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- Categoria: Cinema
- Pubblicato Sabato, 21 Settembre 2019 08:00
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ROAD MOVIE: IL GENERE AMERICANO PER ECCELLENZA Paper Moon (1991) |
“Quello sapeva raccontarla una storia. Ormai tutti i buoni film sono stati fatti.” (Peter Bogdanovich in Bersagli)
Film estremamente riconoscibile, che quasi nulla lascia all'immaginazione dello spettatore a eccezione di un titolo dalla fattura leggera e incantata, Paper Moon deve a questa immediatezza espressiva il suo successo senza tempo. Tutto è a fuoco in questa storia di un padre e della sua possibile figlia – Ryan O'Neal e la figlia Tatum – che imparano a conoscersi e a volersi bene in un viaggio attraverso la provincia americana: perché la camera, e l’occhio umano, devono poter essere colpiti dall'autenticità di quel rapporto che inizia nel segno dell’indifferenza per arrivare a piccoli passi a una complicità familiare. Già dal loro primo confronto e scambio di battute all'interno del locale – “voglio i miei 200 dollari”, urla la bambina – veniamo conquistati: l’aspetto mascolino e il suo modo di fare spigliato e smaliziato, dietro cui si ripara il lato più fanciullesco e bisognoso d’affetto, la rendono protagonista indiscussa (non a caso fu premiata con l’Oscar).
Bogdanovich si mette spesso accanto a lei, mostrandoci ciò che accade dalla sua prospettiva: possiamo intuire cosa pensa, quali sono i suoi stati d’animo solo dall'espressione del volto o dal modo in cui guarda le cose (pensiamo a quando tenta di imbrogliare la ricca signora o la vedova con numerosa prole al seguito).
La verosimiglianza dello sguardo permette altresì alla narrazione di calarsi in una realtà sospesa tra la vita e la commedia, dove anche un periodo buio come la grande depressione può diventare l’occasione per due simpatiche canaglie di rimpinguare le loro misere finanze e con esse le loro solitarie esistenze.
Bogdanovich su insegnamento di Orson Welles, che per il suo primo film gli suggerì di girare in bianco e nero, vira su questa scelta sostenuto da László Kovács che aveva curato la fotografia di Bersagli: siamo spiazzati dalla limpidezza delle immagini, da quel cielo che sa di blu profondo, da quelle terre brulle bruciate dal sole e, in generale, da un’atmosfera rurale perfettamente tradotta a livello visivo, con città semi-abbandonate e strade che si perdono all'orizzonte. Ed è proprio la strada con le sue vie di fuga, le soste e le deviazioni rocambolesche la struttura ossea su cui inserire personaggi e (dis)avventure, pericoli scampati con le donne e con la legge: l’episodio in hotel con Trixie Delight (una deliziosa Madeline Kahn, nominata all'Oscar) è un degno esempio di commedia brillante, con le inquadrature a servizio dei tempi di azione e reazione e tematiche adulte trattate con garbo; così come la scena dell’inseguimento notturno con l’automobile avvolta nella notte dalla quale a poco a poco emerge la luce dei fari è tutta costruita sulla suspense.
Bogdanovich dimostra una conoscenza profonda del cinema e dei suoi meccanismi, e sarebbe un errore scindere la figura del critico da quella del regista, che trovano un compimento ideale nel documentario da lui diretto nel 1971 su John Ford (a cui precedentemente aveva dedicato un saggio e un libro di interviste). Ma non si tratta semplicemente di ruoli o di parti recitate (impersonò il critico per Orson Welles ed è stato regista per se stesso accanto a Boris Karloff): dalla lezione di quei maestri che hanno attraversato in maniera più o meno trasversale la sua vita, deriva soprattutto una sensibilità artistica che gli ha permesso di comprendere come l’orizzonte non vada necessariamente collocato al centro dell’inquadratura. Prima che una grammatica del cinema, Paper Moon è del resto uno spettacolo di sentimenti, non di sentimentalismo: come una di quelle vecchie foto che conserviamo nell'album di famiglia o in una scatola nell'armadio e che ogni tanto riguardiamo con sorriso spensierato abbandonandoci ai ricordi e alla poesia.
da: www.sentieriselvaggi.it
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- Categoria: Esposizioni
- Pubblicato Mercoledì, 18 Settembre 2019 20:28
28 settembre > 20 novembre 2019
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Omaggio ad Arrigo Colorio a dieci anni dalla scomparsa
Sabato 28 settembre presso la Sala Civica “G. Craffonara” si inaugura una collettiva dedicata al gallerista rivano.
