- Dettagli
- Categoria: Cinema
- Pubblicato Sabato, 08 Settembre 2018 06:00
|
LA STORIA D'ITALIA IN PELLICOLA Diaz (2012) |
Titolo in prima pagina sul «Corriere della Sera» dell’8 aprile 2015: «La condanna europea: alla Diaz fu tortura, punizioni inadeguate». La Corte europea dei diritti umani di Strasburgo condanna l’Italia per le violenze avvenute a Genova nel 2001, nei giorni del G8, e per l’assenza nel nostro Paese di una legislazione adeguata a punire il reato di tortura. Scrive Michele Ainis sullo stesso numero del «Corriere»: «Dal 1999 la Corte europea ci bastona, perfino con 24 sentenze di condanna pronunciate in un solo giorno (16 gennaio 2001)» (Ainis, p. 28). E passa a elencare i motivi per cui Strasburgo ha condannato l’Italia nel corso del XXI secolo: i respingimenti in mare verso la Libia, le insufficienti garanzie per i rifugiati, il mancato diritto di attribuire ai figli il cognome della madre, gli sfratti decretati e mai eseguiti, l’eccessiva durata dei processi, il sovraffollamento delle carceri.
Tutte inadempienze – per usare un eufemismo – di fronte alle quali risuona il giudizio di Daniele Vicari, autore del film Diaz uscito in Italia quasi undici anni dopo i fatti, nell'aprile del 2012 (un paio di mesi prima viene presentato, con grande emozione, al festival di Berlino): «Quella notte, in Italia, c’è stata la sospensione dello Stato di diritto».
La Corte di Strasburgo si pronuncia in seguito al ricorso di Arnaldo Cestaro, sessantaduenne all’epoca dei fatti: si era recato a Genova per partecipare a una manifestazione che sperava pacifica e fu indirizzato alla scuola Diaz-Pertini, per passare la notte, da una professoressa conosciuta nel corteo. Nel pestaggio di quella notte Cestaro (che nel film di Vicari è riconoscibile nel personaggio, dal nome diverso, interpretato da Renato Scarpa) subì numerose fratture e danni fisici permanenti, come altri manifestanti vittime del brutale assalto della polizia.
Dopo la sentenza di Strasburgo i giornali ricordano le importanti carriere godute, negli anni successivi, da personaggi che avrebbero invece meritato punizioni esemplari. La più paradossale è quella di Filippo Ferri, figlio dell’ex ministro Enrico Ferri (Psdi, poi Forza Italia e Udeur), all’epoca capo della Squadra mobile di La Spezia: espulso dalla polizia, è assunto come responsabile della sicurezza dalla società calcistica del Milan e per mesi è «l’angelo custode» del calciatore Mario Balotelli (Preve, p. 4). Il proprietario del Milan Silvio Berlusconi, nel 2001 presidente del Consiglio, non si è dimenticato di lui.
Ma naturalmente il cursus honorum sul quale tutti si concentrano è quello di Gianni De Gennaro, all'epoca capo della polizia (carica che ricopre fino al 2007), successivamente commissario straordinario per l’emergenza rifiuti in Campania (gennaio-maggio 2008), direttore del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (2008-2012), sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con la cruciale delega ai servizi segreti nel governo Monti (maggio 2012-aprile 2013) e infine presidente di Finmeccanica, nominato dal presidente del Consiglio Letta con placet del presidente della Repubblica Napolitano. Una carriera bipartisan nemmeno scalfita dal G8. Il reato di tortura – nella primavera del 2016 – in Italia ancora non c’è, arenato da mesi in Commissione di giustizia al Senato dopo le promesse d el premier Renzi seguite alla sentenza di Strasburgo. Quello stesso 7 aprile del 2015 Marco Pannella dichiara il proprio scetticismo: «L’Italia non si è dotata e non si dota del reato di tortura perché, essendo un Paese che pratica la tortura ogni giorno nelle carceri come riconosciuto dalla Cedu [Commissione europea dei diritti dell’uomo], la pur grave sanzione ricevuta oggi per la vicenda Diaz sarebbe elevata all’ennesima potenza». È stato, per ora, facile profeta. | |
|
|
|||
Scheda |
|||
PRODUZIONE | Italia, Francia, Romania | ||
ANNO | 2012 | ||
DURATA | 127' | ||
COLORE | Colore | ||
RAPPORTO | 2,35:1 | ||
GENERE | Drammatico | ||
REGIA | Daniele Vicari | ||
INTERPRETI E PERSONAGGI |
|
||
SOGGETTO | Daniele Vicari | ||
CASA DI PRODUZIONE | Fandango, Le Pacte, Mandragora Movie |
||
SCENEGGIATURA | Daniele Vicari, Laura Paolucci | ||
FOTOGRAFIA | Gherardo Gossi | ||
MONTAGGIO | Benni Atria | ||
MUSICHE | Teho Teardo | ||
SCENOGRAFIA | Marta Maffucci | ||
COSTUMI | Roberta Vecchi, Francesca Vecchi | ||
- Dettagli
- Categoria: Cinema
- Pubblicato Sabato, 08 Settembre 2018 05:00
|
LA STORIA D'ITALIA IN PELLICOLA Gomorra (2012) |
Il 24 maggio 2016 «La Gazzetta dello Sport» titola in prima pagina: «Gomorra in campo». Il commento di Valerio Piccioni, sempre in prima pagina, inizia: «Già sei anni fa la chiamammo in un’inchiesta della Gazzetta la ‘Gomorra del pallone’. Minacce, partite taroccate, clan, scommesse: la miscela faceva già paura». In un articolo interno, a pagina 3, Nicola Binda è ancora più esplicito: «Chi sta seguendo la serie di Gomorra su Sky può capire in fretta in quale ambito sia maturata questa brutta storia. I traffici sporchi, i soldi da riciclare e l’opportunità che offre il calcio con le scommesse, ottima lavatrice per i criminali». Le citazioni di Gomorra «colorano» le notizie sull’ennesimo scandalo del calcio italiano, direttamente legato alla camorra: un giro di partite truccate in serie B, forti scommesse su alcune gare dell’Avellino con giocatori coinvolti, il clan di via Vanella Grassi (a Secondigliano, uno dei più potenti della camorra napoletana) a controllare il tutto per riciclare il denaro incassato con lo spaccio di droga e altre attività criminali. (...)
