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- Categoria: Cinema
- Pubblicato Venerdì, 16 Novembre 2012 00:00
un film di Blake Edwards
10 è una commedia romantica del 1979 diretta dal maestro del genere Blake Edwards e interpretato da Dudley Moore eJulie Andrews.
In crisi esistenziale un quarantaduenne autore di canzoni di successo scorge a un semaforo rosso una splendida bionda che va a sposarsi, la segue in chiesa e la rincorre nel viaggio di nozze.
Maestro della commedia hollywoodiana, Blake Edwards mette a fuoco molti temi in questo spiritoso film che fa la spola tra il sentimentale e il farsesco: l'andropausa, lo sfruttamento e la degradazione industrializzata dell'amore-passione, l'innamoramento caro ad Alberoni, la sindrome della verginità cara al maschio occidentale.
Ma bisogna essere ciechi come un pipistrello e stupidi come un americano per dare il massimo dei voti _ 10, appunto _ a una bambola come Bo Derek quando si ha al fianco una donna vera come Julie Andrews. Ricco di finezze (l'omosessuale di Webber) e di trovate comiche, "10" è ricordato specialmente per l'uso del "Bolero" raveliano come paraninfo di una scopata randagia.
da: mymovies.it
Il film viene presentato lunedì 19 novembre 2012, alle ore 21.00, nell'ambito della rassegna Lunedìcinema presso l'auditorium del Conservatorio di Riva del Garda in Largo Marconi 5.
Fa parte del primo ciclo tematico della rassegna dedicato alla "Commedia in rosa" di Blake Edwards.
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- Categoria: Cinema
- Pubblicato Giovedì, 15 Novembre 2012 00:00
un film di Blake Edwards
Victoria, una cantante in miseria che frequenta l'ambiente dei gay della Parigi anni Trenta, si inventa un ambiguo personaggio per ritrovare il successo: fingerà di essere un uomo che si traveste da donna.
Uno dei rari casi che vede pubblico e critica d’accordo: un trionfo su entrambe le linee. Un gioiello del musical e dell’autoironia, da vedere e rivedere.”Viva il remake! in questo caso. Come operazione in puro stile rétro è un trionfo, in linea con i musical M.G.M. degli anni ’40 e ’50. In perfetto equilibrio tra farsa e sentimento, tra umorismo di parola e comicità d’immagine, è una delle migliori commedie del decennio, degna di Lubitsch (ilMorandini)”.
“Il capolavoro di Blake Edwards sul travestitismo (ilFarinotti)”.
“Edwards, oltre che un autore brillante, è un magnifico regista, nel senso tecnico e in quello creativo… E poi tutti quei colori e quei suoni, così abilmente mescolati: davvero un bello spettacolo (Claudio Colombo)”.
“Blake Edwards si cimenta con il remake: prende lo spunto da un film tedesco del 1933, colora il tutto con musica e balletti che omaggiano il musical degli anni ’50 e realizza Victor Victoria, il perfetto punto d’incontro tra il suo cinema farsesco e sarcastico e la commedia brillante della Hollywood classica… Victor Victoria è un’efficacissima commedia di costume su come l’apparire conti più dell’essere, sul paradosso di come una donna debba cambiare sesso per emanciparsi e sfuggire agli stereotipi, e su un mondo fatto di identità vaganti e doppie che non sono mai quello che sembrano… Il personaggio di Julie Andrews è di diritto nella storia del cinema travestito; la sua interpretazione è strepitosa, l’attrice fa “l’uomo” in modo divino, riuscendo ad essere comunque una donna irresistibile, ma si ricorda anche la “simpatica checca” Robert Preston, autore di un balletto finale da mal di pancia per il ridere (Francesco Pognante)”.
“Blake Edwards è da sempre sinonimo di film di qualità e Victor Victoria non fa eccezione. Anzi. La supera
Un film meraviglioso…siamo di fronte a uno dei migliori film mai girati… (Movieplayer)”.
