione di medico).
Certo, soprattutto nell’ultima parte è inevitabile che lo spettatore si sciolga in lacrime, ma mi sembra che Comencini abbia sempre rispettato i limiti del buon gusto e della sensibilità di un autentico “cinema popolare” che oggi non esiste più; rispetto ad altri film analoghi di quegli anni che puntarono sul patetismo come “Love story”, “Incompreso” ne esce vincente. Da menzionare la fotografia di Armando Nannuzzi vincitrice di un Nastro d’Argento e la colonna sonora di Fiorenzo Carpi, con un ricorrente tema musicale impregnato di malinconia che contribuisce molto all’atmosfera piuttosto triste di diverse sequenze; per contrasto, però, la scena della gita in bicicletta a Firenze per comprare il regalo di compleanno al padre è commentata da una musica molto allegra e vivace, sempre perfettamente funzionale.
Insieme a “Le avventure di Pinocchio” resta il più bel film sull’infanzia del regista, bravo quasi come Truffaut a descriverci gioie e dolori di quel periodo fondamentale della vita di una persona.
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