Il film di Matteo Garrone arriva qualche mese dopo: viene presentato in concorso a Cannes nel maggio del 2008 (vince il Gran Premio della giuria). In quegli stessi giorni, è in corso una guerra – una delle tante: il 2 maggio 2008 un commando di killer uccide Umberto Bidognetti, un anziano allevatore, dentro la sua azienda bufalina di Cancello ed Arnone, un comune in provincia di Caserta. La vittima è il padre di Domenico Bidognetti, un collaboratore di giustizia che in marzo aveva definito «buffoni» i camorristi. I casalesi diventano molto più pericolosi se sfidati e sbeffeggiati in pubblico: Saviano vive sotto scorta dal 13 ottobre 2006, non tanto a causa della pubblicazione di Gomorra (che dal punto di vista giudiziario non contiene novità di rilievo rispetto a quanto scritto in precedenza da Saviano stesso e da molti altri) quanto per il suo successo; e soprattutto per aver sfidato i casalesi de visu, durante una manifestazione per la legalità svoltasi a Casal di Principe il 23 settembre 2006.
l film di Garrone esce nei cinema in quello stesso maggio 2008, totalizzando un incasso superiore ai 10 milioni di euro. Rispetto al libro, è diverso nella forma e fedele nello spirito: incrocia quattro storie raccontate da Saviano, in una struttura narrativa ad incastri che poi Garrone utilizzerà anche in Il racconto dei racconti (2015), ispirato al testo barocco Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile. La fedeltà sta in primis nell’approccio quasi documentaristico. Molti interpreti sono non professionisti, e alcuni di loro avranno guai con la giustizia dopo aver partecipato al film. I luoghi sono autentici, a cominciare dalle Vele di Scampia, un mostro architettonico realizzato fra il 1962 e il 1975 su progetto dell’architetto Franz Di Salvo e divenute, grazie anche alla serie di Sky, un’icona in negativo dell’Italia del XXI secolo. Inoltre, è comune a libro e film lo sguardo antropologico sul fenomeno. Non si mettono in scena storie di boss famosi, né di tutori dell’ordine: non c’è un approccio da thriller, o da poliziesco. Ci sono però – a differenza che nella serie – personaggi che rifiutano l’illegalità, o che ne sono vittime: il sarto che confeziona il vestito di Scarlett Johansson (nel libro si parla di Angelina Jolie, che però rifiuta alla produzione il diritto di usare il suo nome), il giovane tecnico Roberto che si rifiuta di lavorare allo smaltimento dei rifiuti assieme al cinico imprenditore interpretato da Toni Servillo. Nella serie tv, personaggi «positivi» non ce ne sono.
Quando Sky e la casa di produzione Cattleya, nel 2013, annunciano una serie tv ispirata a Gomorra sono reduci dal grande successo delle due stagioni di Romanzo criminale (Stefano Sollima, 2008-2010). Anche in questo caso si parte da un omonimo romanzo di successo, di Giancarlo De Cataldo, e da un film (Michele Placido, 2005). La filiera è identica, e anche in quel caso la serie tv conquista uno status di culto che il film non ha raggiunto. In De Cataldo i riferimenti alla cronaca sono pertinenti, ma – a differenza che in Saviano – nascosti sotto la forma del romanzo classico: le vicende della banda della Magliana sono raccontate con nomi fittizi. La storia, a volte, fa strani giri: quando va in onda Gomorra – La serie, nel 2014, i giornali cominciano a riempirsi di notizie che sembrano uscite dalla saga precedente, quella di Romanzo criminale... ma al tempo stesso le vicende dei «balordi» della Magliana assurgono a livelli che non sembrerebbero loro consoni. È il caso politico-giudiziario «Mafia Capitale», così almeno lo definiscono i media. Massimo Carminati, arrestato il 2 dicembre 2014, è il malvivente che ha ispirato a De Cataldo il personaggio del «Nero» (interpretato da Riccardo Scamarcio nel film e da Emiliano Coltorti nella serie). |
||
|
Cinema Estate 2018
- Dettagli
- Categoria: Cinema
- Pubblicato Martedì, 10 Luglio 2018 23:17
CINEMA E MUSICA DAL VIVO
Anche quest'anno vi proponiamo tre meravigliose serate estive con classici del cinema muto e l'accompagnamento musicale dal vivo del Maestro Marco Dalpane e del suo Ensemble Musica Nel Buio.