“E’ evidente, già nella pura struttura narrativa di Victor Victoria, l’arguto ammiccare di Edwards al fascino discreto dell’ambiguità: il falso che sembra vero, l’omosessualità e la virilità quali scandalo compiacente e sicurezza effimera delle categorie borghesi, il palcoscenico e gli attori (quindi anche il cinema) come universo carismatico della precarietà del reale, ed al contempo del loro perpetuarsi illusorio entro i confini di un apparire sfrontatamente iper-credibile proprio grazie ai meccanismi appaganti della fiction. Ma ciò che conquista in Victor Victoria non è solo l’assunto tematico, quanto (pure) l’eleganza dell’insieme di citazioni e riferimenti che supportano il discorso, lo sguardo sicuro e sornione che guida la macchina da presa… (Movieconnection)”.
“Vi consiglio vivamente di rivederlo e se lo avete perso…beh…correte a cercarlo, perchè ne vale la pena,credetemi!!! (Nonsolocinema)”.
“Fra i migliori film di Blake Edwards e della Andrews, Victor Victoria spicca per le scenografie, i costumi, la colonna sonora. Ma anche i dialoghi brillanti e acuti partecipano al mix che rende questo musical-commedia degli equivoci un film che non può mancare nella vostra videoteca personale. Lo stile è colorato, vivace, sobrio quando richiesto. Le scenografie e i costumi definiscono i dettagli di un mondo magico, fatto di pailettes e boa di struzzo, di applausi e di fischi. Divertente, innovativo e realizzato con cura quasi maniacale… (Schermotv.com)”.
“Guardare Victor Victoria è il miglior regalo che possiate farvi per dare una sferzata di vita alla più grigia delle serate… (CineBlog)”.
da: cineocchio.com
Il film viene presentato lunedì 12 novembre 2012, alle ore 21.00, nell'ambito della rassegna Lunedìcinema presso l'auditorium del Conservatorio di Riva del Garda in Largo Marconi 5.
Fa parte del primo ciclo tematico della rassegna dedicato alla "Commedia in rosa" di Blake Edwards.
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- Categoria: Cinema
- Pubblicato Giovedì, 08 Novembre 2012 00:00
un film di Blake Edwards
« Dammi dieci uomini come Clouseau e io ti distruggo il mondo. »
(L'ispettore capo Dreyfus, Interpretato nel film da Herbert Lom)
Unico film della serie della Pantera Rosa in cui nel titolo non compare il nome del famoso diamante, "Uno sparo nel buio" è anche la prima avventura nella quale l'ispettore Clouseau, interpretato dal mitico Peter Sellers, è il protagonista assoluto (ne "La pantera rosa" era solo un comprimario). Ispirato liberamente ad un testo teatrale del 1960 e diretto da Blake Edwards, questo secondo episodio, pur avendo una storia meno costruita rispetto al capostipite, ha dalla sua una maggior verve comica e un ritmo decisamente più frizzante.
Tutto inizia come il più classico dei gialli, con un misterioso omicidio; l'elemento innovativo e comico però è che a indagare sul caso non c'è Sherlock Holmes ma quasi la sua antitesi, il goffo ispettore Clouseau, che considera la principale indiziata innocente solo perché è "bellissima". Le maldestre azioni compiute da Clouseau per dimostrare le proprie tesi danno vita ad una serie di esilaranti gag che rendono la visione assai piacevole. I molteplici travestimenti adottati da Clouseau con i conseguenti arresti, l'intrusione nel campo nudisti e le morti a ripetizione nell'ultima parte del film sono sequenze oramai da antologia.
Inoltre in questo film compaiono per la prima volta due dei personaggi più celebri della serie: il commissario Dreyfus (Herbert Lom), con i suoi tic, che vede nascere il proprio odio viscerale per Clouseau, fino a diventare il suo principale antagonista, e il divertentissimo cameriere Cato (Burt Kwouk), che aggredisce più volte il povero investigatore francese per allenarlo e tenerlo sempre allerta.
da: filmedvd.dvd.it
Il film viene presentato lunedì 5 novembre 2012, alle ore 21.00, nell'ambito della rassegna Lunedìcinema presso l'auditorium del Conservatorio di Riva del Garda in Largo Marconi 5.
Fa parte del primo ciclo tematico della rassegna dedicato alla "Commedia in rosa" di Blake Edwards.
