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- Categoria: Cinema
- Pubblicato Sabato, 30 Settembre 2017 08:00
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IL CINEMA E' DONNA: GRANDI REGISTE PER GRANDI FILM Lezioni di piano (1993) |
Prima e unica donna a vincere il festival di Cannes, Jane Campion con "Lezioni di Piano" raggiunge l'apice del suo successo critico e di pubblico appena alla terza pellicola. Alla Palma d'oro e al premio a Holly Hunter per l'interpretazione femminile nel 1993, si aggiungono l'anno dopo tre Oscar (delle otto candidature) come miglior sceneggiatura originale, attrice protagonista e non protagonista (Anna Paquin, appena undicenne). Oltre a una moltitudine di altri premi, il film è il maggior successo commerciale di sempre della regista neozelandese con un incasso di circa cinquanta milioni di dollari.
Jane Campion nasce a Wellington il 30 aprile del 1954 da genitori provenienti dal mondo dello spettacolo: il padre è un regista teatrale, mentre la madre è attrice e scrittrice e portano le opere di Shakespeare in giro per i teatri della Nuova Zelanda. Il percorso della giovane Campion però non è lineare come si potrebbe immaginare: prima si laurea in Antropologia a Wellington nel 1975; poi va in Italia (tra Venezia e Perugia) e Londra a studiare arte per tornare in Australia dopo un anno, dove consegue la seconda laurea in Belle Arti a Sydney nel 1979. L'interesse per le relazioni umane, la necessità di raccontare emozioni e storie vanno strette alla giovane che inizia ad avvicinarsi alla macchina da presa provando ad animare le tele con filmini in super 8. Decide quindi di intraprendere la strada del cinema frequentando l'Australian Film Television and Radio School di Sydney, la celebre scuola dove si sono formati i registi della New Wave australiana degli anni 70. La regista passa gli anni del suo apprendistato girando una serie di cortometraggi che fin da subito attirano l'attenzione della critica: "Peel" viene selezionato per la rassegna cannense nel 1986 e vince la Palma d'oro come miglior cortometraggio, a scapito dei suoi insegnanti che la ritenevano "arrogante e priva di talento" come lei stessa affermerà.
Se l'idea di "Lezioni di piano" nasce in questi anni, così come la prima stesura di una sceneggiatura, la Campion continua il suo avvicinamento al riconoscimento mondiale dedicandosi prima a un film per la televisione, "Le due amiche" (1986); poi alla sua opera prima "Sweetie" (1989), storia del rapporto traumatico di due sorelle, di cui quella che dà il titolo alla pellicola è psicologicamente instabile e dalla personalità border line; per arrivare alla biografia della scrittrice neozelandese Janet Frame con "Un angelo alla mia tavola", nato come prodotto per la televisione, ma poi selezionato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, dove vince il Leone d'argento Gran Premio della giuria nel 1990.
"Lezioni di piano" narra la storia di Ada McGrath (Holly Hunter) e di sua figlia Flora (Anna Paquin) e del loro viaggio in Nuova Zelanda nel 1850, dove la giovane donna scozzese è data in sposa dal padre al possidente terriero Alistair Stewart (Sam Neill). Ada è muta dall'età di sei anni per motivi sconosciuti e attraverso il suo amato pianoforte e con la lingua dei segni britannica, interpretata da Flora, comunica con il mondo esterno. Giunta sulla spiaggia, il marito non vuole trasportare il piano fino alla loro casa attraverso la foresta, provocando nella donna un allontanamento dall'uomo fin dal loro primo incontro. Sarà poi il socio in affari del marito, Georges Baines (Harvey Keitel), che si appropria del piano e costringe Ada a suonare per lui con la scusa di ricevere lezioni. Invece, nasce una passione travolgente tra i due che li porterà in Inghilterra dopo traumatici eventi che coinvolgono tutti i protagonisti.
L'opera della regista neozelandese è ricca e stratificata, sia a livello tematico sia dal punto di vista stilistico.
Alla base della sceneggiatura della Campion ci sono tre fonti figurative e letterarie: la primaria è quella dell'idea di un pianoforte (e del resto il titolo originale è "The Piano"), protagonista su cui ruotano i vortici emotivi dei vari personaggi e causa scatenante degli sviluppi narrativi; poi, una serie di fotografie del popolo Maori, che forniscono la profondità primeva della cultura antropologica della regista; e infine, l'atmosfera del romanzo "Cime tempestose" di Emily Brontë, il cui romanticismo viene trasposto attraverso una sensibilità contemporanea. Il rapporto tra uomo-donna e tra umanità-natura, tipicamente temi del romanticismo ottocentesco, sono messi in scena dalla Campion con una modalità che fanno di "Lezioni di piano" un film molto moderno. (...)