Al via martedì 17 luglio Lunedì Cinema Estate: nel cortile interno della Rocca si proietta «Il navigatore», film muto del 1924 diretto da Buster Keaton e da Donald Crisp, con musica dal vivo del maestro Marco Dalpane e dell'ensemble Musica nel Buio. Inizio alle 21.30, durata 59 minuti, ingresso libero.
Per l'occasione, entrata libera al Museo Alto Garda dalle 20 alle 21.30, e alle 20 visita guidata gratuita a tema.
È il film dell’amore, con tutte le incertezze dell’amore, gli equivoci, i momenti idillici, drammatici, tragici, il continuo progresso e il trionfo finale. Intendiamoci: in tutti i film di Keaton il tema dell’amore è sempre presente, ma in nessuno come in questo, dove costituisce di gran lunga il tema principale, quasi il tentativo di un’interpretazione suprema ed eroica della vita umana. Infatti, come secondo tema, come contrappunto all’assoluto dell’amore, abbiamo soltanto il tema del vuoto, della solitudine, dell’angoscia. Angoscia insieme tragica e comica, come sempre in Keaton».
Lunedì Cinema Estate è curato dal centro culturale La Firma e realizzato con la collaborazione del Comune di Riva del Garda e del Museo Alto Garda. Un'appendice estiva che vuole dare continuità al cineforum che ormai da diversi anni, da ottobre a maggio, si alterna tra Arco e Riva del Garda, coinvolgendo un pubblico crescente. In caso di pioggia le proiezioni si tengono all'auditorium del Conservatorio.
Il maestro Marco Dalpane è autore della musica di decine di film dei maestri del cinema, fra i quali Pabst, Murnau, Dreyer, Hitchcock, Lubitsch e Czinner, sia per organici cameristici sia per pianoforte solo. Più di recente ha realizzato l’ambizioso progetto di sonorizzare tutti i film muti firmati da Buster Keaton. Con lui a Riva del Garda l'ensemble Musica nel Buio, ovvero Claudio Trotta alla batteria, Tiziano Zanotti al contrabbasso, Francesca Aste al sintetizzatore, Alberto Capelli alla chitarra elettrica e Marco Zanardi al clarinetto.
Cineforum Nuovi Scambi
- Dettagli
- Categoria: Cinema
- Pubblicato Mercoledì, 21 Marzo 2018 20:24
Cineforum
Nuovi SCAMBI: Storie di migrazioni
Come lo scorso anno siamo lieti di presentare un ciclo di film sul tema delle migrazioni. L’iniziativa è possibile grazie alla collaborazione del Gruppo Iniziative Varone, Mandacarù e il patrocinio del Comune di Riva del Garda.
Le proiezioni cominceranno alle ore 21.00 al Pernone a Varone e sono completamente gratuite.
cineforum
Nuovi scambi: storie di migrazioni
FILM IN PROGRAMMA
venerdì 23 marzo |
Cittadini del nulla di Razi Mohebi Documentario - Italia, 2015, durata 52 minuti Chi è costretto a fuggire da un luogo ostile e a chiedere asilo, come accaduto al regista, rischia di sentirsi un cittadino del nulla nel paese che lo ospita. Attraverso le vicende di una rifugiata politica appena giunta in Italia, Mohebi narra la condizione di spaesamento di un rifugiato. |
|
||
venerdì 6 aprile |
Almanya di Yasemin Samdereli con Vedat Erincin, Fahri Yardim, Lilay Huser, Demet Gül, Denis Moschitto, Aylin Tezel, Petra Schmidt-Schaller Commedia - Germania, 2011, durata 101 minuti. Una famiglia turca che ha vissuto in Germania per tre generazioni parte per un turbolento viaggio verso la loro terra natale. |
|||
venerdì 13 aprile |
East Is East di Damien O'Donnell con Om Puri, Linda Bassett, Jordan Routledge, Archie Panjabi, Jimi Mistry Commedia - Gran Bretagna, 1999, durata 96 minuti Ayub Khan-Din scrive una commedia di successo sul multietnismo nelle periferie britanniche e O'Donnell dirige un film eccezionale, ironico, trascinante: un vero fenomeno. |
|||
giovedì 19 aprile |
Miracolo a Le Havre di Aki Kaurismäki con André Wilms, Kati Outinen, Jean-Pierre Darroussin, Blondin Miguel, Elina Salo Commedia - Finlandia Francia Germania, 2011, durata 93'. Il regista Aki Kaurismäki racconta una storia toccante e sincera: un umile lustrascarpe aiuta un giovane clandestino a ritrovare la madre. Il film ha ottenuto 1 candidatura a David di Donatello, 4 candidature e vinto un premio ai European Film Awards e 2 candidature a Cesar. |
CENTRO SOCIALE DEL PERNONE Via Chiesa vecchia 17 Varone - Riva del Garda (TN) Proiezioni alle ore 21.00 A seguire rinfresco offerto da Mandacarù Onlus Ingresso libero Informazioni www.gruppoiniziativevarone.it |
|||
|
Lunedì cinema - Cineforum 2017 2018
- Dettagli
- Categoria: Cinema
- Pubblicato Domenica, 28 Gennaio 2018 20:11
Carissimi,
bentrovati nuovamente al nostro annuale appuntamento con il cineforum.