Cura e allestimento di Romeo Galletti, Franco Chiarani e Livio Tasin presentazione di Nicoletta Tamanini
Arrigo Colorio è stato un protagonista della vita artistica di Riva del Garda a partire dagli anni Sessanta. La sua Galleria di via Maffei per decenni ha ospitato i più importanti artisti dell'epoca. A dieci anni dalla scomparsa il Centro Culturale “La Firma” di Riva del Garda gli dedica una mostra collettiva che aprirà i battenti sabato 28 settembre alle ore 18.00 presso la Galleria Civica “G. Craffonara” di Riva del Garda.
Ad esporre saranno gli amici e i colleghi che hanno collaborato con Arrigo Colorio nel corso dei decenni:
Bruna Aprea, Caterina Benamati, Giuseppe Bravi, Gino Carrera, Anna Caser, Franco Chiarani, Patrizia Comand, Renzo Cursaro, Fernanda Fedi, Fritz Froelich, Ivo Fruet, Diego Galletti, Bruno Gambone, Gino Gini, Manfred Henninger, Ugo Nespolo, Gaston Orellana, Remo Pasetto, Amina Pedrinolla, Luigi Pizzini, Riccardo Schweizer, Medhat Shafik, Alberta Struffi, Paolo Tait, Livio Tasin.
Arrigo Colorio, lo ricordano gli amici del Centro Culturale “La Firma”, era una persona vigorosa, di forte tempra, che amava la vita, le sue cose, i suoi quadri, i suoi libri, e continuava a fare progetti per il futuro. Aveva un profondo rapporto con la natura, nella quale si immergeva solitario, facendo interminabili passeggiate sul lungolago e in montagna, e lunghe nuotate nel golfo di Riva da primavera fino all’autunno inoltrato, godendo del contatto fisico con l’acqua del lago che tanto amava. Arrigo aveva un animo sensibile, che celava anche a se stesso con un carattere burbero e spigoloso. I suoi modi bruschi e sbrigativi, talvolta irosi, spesso sconcertavano chi non lo conosceva, e questo certo non ha contribuito al pubblico riconoscimento dei suoi grandi meriti.
Aveva iniziato ad occuparsi di arte con Dante Dassatti, nella Galleria Città di Riva in Piazza Garibaldi, poi le loro strade si divisero e Arrigo fondò la Galleria La Firma, che per anni è stata un punto di riferimento per gli amanti dell’arte contemporanea. Negli anni settanta e ottanta, quando a Riva il turismo fieristico e congressuale era ancora agli albori e gli inverni erano lunghi e desolatamente vuoti, Via Maffei era ravvivata dalla presenza di due storiche istituzioni culturali: la Libreria Tomasoni e la Galleria La Firma, dove Arrigo proponeva, ai pochi che le sapevano apprezzare, le opere di artisti spesso ancora poco noti ma di grande qualità. Cessata l’attività di gallerista, nel 1991 decise, assieme a pochi amici, di costituire un’associazione culturale, riprendendo il nome La Firma, allargando l’attività e aprendo lo spazio della galleria, anche ad eventi artistici e culturali di grande spessore: dibattiti su temi di attualità, presentazioni di libri, mostre fotografiche, performance artistiche.
Grande fu la sofferenza con la quale Arrigo Colorio, dopo anni di grande attività, visse la chiusura e lo sgombero della sede di Via Maffei, nel frattempo acquisita dal Comune di Riva, divenuta Galleria civica Craffonara, e destinata ad essere integralmente restaurata assieme all’intero palazzo Lutti. Dovette traslocare altrove tutto il fondo di tele, disegni, sculture che vi conservava.
A dieci anni dalla scomparsa, il “suo” Centro Culturale, oggi presieduto dal nipote Ludovico Maillet, gli dedica una mostra che altro non vuol essere se non l'occasione per ricordare un uomo che ha dato molto alla vita culturale di Riva del Garda senza nulla pretendere in cambio.
