Lo schermo dipinto


Lo schermo dipinto - L’arte nel cinema
Spaziando dal Barocco al Novecento la biografia di quattro grandi pittori la cui opera è indissolubilmente legata alla loro vita straordinaria. Da Caravaggio a Goya, da Van Gogh a Klimt: quattro momenti fondamentali della storia dell'arte occidentale, visti da quattro grandi registi.

Cineforum LunedìCinema: il pieghevole con il programma completo (file PDF)





il senso della vita

Il senso della vita
Il cinema come ricerca interiore
L'arte cinematografica da sempre ha affrontato anche temi "alti" e si è interrogata su problematiche fondamentali dell'essere umano. Questi cinque film, provenienti dai più svariati paesi, raccontano cinque storie in cui i protagonisti cercano di dare un senso alla loro vita attraverso esperienze e momenti che cambiano radicalmente le loro prospettive.

 

Totò che visse due volte

 
Lunedì CinemaFinanziato con un miliardo e 178 milioni di lire di contributi pubblici in quanto «di interesse culturale nazionale», alla vigilia dell’uscita nelle sale fu dichiarato «vietato a tutti» dalla censura italiana. La Commissione di revisione cinematografica giudicò il film degradante per «la dignità del popolo siciliano, del mondo italiano e dell'umanità», offensivo del buon costume, con esplicito «disprezzo verso il sentimento religioso» e contenente scene «blasfeme e sacrileghe, intrise di degrado morale».


«Totò che visse due volte», film in tre episodi (numerati e senza titolo) del 1998 di Daniele Ciprì e Franco Maresco, è la quarta proposta del ciclo tematico «Italia mani di forbice» (dedicato ai grandi film censurati) del nuovo cineforum «Lunedìcinema», organizzato da AltoGardaCultura (il servizio attività culturali intercomunale di Arco e Riva del Garda) assieme all’associazione ARCI Altogarda «Francesco Monti» e al centro culturale «La Firma». La proiezione è lunedì 13 febbraio all’auditorium del Conservatorio di Riva del Garda con inizio alle ore 21. La durata è di 95 minuti; l'ingresso è libero ma si consiglia la visione ad un pubblico adulto (il film all'uscita era vietato ai minori di 18 anni).


Con appena 6.422 spettatori e un incasso di 68 milioni di lire nei primi tre giorni di programmazione cinematografica, il film non ebbe grande successo, ma sollevò un ampio dibattito sulla moderna funzione e utilità della censura, che portò all'approvazione di un disegno di legge volto ad abolire la censura preventiva imposta a un pubblico maggiorenne. Il film è ambientato in una Palermo mostruosa e apocalittica abitata da personaggi grotteschi, blasfemi, vittime di un mondo dove Dio è stato ucciso portandosi dietro tutti i valori di una umanità ormai al tramonto. Nel cast Salvatore Gattuso (Don Totò), Carlo Giordano (Fefè), Pietro Arcidiacono (Pitrinu), Antonino Crollo (Don Nenè), Camillo Conti (Tremmotori). 

Totò che visse due volteIl film vive in un contrasto tra materialismo, nichilismo nietzschiano e forte connotazione escatologica, non mancando nemmeno di messaggi morali che uno spettatore attento può cogliere in un contesto di apparente contraddizione. Il tema che unisce i tre episodi è appunto la morte di Dio, ed il pessimismo nei confronti di un futuro in cui il genere umano sembra non nutrire speranza occupato com'è nel soddisfare solamente i propri bisogni e istinti animaleschi. Tuttavia è possibile «udire» un grido disperato di aiuto, che tra l'altro sembra cadere nel vuoto soffocato dagli stessi esseri umani. Nel terzo episodio, in particolare, la contrapposizione tra Totò (una sorta di Messia molto umanizzato) e il boss mafioso Don Totò, entrambi interpretati da Salvatore Gattuso, simboleggia il contrasto tra il male e il bene insiti nell'essere umano con l'inevitabile prevalere del male e della violenza.

Riva del Garda, 10 febbraio 2012
Ufficio stampa Comune di Riva del Garda

 

La grande abbuffata

 
Lunedì Cinema«Un inno alla morte reso con rara potenza da un cast di attori eccezionali», scrive l'avvocato Gianni Massaro (il celebre «avvocato del cinema») nelle note difensive del film, processato per oscenità e sequestrato in tutto il territorio nazionale (perfino la locandina è censurata). Ma la sentenza, che esce il 7 dicembre 1973, stabilisce un principio passato alla storia: un magistrato non può decidere il valore artistico di un'opera.

«La grande Abbuffata», con cui Marco Ferreri e un cast d'eccezione (Ugo Tognazzi, Michel Piccoli, Marcello Mastroianni, Philippe Noiret, Andréa Ferréol) propongono una feroce critica alla società dei consumi e del benessere, è la quarta proposta del ciclo tematico «Italia mani di forbice» (dedicato ai grandi film censurati) che apre il nuovo cineforum «Lunedìcinema», organizzato da AltoGardaCultura (il servizio attività culturali intercomunale di Arco e Riva del Garda) assieme all’associazione ARCI Altogarda «Francesco Monti» e al centro culturale «La Firma». La durata è di 135 minuti: produzione Italia e Francia, 1973. La proiezione è lunedì 6 febbraio all’auditorium del Conservatorio di Riva del Garda con inizio alle ore 21. L'ingresso è libero ma si consiglia la visione ad un pubblico adulto (il film all'uscita era vietato ai minori di 14 anni).

La grande abbuffataGirato a Prigi in una villa di rue Boileau nel febbraio 1973, «La grande bouffe» (il titolo originale) è stato stroncato dalla maggioranza dei critici e platealmente fischiato al Festival di Cannes. Criticata l'abbondante presenza di scene di sesso, oltre che di alcune scene definite volgari. Ciò nonostante la pellicola riscosse un enorme successo di pubblico. Pier Paolo Pasolini lo definì «corpi colti in una sintesi di gesti abitudinari e quotidiani che nel momento in cui li caratterizzano li tolgono per sempre alla nostra comprensione, fissandoli nella ontologicità allucinatoria dell'esistenza corporea». 


Il film narra di quattro uomini stanchi della vita noiosa e inappagante – un giudice (Noiret), un pilota di linea (Mastroianni), un ristoratore (Tognazzi), un produttore televisivo (Piccoli) – che si riuniscono in una villa di Neuilly, fuori Parigi, dove seguendo un quadruplice rito gastronomico-erotico, e accompagnati da un'insaziabile e materna maestra (Ferréol), si tolgono la vita. Per Marco Ferreri i bisogni e gli istinti primordiali, filtrati e normalizzati nel loro raggiungimento, divengono noiosi e abbisognano di continue unicità per essere graditi. Ma la ricerca della difficoltà fine a se stessa comporta l'abbandono dell'utilità e sfocia inevitabilmente nella depressione e nel senso di inutilità. L'unica salvezza è il genere femminile, legato alla vita per missione biologica. 

Riva del Garda, 3 febbraio 2012
Ufficio Stampa Comune di Riva del Garda