Ho visto crescere questa piccola creatura in questi anni con molta soddisfazione: quando abbiamo iniziato nessuno - eccetto alcune Istituzioni illuminate - era disposto a scommettere sui «vecchi» film. Il cinema doveva essere consumato velocemente e in qualsiasi condizione. Nel corso dell'ultimo lustro si è affermato un nuovo tipo di consapevolezza che ha portato tutti noi a capire che non esistono a priori «vecchi» film. Esistono film che ci parlano ancora - magari da un passato lontano - e che sanno sempre emozionarci e film - magari di pochi anni fa - ma asettici e sterili.
Come lo scorso anno inizieremo con due anteprime nate in collaborazione con la Biblioteca Civica di Riva del Garda. Quest'estate abbiamo coinvolto il pubblico della biblioteca nella scelta di due film tratti da romanzi famosi, convinti che non sempre sia valido il luogo comune «il libro è meglio del film». Bisogna andare a vedere (bene) e ficcarci il naso senza pregiudizi ma nella convinzione che cinema e letteratura anche se spesso si influenzano a vicenda sono due arti con due linguaggi molto diversi e indipendenti. Abbiamo scelto di limitare la nostra rosa di proposte a libri scritti da autrici donne in parallelo/contrappunto all'ultimo ciclo di film di quest'anno dedicato alle grandi donne registe del nostro tempo.
Inizieremo il cineforum vero e proprio con un ciclo di film dedicato a Max Ophüls, immenso regista mai abbastanza ricordato. Ammirato da colleghi del calibro di Stanley Kubrick, Ophüls è stato un artista nato e cresciuto in quel importante crogiolo che è stata la cultura mitteleuropea della Finis Austriae alla fine della Prima Guerra Mondiale. Apolide per eccellenza, dopo aver diretto film in Austria, Germania, Francia, Paesi Bassi e Stati Uniti tornò in Francia a concludere la sua carriera con quattro capolavori della Settima Arte di cui tre faranno parte del nostro ciclo.
Continueremo ad Arco con tre esempi dell'arte di Jerry Lewis a pochi mesi dalla sua scomparsa. Probabilmente il più grande comico della seconda metà del Novecento Jerry Lewis esordì in coppia con Dean Martin con il quale recitò in 16 film: vi mostreremo uno dei più belli della coppia «Artisti e modelle» del 1955 con la regia di Frank Tashlin. Continueremo con quello unanimamente considerato il suo capolavoro registico «Le folli notti del dottor Jerryll» per finire con una splendida interpretazione «seria» nel film di Martin Scorsese «Re per una notte».
Affronteremo poi un genere molto importante nella cinematografia americana, il «courtdrama», ovvero il film di processo, in cui l'America si specchia e a volte mette in discussione i suoi meccanismi giudiziari. All'interno di questo ciclo proietteremo anche «Music Box» in occasione della Giornata della Memoria 2018.
Dedicheremo poi un intero ciclo ai rapporti - sempre affascinanti e intensi - tra cinema e architettura, soffermandoci su come importanti edifici siano stati utilizzati e valorizzati dal mezzo cinematografico. Tutti questi film saranno preceduti dalla biografia di una architetto, «La fonte meravigliosa», dietro al quale non è difficile riconoscere i tratti di Frank Lloyd Wright.
Chiuderemo infine con un ciclo che ci è sembrato bello intitolare «Il cinema è donna»: molte sono negli ultimi anni le donne che si avventurano in questo mestiere ritenuto prettamente maschile ed alcune di loro sono arrivate a vincere i massimi riconoscimenti dati ai film: Palma d'Oro, Leone d'Oro e Oscar. Ci è sembrato importante dare visibilità ad un cinema femminile in piena ascesa (si pensi ai recenti successi di Sofia Coppola). Nella convinzione che - come pensava e intitolava il nostro compianto Marco Ferreri: «Il futuro è donna».
Buona visione a tutti quanti.