Sala Civica «G. Craffonara» Giardini di Porta Orientale Riva del Garda (TN) 28 settembre > 20 novembre 2019 Tutti i giorni 10.00 > 12.30 - 14.30 > 17.00 Ingresso libero Inaugurazione sabato 28 settembre ore 18.00 |
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UNA VITA PER L’ARTE
Mostra collettiva in omaggio ad Arrigo Colorio
Presentazione di Nicoletta Tamanini
Secondo e ultimo appuntamento espositivo del Centro Culturale la Firma di Riva del Garda per il 2019, la mostra “UNA VITA PER L’ARTE. Mostra collettiva in omaggio ad Arrigo Colorio” vuole ricordare, a dieci anni dalla scomparsa, uno dei suoi soci fondatori ed uno tra i più significativi protagonisti della vita artistico - culturale dell’Alto Garda dal dopoguerra agli anni 2000.
Scomparso Arrigo Colorio all’età di 81 anni, la guida del Centro per circa un decennio è passata nelle esperte mani dell’artista veronese Anna Caser. Attualmente presidente del Circolo è Ludovico Maillet, nipote di Arrigo che continua, coadiuvato dal nuovo gruppo dirigente dell’associazione, l’infaticabile impegno di stimolazione e promozione culturale di un territorio come l’Alto Garda, per sua naturale vocazione, ispiratore di fermenti, linguaggi espressivi e movimenti artistico - culturali anche alternativi ed originali.
Uomo passionale, incuriosito da ogni percorso e linguaggio espressivo, anche il più innovativo, Arrigo Colorio, viene oggi ricordato da amici e colleghi con stima e riconoscenza per la dedizione ad un mondo, quello dell’arte, spesso mutevole ed ingrato a cui Colorio, delicata sensibilità e raffinato senso critico celati da un carattere spesso spinoso e polemico, ha dedicato con passione tutta la sua vita.
Il percorso espositivo accuratamente studiato da Romeo Galletti, Franco Chiarani e Livio Tasin per proporre un raffinato e stimolante dialogo tra pittura e scultura, tra materiali e tecniche pittoriche assai diverse tra loro, tra artisti di epoche, provenienza e formazione varia, offre al visitatore un piccolo assaggio del lavoro svolto per decenni da Colorio durante la sua infaticabile ricerca di gallerista e di promotore culturale. Venticinque artisti, una quarantina di opere, molte di notevole interesse artistico, alcune anche di particolare valore storico, delineano così un originale viaggio nel mondo della creatività umana transitato per decenni nel centro gardesano grazie alla fantasia, alla curiosità e alla lungimiranza di un infaticabile sognatore.
Nicoletta Tamanini, settembre 2019
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- Categoria: Cinema
- Pubblicato Venerdì, 05 Luglio 2019 19:10
Un salto nel tempo agli albori del Novecento, quando il cinema muoveva i primi, straordinari passi.
È Cinema Estate, la rassegna che dal 9 luglio all'11 settembre nel cortile della Rocca propone tre serate con film muti accompagnati da musica eseguita dal vivo da Marco Dalpane (con l'ensemble Musica nel Buio) e da Massimo Giuntoli.
L'inizio delle proiezioni è alle 21.30 il 9 luglio ed il 14 agosto. Alle 21.00 l'11 settembre. L'ingresso è libero. Inoltre il Museo Alto Garda (che ha una delle sue due sedi in Rocca) offre la possibilità di visitare gratuitamente il museo dalle 20 alle 21.30 con visite guidate a tema (alle ore 20).
Il primo appuntamento, martedì 9 luglio, è con «Go West».
Commedia del 1925 diretta e interpretata da Buster Keaton (nella foto) della durata di 69 minuti. Conosciuto in Italia anche come Andate al West, è il primo film di Keaton senza i collaboratori che lo avevano accompagnato nelle pellicole precedenti: Jean Havez, Clyde Bruckman e Joseph Mitchell.
La trama: un giovane solitario e senza soldi, Friendless (Senzamici), si avvia verso il Far West in cerca di fortuna: caduto dal treno, si ritrova nel mezzo al deserto. Riesce a raggiungere un ranch, dove viene assunto per accudire il bestiame. Friendless viene incaricato di aiutare gli altri cowboys a controllare le mucche. Friendless, però, cade da cavallo e, vicino a lui, vede una mucca zoppicare. Allora le alza la zampa e le toglie una pietra che si era incastrato nello zoccolo. La mucca, riconoscente, inizia a seguire dappertutto Friendless e a proteggerlo. In una scena lo salva anche da un toro. I due diventano amici.