Jane Campion riesce con "Lezioni di piano" a raccontare una straordinaria storia d'amore con un originale punto di vista antropologico e una sensibilità moderna, dialogando con un vasto pubblico di emozioni senza tempo. Il tutto all'interno di un'eleganza compositiva delle immagini che compongono un perfetto connubio tra forme e contenuti.
da: http://www.ondacinema.it
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Scheda film |
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TITOLO ORIGINALE | The Piano | ||
LINGUE ORIGINALI | Inglese, BSL, Māori | ||
PRODUZIONE | Nuova Zelanda, Australia, Francia | ||
ANNO | 1993 | ||
DURATA | 120' | ||
COLORE | Color (Eastmancolor) | ||
AUDIO | Dolby 5.1 | ||
RAPPORTO | 1,85 : 1 | ||
GENERE | Sentimentale, Drammatico | ||
REGIA | Jane Campion | ||
INTERPRETI E PERSONAGGI |
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DOPPIATORI ITALIANI |
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SOGGETTO |
Jane Campion |
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SCENEGGIATURA | Jane Campion | ||
FOTOGRAFIA | Stuart Dryburgh | ||
MONTAGGIO | Veronika Jenet | ||
MUSICHE | Michael Nyman | ||
SCENOGRAFIA | Andrew McAlpine | ||
COSTUMI | Janet Patterson | ||
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- Pubblicato Sabato, 30 Settembre 2017 07:00
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IL CINEMA E' DONNA: GRANDI REGISTE PER GRANDI FILM The Hurt Locker (2008) |
E' un film sulla guerra. Ma non è un film che critica la guerra. L'ultimo progetto di Kathryn Bigelow non parla di retorica né si racconta in modo retorico. Essenzialmente sviluppa un concetto davvero inquietante e, rispetto all'opinione pubblica, davvero agli antipodi: “la guerra è una droga” (Chris Hedges). Oggi i soldati USA sono prevalentemente volontari, che sfidano la morte guardandola dritta negli occhi, senza mai arretrare. Più combattono e più la loro psiche viene forgiata a seconda degli eventi, la quale scava sempre più a fondo fino a presentare buchi oscuri, dove si perde quel solido legame con la vita. Dalla sceneggiatura dell'amico giornalista, premio Pulitzer, Mark Boal - il quale è stato tra il 2003 e il 2004 reporter “embedded” dell'esercito USA a Bagdad - la Bigelow confeziona un film crudo e soffocante, che disorienta e ammutolisce. D'altra parte Boal aveva già esplicato lo scorso anno parte delle conseguenze emotive causate dalla guerra irachena a un gruppo di giovani militanti, nel film diretto (e sceneggiato) da Paul Haggis, Nella valle di Elah. Tuttavia in The Hurt Locker il messaggio viene calcato a tal punto che si prendono gradualmente le distanze da quel mondo incomprensibile e moralmente inafferrabile dove le vittime si trasformano in trofei, l'adrenalina in carburante.
Mancano 40 giorni al rientro. In Iraq operano diverse unità speciali tra le quali gli artificieri, soldati addestrati a disinnescare ordigni esplosivi altamente pericolosi. Tre militari, JT Sanborn (Anthony Mackie) e lo specialista Owen Eldridge (Brian Geraghty), capitanati dal sergente Matt Thompson (un breve ma intenso Guy Pierce), supervisionano un perimetro ad alto rischio bombe. Qualcosa però va storto e il sergente Thompson perde la vita. Attoniti e affranti per aver visto morire il loro compagno nonché amico davanti ai loro occhi, i due soldati rimasti aspettano - come da routine in guerra - qualcuno che possa sostituirlo. Il nuovo sergente William ames (interpretato da un meraviglioso Jeremy Renner) non si fa attendere e arrivato a Bagdad prende subito il comando del gruppo. Ha un carattere impulsivo ed è incurante del rischio, colleziona ricordi in pezzi di ordigni disinnescati e non sembra preoccuparsi degli affetti. Un uomo che non ha nulla da perdere, verrebbe da pensare...