Ludovico Maillet
lunedìcinemacineforum
PROGRAMMA 2017 | 2018
Aspettando il Cineforum... LIBRI SULLO SCHERMO |
||||
lunedì 9 ottobre | Suite francese (2015) di Saul Dibb | |||
lunedì 16 ottobre | L'opera al nero (1988) di André Delvaux | |||
LA BELLE ÉPOQUE E IL CINEMA DI MAX OPHÜLS |
||||
RIVA DEL GARDA | lunedì 23 ottobre | Lettera da una sconosciuta (1948) di Max Ophüls | ||
lunedì 30 ottobre | La Ronde - Il piacere e l’amore (1950) di Max Ophüls | |||
lunedì 6 novembre |
Il piacere (1951) di Max Ophüls | |||
lunedì 13 novembre | I gioielli di Madame de... (1953) di Max Ophüls | |||
|
||||
JERRY LEWIS, UN GENIO ICONOCLASTA |
||||
ARCO | lunedì 20 novembre | Artisti e modelle (1955) di Frank Tashlin | ||
lunedì 27 novembre | Le folli notti del dottor Jerryll (1963) di Jerry Lewis | |||
lunedì 4 dicembre |
Re per una notte (1983) di Martin Scorsese | |||
ENTRA LA CORTE... IL DRAMMA GIUDIZIARIO AMERICANO |
||||
RIVA DEL GARDA | lunedì 8 gennaio | Il buio oltre la siepe (1962) di Robert Mulligan | ||
lunedì 15 gennaio | La parola ai giurati (1957) di Sidney Lumet | |||
lunedì 22 gennaio |
Anatomia di un omicidio (1959) di Otto Preminger | |||
lunedì 29 gennaio | Music Box (1989) di Costa-Gavras Evento speciale per la Giornata della Memoria |
|
||
CINEMA E ARCHITETTURA |
||||
ARCO | lunedì 5 febbraio | La fonte meravigliosa (1949) di King Vidor | ||
lunedì 12 febbraio |
Gattaca - La porta dell’universo (1997) di Andrew Niccol | |
||
lunedì 19 febbraio | Twilight (1998) di Robert Benton | |||
lunedì 26 febbraio | La notte (1960) di Michelangelo Antonioni | |
||
IL CINEMA È DONNA: GRANDI REGISTE PER GRANDI FILM |
||||
RIVA DEL GARDA | lunedì 5 marzo | Lezioni di piano (1993) di Jane Campion | ||
lunedì 12 marzo | The Hurt Locker (2008) di Kathryn Bigelow | |
||
lunedì 19 marzo | Senza tetto né legge (1985) di Agnès Varda | |||
lunedì 26 marzo | Monsoon Wedding (2000) di Mira Nair | |||
Comune di Riva del Garda |
Comune di Arco |
Inizio proiezioni ore 21.00 Riva del Garda - Auditorium del Conservatorio Arco - Palazzo dei Panni Il programma può subire variazioni |
|
Ingresso con tessera FIC (tranne le prime due proiezioni in Biblioteca) euro 12.00 valida per l'intera stagione euro 5.00 per gli studenti fino a 25 anni Il tesseramento è possibile anche la sera delle proiezioni prima dell'ingresso in sala |
|
Per informazioni: | ||
Comune di Riva del Garda Unità Operativa Attività Culturali, Sport e Turismo Telefono 0464 573918 www.comune.rivadelgarda.tn.it |
Comune di Arco Servizio Attività Culturali Telefono 0464 583619 www.comune.arco.tn.it |
- Dettagli
- Categoria: Cinema
- Pubblicato Domenica, 01 Ottobre 2017 06:00
|
IL CINEMA E' DONNA: GRANDI REGISTE PER GRANDI FILM Senza tetto né legge (1985) |
Durante la stagione invernale, una giovane hippy viene trovata morta per assideramento. Siamo nel cuore della Francia profonda.
Attraverso una serie di flash-back che ne segnano le tappe, il film ricostruisce l'ultimo inverno della protagonista, interpretata alla perfezione da Sandrine Bonnaire. Lei ha lasciato un lavoro in ufficio per sposare la libertà, senza tetto né legge. Certo, la storia si muove sul crinale dell'allegoria. Quello di Simone-Monà è un vero e proprio calvario della solitudine quale risvolto necessario della scelta di libertà: la parabola della fanciulla passa attraverso una serie di rimandi evangelici (il pastore e le pecorelle, il dono gratuito del sangue, le ferite simili a stigmate dopo il lavoro nei campi, la fustigazione, seppur in chiave farsesca, nel finale; il sacrificio).
La regia è di Agnès Varda, nota fra gli appassionati dei Doors per essere stata fra i partecipanti più illustri ai funerali di Jim Morrison (che aveva conosciuto a Parigi), ma soprattutto autrice di un altro gioiello, “Cleo dalle 5 alle 7”, la cui protagonista veniva fotografata nelle due ore precedenti il ritiro di alcuni esami sanitari molto delicati. In “Sans toit ni loi” la Varda è molto attenta anche a impostare l'asse del linguaggio, intriso di gergalismi e calembours. Attraverso i calembours si evoca l'assoluta impotenza e autoreferenzialità della parola di fronte alla forza delle cose; con i diversi livelli linguistici, l'intersecarsi dei vari piani sociali posti in correlazione, come in un reportage sull'ipocrisia trasversale di tutto un mondo, intorno alla figura della testimone-vittima.
Ciascuno degli altri personaggi, posto di fronte all'unicità assoluta di Monà, matura verso di lei una colpa: il camionista del primo autostop la scarica avendone visto l'impermeabilità alle avances; la platanologa (Madame Landier, interpretata da Macha Méril, la Renée di “Belle de jour”) la abbandona per poi, tardivamente, tornare sulle sue tracce; il buon vignaiolo la caccia per non dispiacere ai confratelli musulmani; la domestica Yvonne dopo averla ospitata la ripudia perché con il cognac ha fatto praticamente risorgere - altro tratto evangelico - la vecchia di cui lei si occupa; l'ex fidanzato dopo averla ritrovata le incendia ogni cosa intorno.