Quando il proprietario del ranch vende il bestiame, Friendless non potendo accettare che Brown-eyes finisca al macello, tenta in vari modi di salvarla e finisce con l'imbarcarsi sul treno che sta trasportando il bestiame a Los Angeles. Giunti in stazione, Friendless libera Brown-eyes e le altre mucche che invadono la città. Il proprietario del ranch viene avvertito che nessun capo del bestiame è giunto a destinazione ed egli rischia così la rovina. Parte immediatamente per Los Angeles insieme a sua figlia e arriva giusto in tempo per vedere Friendless riportare il bestiame nel recinto. Salvato dalla rovina, il proprietario del ranch è disposto a concedere a Friendless qualsiasi cosa vorrà chiedergli. "Lei", risponde Friedless indicando dietro di lui. Il proprietario del Ranch crede per un momento che si tratti della figlia la quale si trova proprio dietro al protagonista. In realtà Friendless indicava Brown-eyes che era dietro di lui nascosta da una staccionata.
Il film è accompagnato dalle musiche originali composte ed eseguite dal Maestro Marco Dalpane con l'ensemble Muscia nel Buio.
Mercoledì 14 agosto la proposta è una selezione di comiche mute di Stanlio e Ollio.
Verranno proiettati i cortometraggi:
- Lasciali ridere (Leave 'Em Laughing) 1928, durata 22 minuti.
- Noi sbagliamo (We Faw Down) 1928, durata 20 minuti.
- Libertà (Liberty) 1926, durata 18 minuti.
- Affari in grande (Big Business) 1929, durata 14 minuti.
I film sono accompagnati dalle musiche composte ed eseguite al pianoforte da Massimo Giuntoli.
Mercoledì 11 settembre si potrà vedere «L'Inferno», del 1911, film drammatico diretto da Francesco Bertolini, Giuseppe de Liguoro e Adolfo Padovan (durata 68 minuti).
Il film è accompagnato dalle musiche originali composte ed eseguite dal Maestro Marco Dalpane con l'ensemble Muscia nel Buio.
Marco Dalpane
Il maestro Marco Dalpane, uno dei massimi esperti in Italia di musica per film, è autore della musica di decine di pellicole dei maestri del cinema, fra i quali Pabst, Murnau, Dreyer, Hitchcock, Lubitsch e Czinner, sia per organici cameristici sia per pianoforte solo. Più di recente ha realizzato l’ambizioso progetto di sonorizzare tutti i film muti firmati da Buster Keaton. Dalpane, che suona il pianoforte, sarà affiancato dalla sua ensemble Musica nel Buio, ovvero Claudio Trotta alla batteria, Tiziano Zanotti al contrabbasso, Francesca Aste al sintetizzatore, Alberto Capelli alla chitarra elettrica e Marco Zanardi al clarinetto.
Massimo Giuntoli
Compositore, performer, designer urbano e artista multimediale.
Dopo gli studi di pianoforte con Dante Galletta e Marvin Allen Wolfthal, inizia la sua attività, alla fine degli anni settanta, come compositore e polistrumentista.
Dichiaratamente debitore nei confronti di maestri quali Frank Zappa, Aaron Copland e la cosiddetta «scuola di Canterbury», Massimo Giuntoli ha sviluppato un proprio linguaggio musicale contraddistinto da un disinibito andirivieni tra l'accademia e una rosa alquanto eterogenea di linguaggi extracolti. Ricorrente è inoltre l'uso, spesso reinventato di tecnologie elettroniche della più varia specie.
Dal 1980 a oggi ha preso parte a numerose rassegne, in Italia e all'estero, (vedi "festivals exhibitions).
Ha composto colonne sonore per oltre cinquanta documentari (prodotti da Regione Veneto, De Agostini, Rizzoli).
Cinema Estate
Cinema Estate è curato dal centro culturale La Firma e realizzato con la collaborazione del Comune di Riva del Garda e del Museo Alto Garda. Un'appendice estiva che vuole dare continuità a Lunedì Cinema, il cineforum che ormai da diversi anni, da ottobre a maggio, si alterna tra Arco e Riva del Garda, coinvolgendo un pubblico crescente.