La guerra può distruggere una vita così come può diventare la vita. La Bigelow non vuole criticare né impietosire attraverso le orribili conseguenza causate da una guerra tanto cruenta, ma lascia che sia lo spettatore a decifrare i messaggi in superficie e i continui sottotesti a contorno. Il vantaggio della pellicola è quella di esprimersi attraverso un sublime cast di attori, dove i volti meno noti surclassano le occasionali comparsate; in particolar modo la trascinante performance di Jeremy Renner, da candidatura all'Oscar. L'approccio realistico viene valorizzato dall'utilizzo della camera a mano - il film è stato girato in 16 mm - e da incisivi primi piani, ciò mantiene ogni scena integra facendo trasparire molta umanità. La Bigelow sa inoltre come giocare con la tensione, conoscendo perfettamente i tempi di azione e reazione dando così un'assoluta garanzia nella gestione del ritmo. Le sequenze memorabili non mancano (la prima esplosione ad esempio) e in generale la durata non viene minimanete corrotta da una pessima gestione della composizione.
Apprezzata per un modello registico decisamente virile, ipercinetico ed emotivo, la Bigelow non generalizza portando a pensare che la guerra sforna solo macchine da guerra, giacché frappone l'ideologia un po' frammentata di JT Sanborn a quella di William Jemes creando un incontro scontro indefinito, labile, come la precarietà psicotica di un uomo a cui hanno tolto quasi tutto. Il patriottismo è solo parte dello schema delineato dalla regista poiché la struttura portante si basa su un concetto che vede legittimare la guerra come uno sfogo per cui valga la pena perdere di vista qualsiasi altro valore affettivo e personale. Come accade a James... In questo modo la guerra può diventare la vita; ed è droga in quanto altera la realtà sfruttando quella pericolosa sensazione di onnipotenza. Un film la cui rappresentazione bellica non ne sminuisce il contenuto proponendo i soliti cliché, ma ne approfondisce il carattere, entrando nella psicologia dei personaggi con graduale attenzione. Peccato tale nobile approccio venga parzialmente appiattito da (rare) cadute di stile e da una sceneggiatura che non sempre trova le parole adatte (o il coraggio?) di affermare ciò che vorrebbe. Generalmente sono le immagini a conferire spessore e questo pone l'ammirevole lavoro registico al di sopra delle parti.
da: https://cinema.everyeye.it
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Scheda film |
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TITOLO ORIGINALE | The Hurt Locker | ||
LINGUE ORIGINALI | Inglese, Arabo, Turco | ||
PRODUZIONE | USA | ||
ANNO | 2008 | ||
DURATA | 130' | ||
COLORE | Colore | ||
AUDIO | Dolby Digital | ||
RAPPORTO | 1,85 : 1 | ||
GENERE | Guerra, Drammatico | ||
REGIA | Kathryn Bigelow | ||
INTERPRETI E PERSONAGGI |
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DOPPIATORI ITALIANI |
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SCENEGGIATURA | Mark Boal | ||
FOTOGRAFIA | Barry Ackroyd | ||
MONTAGGIO | Chris Innis, Bob Murawski | ||
MUSICHE | Marco Beltrami, Buck Sanders | ||
SCENOGRAFIA | Karl Júlíusson | ||
COSTUMI | George Little | ||
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- Pubblicato Giovedì, 31 Agosto 2017 20:48
lunedìcinemacineforum | ||
2017 | 18 ARCO | RIVA DEL GARDA | ||
Scegli tra questi grandi romanzi scritti da donne quello che vorresti vedere sul grande schermo...
Fannie Flagg | Pomodori verdi fritti al caffè di Whistle Stop | ||
Elfriede Jelinek | La pianista | ||
Elsa Morante | L'isola di Arturo | ||
Emily Brontë | Cime tempestose | ||
Dacia Maraini | La lunga vita di Marianna Ucrìa | ||
Marguerite Duras | L'amante | ||
Charlotte Bronté | Jane Eyre | ||
Marguerite Yourcenar | L'opera al nero | ||
Edith Warthon | L'età dell'innocenza | ||
Karen Blixen | Il pranzo di Babette (Capricci del destino) | ||
Alice Walker | Il colore viola | ||
Anne Tyler | Turista per caso | ||
Pearl S. Buck | La buona terra | ||
Daphne du Maurier | Rebecca | ||
Isabel Allende | La casa degli spiriti | ||
Françoise Sagan | Bonjour tristesse | ||
Jane Austen | Orgoglio e pregiudizio | ||
Mary Shelley | Frankestein | ||
Colette | Chéri | ||
Irène Némirovsky | Suite francese | ||
Nina Berberova | L'accompagnatrice | ||
Virginia Woolf | Orlando | ||
Alice Munro | In fuga | ||
Natalia Ginzburg | Caro Michele | ||
Janet Frame | Un angelo alla mia tavola | ||
Patricia Highsmith | Carol | ||
Doris Lessing | Le nonne | ||
Agatha Christie | Dieci piccoli indiani | ||
Margaret Mitchell | Via col vento | ||
Louisa May Alcott | Piccole donne |
Si prega di effettuare una sola scelta.