Forse il personaggio di contorno più significativo è quello del pastore. Sviluppando la sola analisi articolata, egli dice che la ragazza, proprio nel momento in cui dimostra una totale inutilità, attesta la forza del Sistema, il quale non viene in alcun modo messo alla prova, perché lei non è autonoma e vive di carità; Monà aberra, non erra, in quanto non ha progetti, né prospettive; è “sporca” e per l'assoluta mancanza di regole e d'igiene rende sporco ciò che la circonda. Tuttavia, il tema della sporcizia esteriore contrapposta all'ipocrisia, cioè a quella interiore, è centrale in tutto il film e in questo caso suggerisce il conformarsi, da parte del pastore, all'approccio borghese nell'intendere il reale e l'umanità; né biasimando l'inutilità della vagabonda egli si pone all'esterno dell'ottica utilitaristica dominante; a sua volta la professoressa, che lotta per la difesa dei platani, sembra latrice di una visione più costruttiva, ma dove sono gli altri esseri umani, per lei? La ragazza, priva di vincoli e di morale, ha costituito per la studiosa un semplice oggetto di divertimento, l'ennesimo focus di quelle che la compagna d'un suo ex allievo chiama le sue trances intellettuali. E il giovane studioso se ne dirà impaurito perché disgustato. Nessuno comprende fino in fondo colei che, al termine del proprio vagabondare, pagherà per tutti, restituendo l'iniziale stabilità alla società che ha solcato come un'inquietante meteora.
Che una figura cristica immersa nei nostri tempi come quella di Monà, con la propria radicale ribellione e la scelta della marginalità, possa rappresentare il solo modo di vivere senza compromessi? E che la sua morte ne dimostri, infine, la totale impossibilità? Agnès Varda sembra lasciare libera la risposta.
da: www.debaser.it/agnes-varda/senza-tetto-ne-legge/recensione
|
|||
Scheda film |
|||
TITOLO ORIGINALE | Sans toit ni loi | ||
PRODUZIONE | Francia | ||
ANNO | 1985 | ||
DURATA | 105' | ||
COLORE | Colore | ||
AUDIO | Mono | ||
RAPPORTO | 1,66 : 1 | ||
GENERE | Drammatico | ||
REGIA | Agnès Varda | ||
INTERPRETI E PERSONAGGI |
|
||
DOPPIATORI ITALIANI |
|
||
SOGGETTO | Agnès Varda | ||
SCENEGGIATURA | Agnès Varda | ||
FOTOGRAFIA | Patrick Blossier | ||
MONTAGGIO | Patricia Mazuy e Agnès Varda | ||
MUSICHE | Joanna Bruzdowicz | ||
- Dettagli
- Categoria: Cinema
- Pubblicato Domenica, 01 Ottobre 2017 05:00
|
IL CINEMA E' DONNA: GRANDI REGISTE PER GRANDI FILM Monsoon Wedding (2001) |
Si apre con il colore e con la musica Monsoon Wedding, ultima prova della quarantaquattrenne regista indiana Mira Nair, con il trascorrere del tempo (e l'arricchirsi della sua cinematografia) sempre più accreditata presso gli ambienti culturali occidentali, tanto da riuscire - grazie al successo delle proprie opere - a fondare una casa di produzione indipendente (la "Mirabai Films") e - lo scorso settembre - ad aggiudicarsi il Leone d'Oro alla LVIII Mostra del Cinema di Venezia.
Una sinfonia trascinante e vagamente dadaista di punti, linee, colori e musica anima lo schermo insieme ai titoli di testa: sia il ritmo, così allegramente indiavolato, sia le colorate cartoline d'apertura (che ricordano gli esordi di certe gradevoli commedie hollywoodiane degli anni sessanta) riescono con la loro immediatezza ad immergere fino al collo lo spettatore nella pittoresca, sfrenata, etnica e - a tratti - abbastanza tipizzata caoticità di un film che dispensa a piene mani quel senso di vitalistico caos, di gioia di vivere malgrado tutto, quel magico miscuglio di sensualità e passione proprio delle cinematografie (delle espressioni culturali, in genere) del sud del mondo.
Questa particolarità sembra essere - in effetti - il marchio di fabbrica di tutta la ben centellinata, non invasiva produzione della Nair: dal film d'esordio Salaam Bombay! (1988), storia di un ragazzino indiano, Krishna, alle prese con la spietata realtà della metropoli del titolo, fino ad arrivare - attraverso qualche sconfinamento in trame un po' spurie, ibride, come avviene in Mississippi Masala (1990), racconto di un amore contrastato che ha per sfondo le divisioni etniche fra la comunità africana e quella indiana trapiantata in America dall'Uganda, e La famiglia Perez (1995), dall'omonimo romanzo di Christine Bell, che narra la rocambolesca fuga di un contadino cubano dalle prigioni castriste dell'Avana sino alle coste della Florida, con l'illusione di ricongiungersi alla sua famiglia - al penultimo film Kamasutra (1997), favolisticamente ambientato nell'India del millecinquecento, e - appunto - a Monsoon Wedding.
C'è da chiedersi - tuttavia - se proprio questa spiccata inclinazione verso il folkloristico, il pittoresco, la più o meno naturalistica resa d'ambiente non costituisca un limite anziché un pregio della cineasta indiana, che in questo modo non riesce ad uscire dagli angusti confini di un discorso localistico e - di conseguenza - parziale, per approdare a tematiche meno campanilistiche: mentre - nei suoi momenti migliori - rimane come sospesa al confine fra due mondi, due modelli di pensiero, due modi di fare cinema ben distinti, operandone una altrettanto singolare contaminatio di stili e di contenuti.