In caso di pioggia le proiezioni si tengono all'auditorium del Conservatorio.
Alcune immagini della manifestazione
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- Pubblicato Domenica, 26 Maggio 2019 19:25
01 giugno > 24 luglio 2019
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Riva del Garda
Sala Civica «G. Craffonara» Giardini di Porta Orientale
Pietro Ghizzardi, l'altro Ligabue è il titolo della mostra che inaugura la stagione espositiva del Centro Culturale “La Firma” di Riva del Garda. Un'esposizione di opere del maestro di Viadana che già in passato era stato protagonista di mostre organizzate a Riva del Garda dal gallerista Arrigo Colorio.
Proprio in occasione del decimo anniversario della scomparsa di Colorio il Centro Culturale “La Firma” vuole ricordare il proprio fondatore attraverso una personale dedicata a quello che può essere definito “l'altro Ligabue”.
La mostra verrà inaugurata sabato 1 giugno alle 18.00 presso la Galleria Civica “G. Craffonara” di Riva del Garda.
Nato a Corte Pavesina, nel Comune di Viadana, da una famiglia contadina, Pietro Ghizzardi fin da giovane dimostrò passione per la pittura, coltivata dapprima in modo amatoriale. Si trasferì nel 1930 a Cogozzo, altra frazione di Viadana, dove cominciò a dipingere sui muri dei cascinali, e l’anno successivo a Boretto, in provincia Reggio Emilia, dove iniziò la sua attività espositiva e dove prese avvio la sua carriera di pittore. Morì a Boretto nel 1986. La sua pittura, di stile naif, lo portò ad esporre in varie località del nord Italia. In particolare si ricorda la partecipazione alla “Mostra nazionale dei naif Città di Luzzara” nel 1968, in occasione della quale venne insignito di una medaglia d’oro da parte del Presidente della Repubblica.
A partire dalla fine degli anni Novanta le sue opere sono state esposte in alcune mostre d’arte contemporanea in Italia e all’estero: Banditi dell’arte, Parigi (2012), Borderline. Artisti tra normalità e follia. Da Bosch a Dalì, dall’Art Brut a Basquiat, Ravenna (2013), Homage to Henri Rousseau. The World of Naive painters and Outsiders, Tokyo (2013), Fuori Quadro, Bergamo (2013). Diversi musei e collezioni italiani e stranieri conservano sue opere: il Museo di Lavai (Francia), il Museo croato d’arte naif di Zagabria, il Museo Charlotte Zander a Boennigheim, in Germania, la Galleria d’arte moderna Ricci Oddi di Piacenza e la Fondazione “Un Paese” di Luzzara.
Nel 1976 pubblicò per Einaudi l’autobiografia «Mi richordo anchora», a cura di Gustavo Marchesi e Giovanni Negri con nota introduttiva di Cesare Zavattini, premiata nel 1977 come “Opera prima” al Premio Viareggio. Dal libro l’Ariston ricavò un disco. Nel 1985 dall’autobiografia fu tratto lo spettacolo teatrale omonimo interpretato da Enzo Robutti e curato da Gustavo Marchesi. Nel 1980 pubblicò «A Lilla quattro pietre in immortalate» per l’editore Scheiwiller All’Insegna del Pesce d’Oro. Nel 1986 Giovanni Negri curò la stampa degli inediti «Giugliètta e romeo» e «Il bambino di Viareggio rapito». Nel 1965 venne realizzato da Film Luce il documentario «Pietro Ghizzardi. Pittore Contadino» con la regia di Michele Gandin e il commento di Leonardo Sinisgalli, mentre nel 1979 Rai 1 produsse il documentario «Mi richordo anchora». Conversazione con Pietro Ghizzardi per il ciclo «Le memorie, gli anni», con la regia di Gian Vittorio Baldi.
Sala Civica «G. Craffonara» Giardini di Porta Orientale Riva del Garda (TN) 1 giugno > 24 luglio 2019 Tutti i giorni 10.00 > 13.30 - 17.00 > 20.30 Ingresso libero Inaugurazione sabato 1° giugno ore 18.00 |
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