Da compilare e restituire entro il 20 settembre 2017 presso la Biblioteca Civica di Riva del Garda.
...potrai vedere i film scelti | ||
- lunedì 9 ottobre 2017 | ||
- lunedì 16 ottobre 2017 | ||
ore 21.00 - Biblioteca di Riva del Garda | ||
ANTEPRIMA DI | ||
lunedìcinemacineforum | ||
2017 | 18 ARCO | RIVA DEL GARDA | ||
Effettua il download del volantino in formato PDF da compilare e restituire presso la Biblioteca civica.
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- Pubblicato Martedì, 04 Luglio 2017 19:07
LA PALLA N. 13 (Sherlock Jr.) Regia di Buster Keaton (1924) |
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titolo originale | Sherlock Jr. |
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regia | Buster Keaton, Joseph M. Schenck | ||||
interpreti |
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soggetto | Jean Havez, Clyde Bruckman, Joseph Mitchell | ||||
genere | Comico |
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durata | 56 minuti |
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dati tecnici | B/N film muto |
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produzione | USA |
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anno | 1924 | ||||
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- Categoria: Cinema
- Pubblicato Lunedì, 03 Luglio 2017 20:12
COME VINSI LA GUERRA (The General) Regia di Buster Keaton (1926) |
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titolo originale | The General | ||||
regia | Buster Keaton | ||||
interpreti |
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soggetto | Buster Keaton, Clyde Bruckman | ||||
genere | Comico |
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durata | 70 minuti |
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dati tecnici | B/N film muto |
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produzione | USA |
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anno | 1924 | ||||
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- Categoria: Cinema
- Pubblicato Domenica, 02 Luglio 2017 19:56
L'UOMO CHE PRENDE GLI SCHIAFFI (He Who gets slapped) Regia di Victor Sjöström (1924) |
La vicenda si svolge in Francia dove Paul Beaumont (Lon Chaney), geniale scienziato, lavora ad una grande scoperta grazie all’aiuto economico del Barone Regnard (Marc McDermott, attore australiano che morirà a soli 47 anni per una cirrosi epatica) e il supporto morale dell’amata moglie. Paul riesce finalmente a dimostrare le sue teorie, ma il giorno in cui deve sottoporle all’Accademia delle Scienze con suo sommo stupore il Barone la presenta agli studiosi come sua. Indignato lo scienziato cerca di farsi giustizia ma viene schiaffeggiato da Regnard, additato come buffone e deriso da tutti i presenti. Tornato dalla sua amata Paul cerca conforto tra le sue braccia, ma viene presto a scoprire che anche lei l’ha tradito essendosi innamorata del malvagio barone. La moglie lo schiaffeggia e lo deride dandogli del clown, e rivela di essersi invaghita del Barone per il suo charme e la sua elevata disponibilità economica. Distrutto psicologicamente lo scienziato torna nel suo studio dove, ai limiti della pazzia, scoppia in una incontrollabile risata. A livello tecnico, ho notato con interesse, in tutta la mia ignoranza in questo campo, gli espedienti scenici degli inframezzi tra una scena e l’altra, forse invecchiati un pochino male, e che all’inizio della pellicola mi hanno quasi destabilizzato. Molto bella è invece la scelta di alternare le scene di amore tra i due acrobati e il contemporaneo ordimento del diabolico piano da parte dei due “nobili” (sarebbe più giusto dire malviventi), espediente che viene ripreso nelle scene finali del film. Stupendo anche l’uso simbolico del piccolo cuore di stoffa che He porta sempre con sé. Sicuramente un film che non può essere evitato dai grandi amanti del cinema muto, ma ho qualche riserve nel consigliarlo a un non appassionato, in quanto risente a tratti degli anni trascorsi.
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titolo originale | He Who Gets Slapped | ||||
regia | Victor Sjöström | ||||
interpreti |
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soggetto | dall’opera teatrale He Who Gets Slapped di Leonid Andreyev |
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genere | Drammatico |
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durata | 71 minuti |
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dati tecnici | B/N rapporto: 1,33 : 1 film muto |
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produzione | USA |
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anno | 1924 | ||||
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