Come avviene anche e soprattutto in Monsoon Wedding, più recente espressione di questa doppia anima della Nair (che vive - a guisa dei suoi film - fra Delhi e New York), un genere di pellicola estremamente in voga e redditizia per l'industria cinematografica indiana, intrisa di umori, atmosfere, colonne sonore tradizionali ma girata con gusto e tecniche occidentali (in maniera analoga al pluripremiato La tigre e il dragone di Ang Lee, pur con esiti differenti).
Su questa falsariga l'India rappresentata nel film è anch'essa duale, divisa irrimediabilmente a metà fra povertà e ricchezza (anche se l'autrice sembra non voler approfondire troppo l'argomento), consuetudine e novità (i sari e le antiche melodie d'amore convivono con i telefonini, i talk-show, i brani da discoteca), passato e presente (la vecchia e la nuova generazione, i vecchi e i nuovi ricchi).
Rimane da dire - a dispetto della natura ibrida - che il racconto della movimentata preparazione del matrimonio di Aditi (Vasundhara Das) con Hemant (Parvin Dabas), tra confusionarie riunioni parentali, pantagruelici banchetti, canti, danze e mini drammi familiari (quelli - purtroppo - amaramente uguali in ogni angolo del mondo), è un'operazione artistica e commerciale perfettamente riuscita: funzionano sia la storia, sia i personaggi (una menzione speciale si merita Dubey - Vijay Raaz - il buffo e un po' fanfarone organizzatore della cerimonia in casa Varma, la cui comica goffaggine insegue quella topica del nostro Troisi), sia la variegata compagine degli attori (su cui campeggia Naseeruddin Shah) e - in particolar modo - delle attrici (da Vasundhara Das a Shefali Shetty), autentico cuore pulsante di un'opera che - oltre ad essere un divertito e commosso omaggio all'India - è anche un gioioso inno al genere femminile.
Sul variopinto quadro scende nel finale - con un pizzico di accorta demagogia - una simbolica pioggia monsonica catartica, livellatrice di ogni diseguaglianza: mentre l'occhio della cinepresa si sposta trionfante sui volti, sui corpi, celebrando l'esultanza di uno sguardo non casuale sul panorama debordante e contraddittorio del pianeta India.
da: http://www.effettonotteonline.com/
|
|||
Scheda film |
|||
TITOLO ORIGINALE | Monsoon Wedding | ||
PRODUZIONE | India | ||
ANNO | 2001 | ||
DURATA | 114' | ||
COLORE | Colore | ||
AUDIO | Dolby Digital | ||
RAPPORTO | 1,85 : 1 | ||
GENERE | Drammatico, Sentimentale | ||
REGIA | Mira Nair | ||
INTERPRETI E PERSONAGGI |
|
||
DOPPIATORI ITALIANI |
|
||
SCENEGGIATURA | Sabrina Dhawan | ||
FOTOGRAFIA | Declan Quinn | ||
MONTAGGIO | Allyson C. Johnson | ||
MUSICHE | Mychael Danna | ||
- Dettagli
- Categoria: Cinema
- Pubblicato Sabato, 30 Settembre 2017 23:00
|
LA BELLE ÉPOQUE E IL CINEMA DI MAX OPHÜLS Lettera da una sconosciuta (1984) |
Ancora una volta Ophüls, con le sue atmosfere decadenti e il suo Schnitzler dietro l'angolo, ci racconta, attraverso la plateale falsità della messa in scena, i tormenti dell'anima per un bruciante desiderio d'amore inappagato. Lisa, fin da giovane ama il pianista Stefan. La loro relazione, dopo le iniziali distrazioni di lui, durerà un breve periodo. La sua partenza determinerà l'addio, nonostante le sue promesse. Lisa seguirà la vita di Stefan e la lettera che gli scriverà, per comunicargli la nascita di un figlio, gli giungerà quando ormai lei sarà morta.
Attorno a questa storia, dai forti toni melodrammatici, Ophüls imbastisce il proprio cinema, attraverso uno stile inconfondibile e sempre efficace, complici i suoi attori e soprattutto la straordinaria Joan Fontaine. Nei primi piani del suo sguardo c'è il presagio del suo destino e nel contempo, la distanza che i suoi occhi stabiliscono con gli oggetti, con quelli di Stefan in particolare, accentuano la separazione (sarebbe da dire di nuovo la distanza) tra lei e l'oggetto del suo desiderio.
In questo senso il cinema di Ophüls, come sottolinea Fred Camper, si distingue per questa "disarmonia" dello sguardo che egli impone al suo cinema e gli esempi, in questo film, sono numerosi. Si condensano, soprattutto, in quella esibita incapacità di Lisa di fermare, con il proprio sguardo, che tutto vorrebbe possedere per intero, la passione che pervade il suo animo. In questa sofferenza esplicita, che la condurrà alla rovina, Lisa trascina anche Stefan nell'atto estremo di un ennesimo sguardo, privo, come spesso accade in questo film, di referente, che è la lettera che gli spedisce.
