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IL MONDO DI JACQUES TATI
Mio zio (FRANCIA 1958)



Gérard Arpel vive con i genitori in una villa in cui dominano la modernità e la plastica ma preferisce la compagnia dello zio materno Hulot il quale lo porta con sé nel vecchio quartiere della città in cui ha la sua abitazione. I signori Arpel cercano in tutti i modi di accasare il congiunto e di trovargli un lavoro affinché metta fine al suo stile di vita che ritengono stravagante.
Con il Premio della Giuria a Cannes e l'Oscar quale miglior film straniero Tati consegue, grazie a questo film, quel riconoscimento internazionale che gli consentirà di avere una totale libertà di azione per il suo futuro lavoro. Va detto che per arrivare all'Oscar mette in atto una strategia accurata con un doppiaggio in inglese e con alcune scene differenti rispetto alla versione europea. Gli americani gli proporranno un contratto con molti zeri per un film con Sophia Loren dal titolo "Mr. Hulot Goes West" ma Tati risponderà che all'Ovest preferisce l'Est, lasciandosi alle spalle qualsiasi possibilità di collaborazione con Hollywood.
Mio Zio - Jacques Tati 1958Dove sta un così forte potere di attrazione del film e del suo personaggio? Sta innanzitutto nel fatto che, dopo il paese di Giorno di festa e la località balneare di Le vacanze di Monsieur Hulot si affronta finalmente in modo frontale la dimensione urbana. Tati/Hulot diventa così il portabandiera di chi non si vuole integrare, di chi non vuole accettare come positiva una modernità assurta ad idolo da parte di quelli che vogliono dare di sé un'immagine costruita ad hoc. Il tormentone della fontana con getto d'acqua nel giardino degli Arpel (che è tenuta inattiva e viene 'accesa' solo se arriva un ospite che si vuole stupire) ne è l'emblema. Hulot però non è un rivoluzionario, è piuttosto un cane sciolto (come quelli che simbolicamente aprono e chiudono il film inseguiti dal loro consimile con cappottino in cerca di libertà). Non a caso il piccolo Gérard trova in lui quel respiro vitale che, in una casa in cui si mangia un uovo come se si fosse in un freddo ospedale, fa desiderare frittelle consumate in libertà. Tati contrappone i due aspetti dell'urbanizzazione (uno in cui la dimensione umana ha ancora un suo rilievo e l'altro in cui tutto si riduce a formalismo ed automatizzazione) ma non deve essere ascritto d'ufficio a un passatismo fine a se stesso. Basti pensare che lo scenografo Jacques Lagrange immagina la villa degli Arpel seguendo canoni architettonici che sono solo falsamente moderni in quanto risalgono all'International Style che ebbe il suo momento di fulgore tra gli anni Venti e i Trenta.
Ciò che Hulot in fondo sottolinea è ben altro. Il mondo di plastica che si prefigura sta plastificando anche gli esseri umani e se il rapporto tra Gérard e il padre rimanda a quello non facile tra lo stesso Tati e il suo genitore, in questo film il regista francese soprattutto avverte e teme l'assedio di una società in cui, come il De Sica di Miracolo a Milano, non ci sia più un luogo in cui "buongiorno voglia dire veramente buongiorno". Ce lo comunica grazie a gag che entreranno nella storia del cinema e i cui tempi comici saranno da modello per innumerevoli film (un esempio per tutti: Hollywood Party di Blake Edwards)

da: https://www.mymovies.it


Gli Arpel vivono in una villa ultramoderna, dotata di tutti i conforti elettromagnetici. Il loro figlio Gérard di nove anni preferisce ai genitori M. Hulot, lo zio materno, scapolo spensierato che abita in un quartiere popolare. 3° lungometraggio di Tati e 1° a colori, è fondato sulla contrapposizione di due mondi in cui l'autore riesce a conciliare il comico di osservazione con il burlesque attraverso una serie di invenzioni buffe che, pur sfiorando il surreale, hanno le radici in una plausibile quotidianità. "Per Tati soltanto il poeta e il bambino, grazie alla loro spontaneità, possono salvare la nostra società dalla disumanizzazione che nasce dalla standardizzazione" (G. Bellinger). Bisogna riconoscere che, anticipatore degli ecologisti, Tati diceva con garbo cose che non erano molto comuni alla fine degli anni '50. Oscar per il miglior film straniero.

da: il Morandini

 

 

 

   Scheda 

     
     
   

  • Durata: 120'
  • Colore: C
  • Genere: COMMEDIA
  • Specifiche tecniche: 35 MM (1:1.37) - EASTMANCOLOR
  • Produzione: FILM DEL CENTAURO, SPECTA FILMS, GRAY FILM, ALTER FILM
  • Distribuzione: TITANUS (1958); RIPLEY'S FILM IN COLLABORAZIONE CON VIGGO (2016) - SAN PAOLO AUDIOVISIVI
  • Riedizione 2016
  • Data uscita 6 Giugno 2016
  • Regia: Jacques Tati
  • Attori: 
Jacques Tati - Monsieur Hulot
Jean-Pierre Zola - Charles Arpel
Adrienne Servantie - Madame Arpel
Lucien Frégis - Monsieur Pichard
Betty Schneider - Betty, la figlia della portinaia
J.F. Martial (Jean-François Martial) - Walter
Dominique Marie - La vicina
Yvonne Arnaud - Georgette
Adelaide Danieli - Madame Pichard
Alain Bécourt - Gerard Arpel
Régis Fontenay - Commerciante
Claude Badolle - Venditore al mercato delle pulci
Max Martel - Ubriaco
  • Soggetto: Jacques Lagrange, Jean L'Hôte, Jacques Tati
  • Sceneggiatura: Jacques Lagrange, Jean L'Hôte, Jacques Tati
  • Fotografia: Jean Bourgoin
  • Musiche: Frank Barcellini, Alain Romans, Norbert Glanzberg - (non accreditato)
  • Montaggio: Suzanne Baron
  • Scenografia: Henri Schmitt
  • Arredamento: Henri Schmitt
  • Costumi: Jacques Cottin
 


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