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- Pubblicato Mercoledì, 07 Novembre 2012 19:38
Andreina Robotti - La vita in un quadro
24 novembre - 9 dicembre 2012
Dal 24 novembre nelle sale della galleria civica «Giuseppe Craffonara» una mostra curata dal centro culturale «La firma» e dal titolo «La vita in un quadro» rende omaggio all'artista che ha trasformato in arte le lotte femministe: Andreina Robotti (1913-1996). L'esposizione è inaugurata sabato 24 novembre alle ore 18; quindi prosegue fino al 9 dicembre tutti i giorni dalle 10.30 alle 14 e dalle 15 alle 18.30 con ingresso libero.
Nata nel 1913 ad Iseo, toscana per vocazione, veronese d'adozione, Andreina Robotti è stata un'artista che ha avuto il consenso della critica più attenta (da Buzzati a Marchiori, da Mozzambani a Mussa, a Neri Pozza) e negli anni roventi dell'azione politica femminista, ha stretto un sodalizio con figure come Gina Pane, Ketty La Rocca, Marina Abramovich, Rebecca Horn. Con il nome di Andreina Antonioli, ha passato l’infanzia e la gioventù a Siena, dove ha frequentato l’Accademia di Belle Arti e ha imparato a conoscere Duccio, Simone Martini, Lorenzetti e dove ha conosciuto e sposato Pietro Robotti diventando per tutti Andreina Robotti.
«Appassionata di uno stile gotico e al contempo di uno spirito coloristico – scrive il critico d'arte Luigi Meneghelli – amante di un disegno nitido, primitivo, quasi interno alla forma stessa, e insieme di uno sciogliersi della linea in colori fauves con pennellate liquide, ariose.
Il mondo figurativo di AndreinaRobotti, tra gli anni Cinquanta e Sessanta sembra dividersi in due distinte categorie espressive: da una parte, i modi linguistici di ascendenza medievale, in cui fissa sul bianco dello spazio un accalcarsi di figure fatte di inchiostro che risultano invariabilmente senza espressione, come retrocedessero in se stesse, mostrandosi spesso come dei semplici stampini, dei ricalchi, delle sagome schematiche iterate: veri “omini” in cui il margine del gioco pittorico si fa esiguo, frettoloso, ridotto all'anonimia dello stereotipo. Dall'altra forme dirompenti, che conoscono tutta la fermentazione incantata e ironica di una materia fluida come l'acquarello con la sua capacità di sfaldare l'immagine in tanti piccoli segni. Ma se ci si fa caso, anche in questo versante operativo di Andreina Robotti le figure non hanno identità precisa, sembrano appena abbozzate, attraverso una tecnica scarna e semplificata che arriva confonderle con la natura stessa.
Così, se l'operazione della stampigliatura crea l'idea della folla, del volto plurimo, dell'uomo massa, anche gli acquarelli finiscono per disegnare un essere indistinto, la presenza incompiuta, irrealizzata, o ancora solo in potenza. Con gli anni la composizione si fa sempre più espansa e le stampigliature si accalcano fino agli orli del foglio. Si tratta di un'umanità dagli occhi sbarrati, che dà l'idea di fare muro, mucchio, moltitudine confusa: un'umanità che, come in un corteo, alza cartelli di protesta con su scritto “Non vogliamo più sultani”».
«Intorno agli anni Ottanta – prosegue il critico – Andreina fa ritorno alle sue nature, ai suoi boschi: recupera alla superficie, i limiti tradizionali della pittura. Anche se bisogna dire che la sua operatività mantiene sempre qualcosa di performativo. Lei non si mette semplicemente di fronte al soggetto, ma si distende accanto, ne coglie gli odori, i sapori, il variare della luce. E intanto i quadri si fanno sempre più grandi, ma non perché si dilata il campo del visibile, ma perché si allarga la riflessione su ciò che l'artista vede».
Andreina Robotti è morta a Verona il 31 dicembre 1996.
«...nel laboratorio segreto di Andreina Robotti si danno la mano Pisanello e Kandinsky». Avanti e indietro nel tempo, avanti e indietro nello spazio.
Riva del Garda, 20 novembre 2012
Uff.st.
Alcune immagini della mostra
Rassegna stampa:
La Firma di Robotti (l'Adige 2 dicembre 2012)
Omaggio ad Andreina Robotti il femminismo tradotto in arte (Il Trentino il 24 novembre 2012)
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