L'atmosfera di forte carica melodrammatica non può farci sfuggire che Lettera da una sconosciuta è anche un immenso specchio della memoria tutto racchiuso nella frase finale della lettera di Lisa: "Se avessi riconosciuto ciò che è sempre stato tuo avresti trovato ciò che non andò mai perso". Estrema ipotesi di una memoria che incide sui personaggi svuotando il significato della loro vita e che agisce in questo senso soprattutto su Stefan rendendolo estraneo all'intera storia e mostrandoci, improvvisamente, il suo vuoto al di là di ogni sua apparenza.
Memoria e ricordo costituiscono materia strutturale del film che esplicita nel lungo e decisivo flashback, (esempio notissimo insieme a quello di Sunset boulevard e Monsieur Verdoux di voce fuori campo di un personaggio morto), questo tratto inscindibile e prevalente. Un flashback in cui l'ingannevole presente è foriero del triste futuro e appare immerso in questo flusso opaco e fantasmatico della memoria, scisso tra l'io narrante di Lisa e lo sguardo attonito di Stefan e inscritto nella cornice di quella insistita e plateale falsità della scena e della ricostruzione degli ambienti.
Il tentativo di fermare il presente, in quel fluido se non torrenziale scorrere della memoria, come estrema possibilità di salvezza e la raggelante impossibilità dell'impresa, poiché il ricordo appare costretto da un futuro già predestinato, costituiscono la sconfitta di Stefan che solo nell'ultima scena assumerà le vesti di un personaggio a tutto tondo avendo assunto tale decisiva consapevolezza, mentre nella volontà di vivere il ricordo come un tempo sempre presente, pur nella certezza di una solo apparente sconfitta, sta la sfida di Lisa e del suo incorruttibile amore. Per tutte queste ragioni si nutre, da sempre, un amore incondizionato verso questo film.
da: www.sentieriselvaggi.it
- Dettagli
- Categoria: Cinema
- Pubblicato Sabato, 30 Settembre 2017 22:00
|
LA BELLE ÉPOQUE E IL CINEMA DI MAX OPHÜLS La Ronde - Il piacere e l'amore (1950) |
Rivedere (o scoprire per la prima volta) un classico del 1950, e rendersi conto di quanto sia moderno ancora oggi, è la soddisfazione più bella che il grande cinema non smetterà mai di regalarci.
La Ronde di Max Ophüls, tratto da Girotondo di Schnitzler, rientra a pieno diritto in questa categoria. Opera immortale sull'inconsistenza delle relazioni umane (nonché capolavoro indiscusso del maestro tedesco), il film ripercorre le brevi vicende amorose di dieci coppie nella Vienna di inizio Novecento, introdotte e accompagnate da un conduttore del gioco sornione e onnipresente.
Di capitolo in capitolo emerge una visione dell’amore e del sesso intesi come gioco meccanico privo di qualsiasi significato, a prescindere dalle rispettive classi sociali di appartenenza: con uno stile modernissimo e raffinato, ricco di sinuose carrellate e impercettibili pani sequenza, Ophüls mette a nudo l’ipocrisia delle convenzioni umane che regolano i rapporti interpersonali, mascherando l’immenso pessimismo di sottofondo con quel delicato tocco di ironia che solo i grandi possiedono.
Non ci sono lacrime, non c’è melodramma, anzi: tutto ci viene mostrato come un circo musicale leggiadro e spensierato, un carosello di vite e personaggi votati alla leggerezza; ma dietro questa patina si cela un ritratto spietato e feroce, di una tristezza inaudita.
Un film che potrebbe benissimo durare il doppio, il triplo della sua durata originaria, o ancora meglio proseguire all'infinito: perché la concatenazione di eventi che mette in scena è destinata a girare e girare come la giostra del film, senza mai trovare fine, qualunque siano l’epoca e contesto storico.
Ricco di trovate geniali (il conduttore Pirandelliano), dal ritmo frenetico e impreziosito da un cast irripetibile, La Ronde trasforma il set cinematografico nel non-luogo per eccellenza, introducendo nell'inquadratura ciak e luci di scena, orchestre di accompagnamento e addirittura – nella gustosissima sequenza dell ‘”auto censura” - il taglio della pellicola. Tutti elementi che confermano lo statuto di modernità del film, un capolavoro che tra cento anni sarà ancora più attuale che mai.
da: www.sentieriselvaggi.it
|
|||
Scheda film |
|||
TITOLO ORIGINALE | La Ronde | ||
LINGUA ORIGINALE | Francese | ||
PRODUZIONE | Francia | ||
ANNO | 1950 | ||
DURATA | 95' | ||
COLORE | B/N | ||
AUDIO | Sonoro Mono | ||
RAPPORTO | 1,37 : 1 | ||
GENERE | Drammatico | ||
REGIA | Max Ophüls | ||
INTERPRETI E PERSONAGGI |
|
||
SOGGETTO | Arthur Schnitzler (dalla commedia Der Reigen) | ||
SCENEGGIATURA | Jacques Natanson, Max Ophüls | ||
FOTOGRAFIA | Christian Matras | ||
MONTAGGIO | Léonide Azar | ||
MUSICHE | Oscar Straus | ||
PREMI | BAFTA al miglior film del 1952 | ||